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VARIE INTERPRETAZIONI SUL NUMERO 666
E' nelle librerie “SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY: PATRONO DEI PARROCI” di Don Marcello Stanzione PDF Drucken E-Mail
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E' nelle librerie “SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY: PATRONO DEI PARROCI” di Don Marcello Stanzione In quest’anno sacerdotale esce a proposito un ennesimo testo di don Marcello Stanzione sul santo curato d’Ars, dal titolo “ San Giovanni Maria Vianney: Patrono dei parroci” edito dalla Segno di udine al prezzo di euro 7,00. Pochi mesi fa edito dalla Gribaudi di Milano, già don Marcello aveva pubblicato un testo che sta avendo un buon successo editoriale: “365 giorni con il santo curato d’Ars”.  Un cuore di pastore preoccupato della salvezza delle anime a lui confidate, un vero “curato”, anzi “curatore di anime”, questi è il Santo Curato d’Ars. Un povero parroco di campagna che, inviato in un piccolo borgo di sole 230 anime, è assurto a Patrono di tutti i sacerdoti ed i parroci del mondo! Cosa animava questo sacerdote che, giudicato di poco comprendonio dai suoi superiori, è elevato al più alto grado degli altari, quello della santità? L’amore per le anime, ma soprattutto l’amore a Dio ed alla sua Santa Vergine Madre. Il Curato d’Ars aveva un vero cuore da pastore, cosciente di essere ...

...  configurato a Cristo, inviato dal Padre nel soffio dello Spirito. Quest’amore delle anime si manifestò fin dalla sua infanzia; egli sottolineava a sua madre il giorno in cui manifestò il suo desiderio di diventare sacerdote: “Voglio guadagnare delle anime al Buon Dio”. La sua formazione sacerdotale, sotto la vigilanza dell’Abate Balley, curato d’Ecully, forgiò la sua anima di pastore, quella di un uomo tutto dato a Dio e zelante per l’annuncio della Buona Novella. “Essere missionario è lasciar fuoriuscire il proprio cuore”, preciserà un giorno.

Il santo Curato fece allora del suo prossimo vicino una terra di missione, egli aveva ben cosciente che la missione cominciava intorno a lui; è contemplando il Santissimo Sacramento e lasciandosi abitare dallo Spirito che si sveglia la vocazione missionaria. L’adorazione gli permise di comunicare coi sentimenti di Cristo: “Io sono venuto a portare il fuoco; come vorrei che infuochi la terra”. Giovanni Maria Vianney era così felice in presenza di Dio che si sarebbe quasi accontentato di quella felicità sulla terra: “Io mi riposerò in Paradiso. Sarei ben da compiangere se non vi fosse il Paradiso! Ma vi è tanta felicità nell’amare Dio in questa vita che mi basterebbe, anche quando non vi fosse il Paradiso nell’altra vita”.

Come pregandolo come fece avrebbe potuto rimanere insensibile a quell’immensa porzione dell’umanità che manca al Corpo di Cristo? Come avrebbe potuto rassegnarsi nel constatare quell’immensa folla di uomini e di donne che non sanno che Gesù ha bisogno di loro per essere le membra del suo Corpo? Come avrebbe potuto rassegnarsi nel vedere il Corpo di Cristo mutilato in tal modo? Egli diffidava sempre di quella tentazione della rassegnazione che provano molti sacerdoti che fanno del loro meglio per accrescere la comunità dei fedeli e che la lassezza paralizza: “Ciò che costituisce una grande disgrazia per noi curati è che l’anima si accartocci. All’inizio, si era toccati dallo stato di quelli che non amavano il Buon Dio. Dopo si dice: “Ve ne sono che fanno bene i loro doveri di stato, tanto meglio! Eccone altri che si allontanano dai sacramenti, tanto peggio! E non si fa né in più né in meno…”.

Egli fu, si potrebbe dire, preoccupato dalla salvezza, la sua e quella degli uomini; tutto il suo zelo missionario si spiega così: far gustare ad ognuno la gioia di essere figli di Dio!

Si può affermare senza sbagliarsi che il Curato d’Ars fu per tutta la sua vita preoccupato per la salvezza, la sua e quella degli altri. La prima frase che disse giungendo ad Ars al pastorello: “Tu mi hai mostrato la via di Ars, io ti mostrerò la via del Cielo”; ossia, io tuo Curato, farò di te un santo. Ti immergerò nella misericordia di Dio e nella sua santità. Non appena giunto, egli si pose immediatamente come un pastore che conduce quelli che gli sono confidati verso la salvezza. Quando annuncia a sua madre che vuole essere sacerdote, egli le dice che è “per guadagnare delle anime al Buon Dio”. Ecco ciò che rappresenta un sacerdote per quel fanciullo: immergere le anime nella misericordia di Dio per fare in modo che scelgano Dio e vivano di Lui. ma prima di essere quel pastore illuminato, egli fu anche, come ognuno di noi, un peccatore perdonato.

Si ha talvolta difficoltà nell’immaginare che i grandi santi sono stati dei peccatori perdonati. Nel caso di Giovanni Maria Vianney, è anche perché lo fu, che ha saputo scorgere a meraviglia quello che poteva apportare e dare come sacerdote. “I santi non hanno iniziato tutti bene, ma hanno terminato tutti bene!” notava un giorno con humour il Curato d’Ars; anche presso i santi vi è una conversione del cuore.

Il Curato d’Ars fu uno straordinario testimone della misericordia in nome del Signore, è spesso la prima immagine che si custodisce di lui. il suo ministero fu totalmente donato: “Sono pronto a restare 100 anni di più sulla terra, egli dice, per riconciliare un’anima con Dio”… Egli è all’ascolto di ognuno e per lui il perdono, non è solamente essere immerso in quella misericordia ma è anche una conversione; nella chiesa d’Oriente, il sacramento della riconciliazione è d’altronde chiamato sacramento della conversione. Don Vianney non è tanto preoccupato dal peccato o dall’inferno, egli è talmente preso da Dio, talmente meravigliato dalla grandezza e la bellezza della nostra vocazione, che misura la follia del nostro peccato e che è pronto a donarsi, come sacerdote, perché ognuno possa gustare quella gioia di essere figli di Dio. Il Curato d’Ars cercava di aiutare le persone a convertirsi perché siano in verità davanti a Dio, a volgerli verso Gesù ed a ristabilire quell’amicizia profonda con Lui. ma quest’amicizia che fa crescere la santità, non è semplicemente “si cancellano i peccati”, ma essa “immerge nella misericordia e nella grazia”. Se ne fuoriesce ingranditi, di confessione in confessione, ci si santifica accettando che il Signore ci immerga nella sua santità. Di tutto ciò egli fu uno straordinario testimone.

Il Curato d’Ars è stato testimone della misericordia non solamente verso i poveri ed i piccoli, ma anche, e soprattutto, verso i peccatori. Sembra non occorre distinguere i due aspetti nella figura del santo Curato. Egli ne è stato dapprima un beneficiario per se stesso ossia che lui stesso ha ricevuto l’effetto di quella misericordia, poi ne è stato un testimone straordinario per gli altri. Ricordiamo quella frase di Giovanni Paolo II ad Ars nel 1986: “San Giovanni Maria Vianney resta per tutti i paesi un modello fuori dal comune sia per il compimento del ministero che per la santità del ministro”.

E’, dunque, con vera gioia che presento questo nuovo lavoro di Don Marcello sul Santo Patrono dei Sacerdoti e dei Parroci, invitando voi tutti a leggerlo, perché breve e sapiente è la delucidazione che ne dona un suo confratello odierno che, in circostanze quasi similari, porta avanti il suo ministero sacerdotale, parrocchiale e catechetico in un contesto rurale non privo di asperità e di difficoltà col presente. Solerte sacerdote e ministro di Dio, Don Marcello si è trasformato anch’egli, e lo posso testimoniare personalmente, in testimone della misericordia. I suoi parrocchiani l’hanno trasformato e questa carità di cui è stato un testimone straordinario, egli ne è stato il primo beneficiario; il fatto di dare ha aperto il suo cuore al dono ultimo del Signore: l’amore è più forte del peccato e la carità santifica. “Siate misericordiosi come il Padre è misericordioso” non è semplicemente l’ordine di un insegnamento preso dal Curato d’Ars, ma una sua regola di vita.

Il seminarista Giovanni Battista Maria Vianney, annotato come “debilissimus” e, tutt’al più, “debilior”, nel seminario Sant’Ireneo di Lione, con l’aiuto e nelle mani della Santa Vergine è diventato il “Santo Curato d’Ars”. E’ alla sua devozione che noi dobbiamo che San Giovanni Vianney avesse la padronanza di sé e la pace. Egli era solito dire: “Ringrazio Dio di aver preso un così buon cuore e di averne dato un così buono a sua Madre”. Il cuore di Maria rimaneva per lui ben aperto. Egli vi ricorreva instancabilmente. “Ho sì sovente attinto a quella sorgente, egli riconosceva, che non vi sarebbe rimasto nulla da molto tempo, se non fosse inestinguibile”.

La sua filiale fiducia era a tutta prova. Caterina Lassagne, sempre attenta ai suoi insegnamenti catrchistici, ha conservato questa storia narrata dal curato: “Che vi era un santo od una santa, non mi ricordo bene, che doveva che aveva sentito Nostro Signore dire alla Santa Vergine: Madre mia se Lucifero fosse capace di pentirsi, voi le otterreste il suo perdono”. Un ritratto come quello non poteva lasciare indifferente il Curato d’Ars, tanto il suo stato d’animo vi trovava il conforto che aspettava.
Nello slancio di riconoscenza che una tale fiducia gli ispirava, accadeva di trovare questa parola sconvolgente: “Per quanto mi riguarda, se potessi dare qualcosa alla Santa Vergine, se potessi vendermi, mi venderei”.

Ci si meraviglia di simili sentimenti. Essi non impedivano affatto al santo sacerdote di provare, nel fondo del cuore, gli assalti dell’ossessionante tentazione di disperazione. Gli occorreva, per tener buono, ravvivare in lui la ragioni per custodire la speranza: “E’ Maria, egli ripeteva applicandosi la sentenza, che ci impedisce di cadere nella disperazione alla vista dei nostri peccati”.

Le crisi furono in talune ore, veramente torturanti, così come lo testimonia quel grido d’anima rivolto al divin Giudice: “Almeno, lasciatemi con la Santa Vergine!”. Con lei, in effetti, egli poteva pensare che lo stesso inferno – se la giustizia divina dovesse gettarvelo – sarebbe stato dolce.

Una delle iniziative di allora, da questo punto di vista, è significativa. Egli non tardò nell’annunciare che stava ben presto per porre sul frontone della chiesa una statua della Santa Vergine. All’interno, la Madre di Cristo attirava i fedeli davanti all’altare che sormontava la sua immagine. Non era abbastanza: bisognava che all’esterno stesso dell’edificio, la Vergine Maria prendesse posto come la buona albergatrice che accoglie il popolo cristiano. La statua fu posta nel corso dell’anno 1844 – con tutta la solennità possibile – ricorda l’abate Renard. Il pomposo memorialista annota qui: “Quella statua è l’opera edificante della pietà del signor Curato d’Ars ed è dovuta ad una circostanza particolare della vita di questo zelante ministro del Signore. Don Vianney aveva provato una grave malattia che l’aveva condotto fino alle porte della tomba; la morte non lo spaventava, ma temeva di non aver fatto abbastanza per il culto di Maria e di morire prima di aver messo tutta la sua chiesa sotto la tutela di questa incomparabile Madre di Dio”. Installando la statua che ancora oggi si vede sulla soglia della chiesa, il Curato d’Ars voleva mettere apertamente tutto il villaggio sotto la protezione della Vergine.

E’ quello che continuamente fa anche Don Marcello, installando statue un po’ ovunque nella sua parrocchia, per incrementare anche visivamente il culto alla Santa Vergine ed ai Santi affinché tutti lo possano diventare. E’ l’augurio che di cuore formulo ad ognuno di voi: diventare santi! Auguro a questo nuovo testo di Don Marcello, in qualità di Segretario della Milizia di San Michele Arcangelo, la più ampia diffusione tra i cattolici e non solo, perché la chiamata di ogni uomo corrisponda alla ricerca fiduciosa e filiale, all’obbedienza pronta, affettuosa e generosa, permeando così l’ideale di ogni anima nell’umiltà e la serenità che hanno sempre contraddistinto Maria nella sua vita terrena e celeste,  ad majorem Dei gloriam!

Alfonso Giusti

 
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