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Il vescovo e martire San Bonifacio, San Michele ed il vento del nord PDF Drucken E-Mail
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Il vescovo e martire San Bonifacio, San Michele ed il vento del nordIl Cristianesimo nel suo primo apparire si avvalse di predicatori ed evangelizzatori provenienti dall’area mediterranea: ebrei, siriaci, greci, romani. Un vento religioso che dal vicino oriente investiva con la parola di Gesù l’occidente europeo di impronta romana. Il messaggio evangelico risalendo la penisola italiana, dopo aver investito Roma, il cuore dell’impero , valicò le Alpi e raggiunse l’antica terra d’Irlanda. Nell’isola verde, posta nella parte più estrema  ad Ovest del vecchio continente sorse un movimento spirituale che alimentò nei secoli a seguire  la linfa del cattolicesimo universale.  I monaci celtici sciamarono nell’Europa, quasi come un contraccolpo di fede alla genesi  orientale del cristianesimo. Il centro nord dell’Italia vide l’opera missionaria dei devoti irlandesi che fondarono il monastero di   San Colombano. Ma l’apporto irlandese non si ferma certo al sud del vecchio continente, l’impeto di fede missionaria contagia la vicina Inghilterra, ovvero l’antica Britannia  ...

...  colonizzata da Juti, Angli e Sassoni. Le popolazioni germaniche sono approdate dalla Germania Orientale , dallo Schlewing Holstein per insediarsi nelle terre del mitico re Artù. Questi nuovi arrivati, adoratori all’origine del pantheon germanico, si convertono sotto l’influsso dei monaci celtici ed a loro volta sono di rincalzo alla nuova ondata missionaria.

In un latino semplice, privo di affettazione,  il venerabile Beda racconta di come questa isola benedetta dalla natura avesse come unici abitanti i Britanni, quando in successive ondate di invasioni nel quinto secolo vennero i Pitti e gli Scoti e gli Angli e con gli Angli i Sassoni e gli Iuti, popoli valorosi della Germania, e come di fronte alle invasioni i Britanni si nascondevano nelle foreste, mentre i Romani, dovendo a casa difendersi da altri invasori, abbandonavano le città e i fari e i ponti e le strade, che loro stessi avevano costruito sull’isola. Sono anni inquieti, tragici, che Beda riprende dalla descrizione di Gildas, anni in cui i sacri altari, le alte mura, i monasteri, le chiese, tutto viene distrutto. E muoiono insieme i contadini e i monaci. È il tramonto della cultura romano-cristiana.

Ma una storia ecclesiastica non può non sostenersi a uno schema provvidenziale. E dunque, nell’infinita benevolenza divina, sempre da Roma verrà la salvezza per l’isola. È papa Gregorio Magno il grande eroe, da cui verrà la riscossa. Nel 582 papa Gregorio manda Agostino.  E’ in atto in quest’epoca di ferro e fuoco una trasformazione epocale con l’arrivo sulla scena della storia di nuovi popoli che prendono consapevolezza della civiltà e della missione storica e spirituale del Cristianesimo. Gli Angli forniscono un ampia messe di evangelizzatori, santi e martiri che calcheranno le orme dei loro predecessori provenienti dalla Galilea e dalle terre di Gerusalemme su sentieri di foreste e lande sperdute della Sassonia, della Frisia, della Baviera, dell’Assia per portare la parola del Salvatore. Tra questa schiera di eletti  rifulge la figura di San  Bonifacio, l’uomo che sarà definito  il padre e l'evangelizzatore del popolo tedesco. 

Il suo nome originario in lingua germanica è Winfrido . Il futuro vescovo è  nato intorno al 673 a Crediodunum, nell'Inghilterra sud-occidentale, cresce fin da piccolo nelle abbazie di Exeter e di Nhutschelle.

Nel 716 lasciò l'Inghilterra per annunciare Cristo al continente devastato da guerre ed invasioni. Appena pochi decenni prima gli Angli avevano accettato il battesimo, ricevuto da alcuni monaci mandati sull'isola dal papa san Gregorio Magno. E già nel giro di pochi anni è un fiorire di monasteri. In questi decenni così si comunica la fede e si battezzano interi popoli, basta pensare ai Longobardi in Italia o ai Visigoti in Spagna. Non esistono strategie pastorali, né si imbastiscono dialoghi ecumenici, nessuno si pone problemi di «inculturazione». Gruppi di monaci partono per impiantare le loro comunità  ed è la forza della fede di questi uomini e di queste comunità monastiche che colpisce i re e i popoli.  I nuovi cristiani che vengono dalle fila dei germani intessono una rete di chiese e conventi collegate da pellegrinaggi di fede dalla Puglia alla Normandia. Abati e vescovi formano l’ossatura di questo fervente popolo di Dio da Paolo Diacono ad Alcuino di York. Gli Angli trovano spazio prezioso nella Europa Cristiana esprimendo dal loro seno personaggi della grandezza di Beda. Questo venerabile e saggio inglese che la Chiesa ha consacrato come santo, infaticabile monaco,  si dedica all’insegnamento e scrive numerose opere in latino, che costituiscono una specie di enciclopedia delle conoscenze dell’epoca e trattano argomenti molto vari: dalla metrica alle figure del discorso all’ortografia all’aritmetica, al “calcolo digitale”, alla cosmologia celeste e terrestre. Beda è la testimonianza del gran fiorire di spiritualità in Anglia. Un fatto che  non passerà indenne, a Roma, Papa Gregorio Magno mostrò tanto amore verso l’isola di Albione come testimonia una splendida scena – una di quelle finestre ariose, incantevoli, fiabesche, che punteggiano il racconto storico del venerabile  Beda. Un brano passato alla storia, racconta :  D’un tratto, eccoci a Roma. Un gioco di mercato, al foro. Gregorio non ancora papa e non ancora santo tra le molte merci in vendita vede dei giovani schiavi: bellissimi, bianchi di carnagione, con una splendida capigliatura. Sono eroi vichinghi? controfigure di Beowulf?

Fatto sta che Gregorio è rapito e domanda di loro. Chi sono? Angli? O angeli? Angeli a lui paiono, tanta è la luce che emanano. Con gli auspici di Beda si attiva la tradizione della scuola di York, fondata da uno dei suoi discepoli più famosi, l’arcivescovo Egbert e frequentata da Alcuino, prima che diventasse maestro nella scuola palatina di Carlo Magno, intrecciando la cultura anglosassone con quella carolingia ed europea.

Solo pochi sono i nomi a noi noti di queste straordinarie compagnie di giovani, che intraprendono il «santo pellegrinaggio», infiammati di amore per Cristo e di affetto per Bonifacio. I monaci non solo edificano monasteri e  creano  «aziende agricole». Coltivano la musica, le antiche opere letterarie del mondo classico,  la scienza della medicina.  Winfrido diventa insegnante di grammatica, autore di trattati ed addirittura di poesie. Quel giovane Winfrido appassionato di letteratura e di poesia nell'abbazia, è lo stesso che traverserà l'Europa, che convertirà le tribù germaniche abbattendo nel 723, a Gheismar, la quercia sacra al dio Thor e costruendo, con quel legno, una cappella dedicata a san Pietro. Winfrido ha lasciato un trattato di metrica e una «Ars grammatica». Ovviamente quelle pagine spiegano le declinazioni, le regole della sintassi, i verbi. L’opera  ha   un prologo in cui Winfrido illustra, rivolgendosi ad un giovane discepolo, il perché di quel libro. Ecco come lo riassume  Jean Leclercq: «San Bonifacio spiega perché ha posto in testa al suo trattato, in un cerchio, una croce ed il nome del Signore Gesù: come tutto l'Antico Testamento tendeva a Cristo e conteneva già, sotto il velo delle figure, la realtà dei misteri della salvezza, così tutto quello che si può trovare di buono leggendo, "scrutando" i grammatici, i poeti, gli storici, e gli scritti dei due Testamenti deve essere riferito a Cristo, secondo il consiglio di san Paolo: "Vagliate tutto e trattenete ciò che vale". Tutto questo deve essere inserito, come in un recinto sicurissimo, nel cerchio della fede, fuori del quale la mente non ha diritto di divagare: comprendere le cose, significa capire la relazione che esse hanno con Cristo». Il prologo si conclude con un inno poetico, dove il cittadino della Gerusalemme terrena è invitato a guardare Cristo:

Vale Chiristo veraciter / ut et vivas perenniter / sanctae matris in sinibus / sacris nitens virtutibus / Hierusalem agricola / post et mortes caelicula / et supernis in sedibus / angelorum cum milibus / Christum laudes per ethera / saeculorum in saecula (Sii forte veramente in Cristo / affinchè tu possa vivere per sempre / nel seno della santa madre / radicato nelle sacre virtù, / e (sii forte) perchè tu / cittadino di Gerusalemme / e - dopo la morte - del cielo possa lodare Cristo / per i secoli dei secoli / con la moltitudine degli angeli).

Leclercq osserva che «uno degli strumenti del suo [di Bonifacio] apostolato, uno dei mezzi, e non il meno importante, con il quale poté trapiantare, nelle regioni che evangelizzò, la fede e la cultura della Chiesa, fu questa grammatica che egli ha creduto necessario insegnare per iscritto». Non fu una fatica da poco. Basti pensare alla grande difficoltà per tradurre in germanico la parola «Dio» evitando i termini già esistenti per gli dèi pagani. Quei popoli non furono certo persuasi da una teologia, da una dottrina umana, da una cultura. Furono piuttosto «conquistati» da quegli uomini così diversi. L'avventura missionaria di Winfrido comincia nel 716. Parte dal suo monastero al di là della Manica, con tre amici. Il suo pensiero è rivolto soprattutto ai sassoni, alle popolazioni germaniche. In questi anni sono proprio le isole, prima l'Irlanda con san Colombano e poi l'Inghilterra, a cominciare da san Willibrord, a riversare sul continente straordinari gruppi di monaci che battezzarono l'Europa. Winfrido ha quaranta anni. Parte dalla sua terra, dalla sua abbazia di Nursling, secondo quanto egli scrive, «per Cristo». La prima spedizione in Frisia è un fallimento. Riparte di nuovo due anni dopo, ma stavolta per Roma. I monasteri inglesi erano molto legati al Papa e Winfrido vuol costruire sulla roccia di Pietro. Il 15 maggio del 719 incontra papa Gregorio II che già da tempo voleva portare la parola di  Cristo nella terra dei germani. Il Papa gli affida «la missione fra i pagani» egli mette per iscritto una quantità di raccomandazioni: soprattutto gli chiede di tenerlo sempre informato e far ricorso al Papa nei casi difficili, e di amministrare i sacramenti secondo la liturgia romana. Da questo momento Winfrido prende il nome di un martire romano: Bonifacio. Prima di tutto Bonifacio, attraversata mezza Europa, torna in Frisia. Lavora per due anni accanto a Willibrord riuscendo a conquistare quella terra. Nel 721 lo troviamo a predicare in Assia e in Turingia dove battezza migliaia di germani e riporta alla fede della Chiesa molti cristiani che erano tornati ai vecchi culti. Comincia a fondare un primo monastero ad Amöneburg, sempre cercando l'appoggio del re franco, Carlo Martello. Del resto era tipico dei monaci cercare innanzitutto la conversione dei re, che nella tradizione di quelle tribù era un evento decisivo. Tutti questi monaci furono proclamati santi dalla Chiesa.

Altri discepoli della sua terra Bonifacio trovò nel suo terzo viaggio a Roma (737-738): erano Wunibald e Lullo. Stavolta il Papa lo incaricò di istituire secondo l'ordinamento romano le Chiese di Baviera, di Alemannia, di Assia e di Turingia. Si tratta di circoscrizioni episcopali, dunque, che risalgono direttamente a Bonifacio (ricordiamo Salisburgo, Ratisbona, Passau ed Erfurt, fra le altre). Ma dopo il 741, per la morte di Carlo Martello, Bonifacio può vincere pure l'altra battaglia, la riforma della Chiesa franca, che sopravviveva in condizioni assai secolarizzate e tristi.

Bonifacio viene insediato come vescovo a Magonza. Nel 744, proseguendo nella fondazione di monasteri, costruisce l'abbazia di Fulda, che diventerà per secoli il cuore della fede cattolica in terra germanica. Gli intrighi del clero franco, scatenati periodicamente, inflissero a Bonifacio umiliazioni e sconfitte. Vi è tuttavia chi sostiene che proprio lui ebbe una parte di primo piano nella consacrazione a re dei Franchi di Pipino, a Soissons, nel 751. Un episodio cruciale della storia, con il quale nasce il Medioevo cristiano. Bonifacio  alla ricerca di pilastri saldi per la sua opera di evangelizzazione si affida e confida nel culto di San Michele. Un parallelismo storico porta al confronto tra l’evangelizzazione dei longobardi e dei sassoni entrambe realizzatesi con gli auspici  dell’Angelo Guerriero.  L’Arcangelo ha trovato nell’Europa germanica venerazione e dedizione, a partire dai Longobardi d’Italia che fondano il Sacrario per eccellenza del culto micaelico nel Gargano. Dalla Puglia alla Normandia nel solco delle strade dei pellegrini i cavalieri  eleggono a patrono San Michele e come per i longobardi altri popoli si convertiranno nel suo nome. Bonifacio porrà le basi del culto micaelico nella Germania tanto che l’Arcangelo sarà il santo protettore della nazione tedesca. 

Siamo nel 753, Bonifacio ormai vecchio  lascia la diocesi di Magonza al più giovane Lullo, si assicura della salda organizzazione dei suoi monasteri, fa preparare i suoi libri in una cesta e stavolta assieme alle sue cose da viaggio fa porre anche un sudario.

Vuol combattere la sua battaglia incompiuta, la conversione della Sassonia. Le notizie sugli ultimi mesi di Bonifacio sono scarne; arriva in Frisia per portare a termine l’evangelizzazione di quella terra, rimasto incompiuto per la morte di Willibrord. È insieme con una cinquantina di compagni. Scendono il Reno su una piccola flotta di barche e quando sbarcano hanno di fronte a loro le popolazioni ancora pagane a est dello Zuiderzee. È la primavera del 755. Il 5 giugno una gran folla di uomini, convertiti da Bonifacio, raccolta vicino a Dokkum, si prepara a ricevere il sacramento della cresima. Ma improvvisamente piomba su di loro un'orda di banditi. Bonifacio fa appena in tempo a incoraggiare i suoi che viene raggiunto da un colpo di spada. I suoi 52 compagni vengono massacrati come lui. Lullo riuscì a far portare e seppellire il suo corpo a Fulda, com'egli desiderava. Ma Bonifacio non solo ha battezzato quel popolo: ha indissolubilmente ancorato alla guida di Pietro le Chiese d'Europa. Un pastore vero, che poteva scrivere: «Non mercenari che fuggono il lupo, ma pastori fedeli, attenti al gregge di Cristo». Il culto micaelico introdotto da Bonifacio si insedierà profondamente nella Germania.  La tradizione teutonica vedrà suggellata questa alleanza tra l’ Arcangelo ed il popolo tedesco  con  le  ripetute e importanti presenze imperiali nel Gargano. La  prima fu la scalata dell’imperatore Ottone alla montagna dell’Arcangelo durante il suo terzo viaggio in Italia. Una salita da  umile pellegrino per ringraziare nel 955, la vittoria decisiva per la cristianità  sugli Ungari a Lechfeld  presso Augsbourg. L’immagine dell’Arcangelo era sugli stendardi imperiali  del  Re  dei tedeschi . La vittoria  di Lechfeld, ottenuta da  Ottone e dai suoi guerrieri michaelici , getterà le basi di un rinnovamento completo dell’istituto imperiale (Translation Imperii ad Germanos). Il secondo pellegrino imperiale tedesco al  Gargano sarà  Ottone III. A febbraio del  999, il giovane  Othon, a 19 anni, salirà la montagna a  piedi  nudi come un umile devoto. Nel  1022, Enrico II va alla grotta del Gargano. Nel 1137, Lothario III  Supplinburg si trova in prossimità del sito micaelico . L’ 8 maggio di quell’anno batterà i Normanni e conquisterà il castello di Monte Sant’Angelo. Federico II di Honstaufen visiterà il sito micaelico più volte in profonda meditazione. L’opera di Bonifacio ha dato grandi caposaldi che si pongono come pilastri inossidabili nella storia della Fede e dell’Europa cattolica. Le stesse che saranno testimoniate da abbazie come la chiesa abbaziale di San Michele a Hildesheim,  Capolavoro di arte sacra nello stile ottoniano.

Pasquale Costagliola

 
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