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VARIE INTERPRETAZIONI SUL NUMERO 666
In arrivo il libro in memoria dell'esorcista Don Leone Iorio edito dalla Segno PDF Drucken E-Mail
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In arrivo il libro in memoria dell'esorcista Don Leone Iorio edito dalla SegnoE’ quasi pronto per la stampa per l’editrice Segno di Udine il libro sull’esorcista Don Leone Iorio che ho scritto in collaborazione con la professoressa Maria Matilde Cassano. Don Leone nato a Cairano nel 1920 e defunto pochi anni fa. Fu  parroco di Andretta, un paese di circa tremila abitanti in provincia di Avellino, da cui dista settanta chilometri, nell’alta valle dell’Ofanto, a 900 metri di altitudine nel Sannio Irpino detto del Formicoso in diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi e affermava di essere il più anziano esorcista d’Italia. A lui si rivolgeva tantissima gente afflitta da mali che per la medicina ufficiale non aveva diagnosi. Spiriti maligni, demoni, maligne entità invisibili pare torturino i poveretti i quali solo in questo luogo sembravano trovare un’uscita da tanta tenebrosa angoscia. Andretta, paese dell’Appennino, sembrava più distante dal resto del mondo di quanto lo è effettivamente. Anche quanto vi accadeva, l’intensa lotta tra male e bene, tra potenze delle Tenebre e ...

...  potenze della Luce, ha qualcosa di remoto, di favoloso. Il luogo in cui avvenivano gli esorcismi era la chiesa vera e propria dedicata alla Madonna Assunta, si trovava lì una stanza di modeste dimensioni, rivestita di immagini sacre, riservata agli esorcismi individuali. Nella stessa ala, c’erano stanzoni anch’essi adorni di immagini sacre, divenuti dormitori per le persone che avevano bisogno dell’esorcista e lì rimanevano per vari giorni  e al tempo stesso luoghi di preghiere incessanti. Materassi gettati per terra servivano per il momentaneo riposo dei posseduti soggetti a crisi o dei loro parenti.

La scrittrice Anna Maria Turi in un servizio televisivo per la RAI su don Leone così testimoniò: “ Qui si prega giorno e notte. Vi ho visto, gente distesa, dormiente o semplicemente immersa in un colloquio interiore, lo sguardo vuoto; sono passata tra quei corpi che, pur essendo a pochi centimetri l’uno dall’altro, conservano lo spazio tutto privato per il sonno o per la preghiera. Nell’ala sinistra, in una stanza, gli stessi fedeli hanno installato l’attrezzatura necessaria per rifocillare le persone sfinite dalle fatiche di un viaggio, di una veglia, di una crisi. Infine, dietro l’altare, in un andito ricavato dalla sacrestia,ho visto la stanzuccia del parroco esorcista, don Leone Iorio. Forse due metri per due; una branda, qualche mensola, i servizi igienici: era più piccola della cella di un anacoreta; il segno tangibile della spiritualità di questo vecchio sacerdote che si concede solo lo strettissimo necessario. Forse proprio questa continua tensione religiosa spiega come egli possa affrontare il Nemico senza risentirne. A sostenere quotidianamente questa lotta accanita è un uomo anziano, mite, dolcissimo: don Leone, nativo di questi luoghi. Di sé non mi dice nulla, ponendosi solo come intermediario tra gli uomini e Dio ed esaltando il valore della preghiera collettiva . Dice: “E’ la chiesa dell’Assunta la grande madre, la grande guaritrice per le vittime del Maligno le quali, raccolte sotto queste navate, condividono un’esperienza di vita soggiornandovi a volte per giorni e, qualcuno, per settimane o addirittura per mesi per pregare ed essere liberati dal sacramentale esorcistico”.

Don Leone continua a spiegare: “Il soffrire diabolico è molto più penoso, più amaro del soffrire patologico. Il demonio spinge al suicidio, poiché rende la vita insopportabile e sottopone a un vero stillicidio di pensieri autodistruttivi le sue vittime”. Ho chiesto all’esorcista di indicare i segni del primo manifestarsi della presenza diabolica ed egli, forte dell’esperienza fatta con tante persone venute nella chiesa di Andretta, mi ha risposto: “ La sua azione deleteria comincia a manifestarsi con il procurare dolori fisici e disfunzioni organiche. Tipiche che certe malattie delle donne localizzate nell’apparato genitale. Le loro ovaie, per esempio, si sterilizzano; le funzioni ormonali si bloccano. Ho trattato tanti casi di donne che stavano per subire interventi chirurgici all’apparato genitale e che, in preda ai dolori, quando già era stata stabilita la data dell’operazione vollero venire da me. Io, sospettando che il loro male avesse un’origine diversa da quella propriamente organica, pensai bene di pregare su di loro ordinando allo spirito del Male di liberarle. E’ accaduto puntualmente, con diverse di queste donne, che si sia compiuta la liberazione di Satana e dalla malattia, e che esse se ne siano tornate a casa in piena salute, senza perciò dover più entrare in ospedale per l’intervento già stabilito. Tuttavia ci sono persone possedute contemporaneamente da legioni di demoni e ogni legione, come si sa dai libri sacri, è formata da 6.663 spiriti maligni. L’alto numero però non deve sgomentare chi è indemoniato, perché se si accetta Dio, in un attimo si vede scomparire l’esercito diabolico”.

Secondo quanto mi ha riferito un assistente agli esorcismi, la diagnosi di possessione diabolica può essere eseguita semplicemente posando le mani sul capo di qualcuno. Sotto le mani l’esorcista sentirà delle pulsazioni come se ci fosse un cuore in tempesta. Se si invoca il nome di Gesù, si sente addirittura agitarsi e muoversi l’entità maligna come un serpente assopito che venga all’improvviso punto da una lama. A don leone e ai suoi assistenti si rivolgono quindi persone che si ritengono indemoniate o vittime di malesseri non spiegabili. Esse, accompagnate spesso dai loro familiari, giungono a frotte ad Andretta, specialmente nel fine settimana. I rituali toccano l’apice con fervorose preghiere nella notte tra sabato e domenica: sono gli esorcismi notturni che coinvolgono l’assemblea tutta e che producono in ciascuno un grande effetto liberatorio. Assistendo di notte, a questi riti di liberazione e di purificazione che accendono nella Chiesa, ho visto uomini, donne e bambini in preda agli effetti degli assalti diabolici. Li ho visti all’improvviso per terra, cominciare a urlare e a rotolarsi sul pavimento, e in fine placarsi solo per l’intervento del sacerdote e grazie alla celebrazione della Santa Messa. Questa è una funzione religiosa indimenticabile, anche perché si vede quanto nella sofferenza comune si stabilisca una grande fratellanza, che trova il suo momento più alto nella Comunione. Essa infatti unisce tutti i fedeli lì convenuti – i sofferenti e i loro familiari – e li salda più fortemente al divino dopo la lunga battaglia ingaggiata – contro l’acqua benedetta, l’ostia, la persona del celebrante esorcista -. Dagli spiriti malvagi che si erano impadroniti della loro mente e del loro corpo”.

Don Leone nasce a Cairano (Av) il 20 maggio 1920 da Giuseppe e Brigida Iorio. Il padre è contadino  con molte proprietà “però si affidava completamente a mia madre come intelligenza” dichiara don Leone. “Mia madre era buona, molto intelligente, estremamente religiosa. Ha maternizzato la famiglia. Era lei che comandava in casa. Eravamo quattro figli: io il primo. Si può dire che eravamo 5 perché anche mio padre lo vedevamo più come guidato da mia madre che come guida”. La mamma la identifica nella Madonna (“Cuore di mamma”).

Alla Vergine Maria, in contrasto perenne con il demonio e perciò preposta alla lotta del Male e che risulterà, alla fine, la vincitrice del servente, don Leone dedica il monte Airola con la costruzione di un piccolo santuario e colloca alcune immagini della Vergine in molti luoghi di Andretta. Il piccolo Leone frequenta le scuole elementari a  Cairano fino alla quarta; la classe quinta e il ginnasio li frequenta nel seminario diocesano di S. Andrea di Conza. Qui accade un primo “clamoroso incidente”, come lo definisce lo stesso don leone cioè il riferimento da parte di “un prefetto di camerata” di cui ha conservato i segni sul volto e sulla mano fino alla morte. “Fu una cosa inspiegabile….da allora ho incominciato a fare esperienza di questo demonio”.

Si trasferisce a Salerno dove s’iscrive al Liceo. Nel seminario regionale salernitano gli capita un altro “incidente” che “sembrava mortale”. “Caddi malato gravemente. Dovevo ritirarmi”. I dottori non permettono il trasferimento a Cairano: può essergli fatale, “potevo morire per strada”. “Vediamo se la febbre da 40 diminuisce”, dice il medico. “Quindi grave, mi rivolsi a S. Giovanni Bosco”. La febbre da 40 scende a 37. Il medico curante autorizza il ritorno a casa e ordina , “non so che diceva lui” di sospendere tutte le medicine: “mi ripresi dopo 10 giorni”. “Cosa strana che essendo un fisico molto strano, gracile e debole, sempre malato”, continua don Leone, “da quel momenti ho acquistato una salute contro tutte le intemperie”.

E’ ordinato sacerdote il 24 giugno 1944, a soli 24 anni. Ricopre molti incarichi: regge la parrocchia di Conza della Campania; è vice e parroco, per un anno, a Cairano. Nella sua terra, nasce con il parroco don Gaetano un intensissimo affetto reciproco: quando il primo muore lascia in eredità al secondo “tutta la Chiesa; ma annullarono tutti i testamenti”. Il giovane sacerdote piange con tantissimo dolore la sua dipartita. Una voce gli dice: “tu non ti commuoverai più. Infatti, non riesco più a piangere davanti ad un morto”.

Inizia una vita missionaria: “fui mandato a Senerchia. Vi fu una vicenda per cui una situazione un po’ critica nella vita parrocchiale: andai lì solo per supplire ma rimasi qualche anno”. E’ padre spirituale del seminario diocesano di S. Andrea di Conza dove vi resta per 4 o 5 anni: “In quel tempo facevo il padre spirituale ma cercavo di scappare com’ero abituato, un po’ missionario un po’ predicando”. E’ inviato a Teora. E’ nota l’insurrezione dei teoresi per il suo trasferimento, l’occupazione della chiesa  e il sequestro dello stesso. Si eseguono anche alcuni arresti. Le tappe fondamentali della sua vita restano, comunque, S. Andrea di Conza per il noto evento del cosiddetto “incidente” che egli ritiene sia stato il primo contatto con il demonio il quale lo considera il suo futuro acerrimo nemico, Teora per la rivolta del popolo e Andretta per l’opera sacerdotale ed esorcista svolta. Riguardo agli esorcismi don Leone ricordava che il primo esorcismo “in vita mia” avvenne ad Andretta.

L’arciprete Solimine gli dice: “C’è un caso molto evidente di esorcismo. Io ne ho parlato con il vescovo di S. Angelo. Tu farai l’esorcismo. Per me era una novità. Ma com’è sta cosa… cercavo di evitare quest’esperienza, era una novità, mai fatto. C’era una Via Crucis da fare all’Annunziata. Cercavo di soprassedere, poi dico: telefono al vescovo. Il vescovo dirà di no, quindi evito questa cosa. Telefono al vescovo, mons. Carullo, il quale mi dice subito: figlio, usa la carità, cerca, fai, aiutali. Era una cosa di cui il vescovo era informato dal parroco e quindi mi rispose preciso, chiaro, con celerità: aiuta questa famiglia, fai l’esorcismo. Ero solo, ero lì. Nessuno volle accompagnarmi”. “Signora non volete dire un’Ave Maria? Che vi sentite?”. “L’Ave Maria no”, risponde la signora con molta intelligenza.  “Non vuol dire l’Ave Maria forse perché non la sai?”. “Don Leò quante volte mai stonato con quell’altoparlante”. “Allora la dico io”. “Tu solo che…… no, non la dici neppure tu, se mi fa male la testa…..” “Dissi l’Ave Maria” e la ragazza si scatena. “Andate a prendere il libro, gli ingredienti, non tengo nulla”, ordina ai presenti l’improvvisato esorcista, anche per prendere tempo. Comincia l’esorcismo. “Dico: S. Bernardo dice che se sei demonio tu non puoi mordere, sei come un cane legato alla catena. Non puoi mordere se non si avvicina la mano ed io non avvicino la mano”. “Ah! Perciò ne approfitti. Avvicinati”. “Ma io non mi avvicino e chiamati degli uomini che la tenevano. Uno la mano, l’altro l’altra mano, due uomini le gambe, altri due uomini…”.

Il marito si mette sopra il petto a cavalcioni. “ Chi la teneva la testa, chi la teneva…Quella era rovente. Cercai di fare tutto ciò che diceva il rituale nei minimi particolari. Una cosa ricordo con precisione: le diedi a baciare le medaglie. In maniera veloce, non umana, porta quelle medagline tra i denti, le rende filiforme e le sputa. Venti medagline, anzi 19, perché la ventesima cercai di conservarla…Quindi c’è una presenza diabolica. Tra i denti come faceva in una maniera veloce a rendere filiforme quelle medagline e a sputarle?”.

Frattanto la donna grida, si dimena fino a quando non parte l’ultima medaglietta. “Allora io dissi: sentite, faccio il mio dovere. Leggo tutto quello che dice il rituale poi mi ritiro. Una volta sola lei finge di essere svenuta, addormentata. Uno credette a questa finzione e rallentò la mano. Fu velocissima imprevedibile, afferrò la cotta, la stracciò tra i denti, la sputò. Alla fine uno svenimento totale per cui ebbi paura. Chissà che sotto queste varie convulsioni non ha avuto qualche attacco cardiaco. Chiamate il medico”.

Nessuno dei presenti chiama un sanitario perché tutti, e don Leone per prima, oramai sono convinti che si tratta di un fatto diabolico. Infatti, per gli esorcisti vi è una presenza diabolica quando si manifestano fenomenologie psichiatriche con avversione al sacro, espressioni parapsicologiche, sussistenza di modalità scientifiche e di rivelazioni di cose sconosciute. Dopo qualche minuto di sopimento totale, bianca in viso, la sventurata si sveglia, si alza, non cosciente dell’accaduto, chiede: “ che cosa è successo? Perché state qui?”.

Don Marcello Stanzione

 
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