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IL PERICOLO DELL’INFERNO IN UN LIBRO SU DON DOLINDO RUOTOLO
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È nelle librerie il libro di don Stanzione su San Giuda TaddeoSono contento di presentare questo libretto che don Marcello Stanzione ha scritto sull’apostolo Giuda Taddeo ed edito dall’editrice Gribaudi di Milano. Don Marcello da oltre vent’anni è impegnato nella diffusione della retta devozione cattolica agli angeli e parlando di san Giuda  in questo suo opuscoletto egli ne approfitta per parlare anche di san Michele arcangelo perché l’apostolo lo cita esplicitamente nella sua epistola. San Giuda, soprannominato Taddeo, dall’aramaico “Thad”,  che significa “dolce, misericordioso, benefico, amabile, generoso, magnanimo” era un apostolo, parente di Gesù. E’ anche chiamato “Lebbeo” (coraggioso). Marco lo chiama soltanto Taddeo (Mc 3,18). Figlio di Alfeo e di Maria detta Cleofa, genitori giusti e ferventi nell’osservanza della legge di Dio. Ebbe come fratelli: Giacomo, il minore, pure apostolo e primo vescovo di Gerusalemme. Testimoniò il Vangelo con il martirio. Giuseppe, soprannominato il “Giusto”, fu uno dei settantadue discepoli di Gesù. ...

...  Simone, o Simeone secondo la forma semitica, che sarà il secondo vescovo di Gerusalemme. Morto martire in età molto avanzata. Maria Salome, la primogenita, sposa di Zebedeo e madre di S. Giacomo il Maggiore e S. Giovanni l’Evangelista. La famiglia degli “Alfeo” abitava nell’alta Galilea nella piccola Nazareth, non distante dalla casa di Maria e di Giuseppe, padre putativo di Gesù ed artigiano di professione. Questa vicinanza e parentela diede molto a Giuda Taddeo di frequentare, fin dall’infanzia, la casa del cugino Gesù diventando l’amico ed il confidente di Cristo. Ambedue crescevano acanto alla Madonna.

La vita di San Giuda Taddeo fu semplice e laboriosa. Coetaneo di età e di apostolato… Infatti fu uno dei primi a ricevere l’invito di essere “apostolo”. Però ebbe molti ostacoli dai fratelli e dallo stesso padre che non voleva che seguisse Gesù. Ma Giuda Taddeo, qualche mattina dopo, rompe gli indugi e va in cerca del Salvatore che parlava alla gente sulle rive del fiume Giordano. E’ tradizione che divenne apostolo nei primi giorni di marzo (luna di Adar). Animo generoso e fervente, soffrì molto per l’opposizione del padre e dei fratelli alla sua scelta personale; ma seguì senza tentennamenti con eroica fermezza la chiamata del Signore per tutta la sua vita. Giovanni, nel suo Vangelo, menziona Giuda Taddeo precisando che non è l’Iscariota, nel riferire il discorso di addio di Gesù, allorché il Maestro fa una promessa misteriosa e permanente d’unità fra di Lui e gli Apostoli: “Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete” (14,18-19). Taddeo riflette su queste affermazioni e quasi tronca le parole sulle labbra di Gesù proponendogli una questione che lui non sa risolvere: “Gli disse Giuda, non l’Iscariota: Signore, com’è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?” (14,22). Gesù non può volgere uno sguardo di compiacenza al cugino, tuttavia lo scopre vittima della mentalità diffusa, la quale s’attendeva dal Messia una manifestazione grandiosa. Per Taddeo rimane un enigma tormentoso, anzi, un’amara delusione che Gesù voglia manifestarsi  soltanto al minuscolo drappello dei dodici e non anche alle folle, che lo cercano, seguono, assediano ed ascoltano. Gesù non coglie l’obiezione, ma riprende il discorso interrotto e indirettamente dà una risposta, contrapponendo alle manifestazioni ed interiori che fioriscono nella profondità delle anime credenti. “Gesù gli (a Taddeo) rispose. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà, e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (14,23).

L’attività apostolica di Taddeo è velata dall’oscurità. Quante notizia vorremmo avere sull’attività dei singoli Apostoli, come l’abbiamo su Pietro e Paolo negli “Atti degli Apostoli”. Le vicende dei primi secoli e le persecuzioni però hanno distrutto o dissipato i documenti. I tre primi secoli della storia della Chiesa sono giustamente definiti “secoli muti”. Per Taddeo, poi, le notizie sono ancora più confuse a causa del facile scambio del nome con quello di Giuda Iscariota. I dati più sicuri si deducono dalla sua Lettera. Egli scrive a giudeo – cristiani, fra i quali ha predicato, e che non si trovano lontani dalla Palestina. Secondo informazioni fornite da Niceforo Callisto (XIII sec.) autore di una Storia Ecclesiastica, Taddeo avrebbe annunziato il Vangelo in Giudea, Samaria, Idumea, Siria e Mesopotamia, ed avrebbe subito il martirio ad Edessa. Sul suo martirio sono fiorite leggende: quella persiana lo ritiene caduto sotto una gragnuola di sassi e colpi di mazza. La versione è stata recepita nelle letture dell’antico Breviaro. I resti gloriosi di Taddeo e Simone, martirizzato con  lui, furono più tardi traslati a Roma e collocati in una cappella laterale della basilica di S. Pietro. Non si può sottocere l’altra leggenda , curiosa e simpatica che la stessa monaca spagnola Eteria ricorda nelle Memorie del suo viaggio in Terra Santa del 350. nell’antica città di Edessa (l’odierna Urfa in Turchia) regnò dal 4 a.C. all’anno 50 d.C. Abgar V. Questi avrebbe inviato a Gesù una lettera con la preghiera di andarlo a trovare per guarirlo. Gesù gli avrebbe risposto che, dopo la sua resurrezione, gli avrebbe mandato uno dei suoi apostoli. E così, più tardi, l’apostolo Taddeo si sarebbe recato ad Edessa. Ad ogni modo il successore del re, ossia Abgar IX , intorno all’anno 200, si convertì al cristianesimo, che proclamò religione ufficiale del regno, Che si sappia, è questo il primo caso di conversione di un sovrano regnate, centodieci anni prima di Costantino. Edessa divenne centro importante del cristianesimo siriaco, e là fu tradotta la Bibbia in siriaco. La grande fiducia che l’apostolo Giuda infondeva negli ascoltatori e nelle persone che lo avvicinavano , i grandi miracoli e le conversioni gli meritarono, nella tradizione, il nome di “Apostolo della misericordiosa bontà” ed il titolo di “santo patrono delle cause difficili e disperate”.

Il Signore volle glorificare il nome del Cugino Apostolo anche dopo la sua morte, con grandi grazie e prodigi concessi per sua intercessione. La Chiesa, fondata sugli apostoli, ha sempre venerato S. Giuda dal nome simile a quello del traditore ma vero apostolo e martire. Molti Santi furono devoti di S. Giuda Taddeo e ne ottennero valido aiuto. San Bernardo portò sempre con grande venerazione una reliquia di San Giuda e volle essere sepolto con essa sul cuore. S. Geltrude lo onorava ogni giorno con particolari preghiere e ne diffondeva la devozione. Si dice che il Signore in un’apparizione a S. Brigida di Svezia, in occasione che la Santa si trovava in una grande necessità, le raccomandò di ricorrere all’intercessione del suo Cugino perché questi era particolarmente potente contro il demonio. Lo stesso San Giuda rivelò ad alcuni santi che Dio gli concesse una potenza particolare per i casi più difficili e disperati.

Il Papa Paolo V, con una Lettera del 22 settembre 1548, concesse l’indulgenza plenaria ai visitatori della tomba di S. Giuda Taddeo il giorno 28 ottobre, festa liturgica dei Santi Simone e Giuda. Il culto del nostro Santo si diffuse largamente nell’Asia Mediorientale, nell’Austria -  Ungheria, in America ma soprattutto in Polonia. Molte persone in Polonia portano come nome proprio Taddeusz. Il poeta polacco Mickiewicz ha intitolato la sua più celebre composizione : Pan Taddeusz (Messer Taddeo). Nel’iconografia San Giuda è sempre raffigurato insieme ai dodici apostoli, nonché in alcune scene della vita della Vergine Maria. Pochi sono i quadri e le statue del Santi Apostolo come poche sono le chiese dedicate in suo onore. In Italia purtroppo il Santo è poco conosciuto e pregato.. Carlo Magno, era un grande devoto di san Giuda ed ottenne dal papa di trasportare temporaneamente le spoglie del Santo a Tolosa in Francia, nella chiesa di San saturnino, celebre per lo stile architettonico e l’antichità. La Chiesa greca celebra la festa di san Giuda il 19 giugno, l’armena il 16 febbraio, la copta il 2 luglio, la chiesa cattolica romana lo festeggia il 28 ottobre insieme a San Simone Zelota. Gli orientali li festeggiano invece separati: Simone il 10 maggio e Giuda Taddeo il 19 giugno. La devozione popolare ha sempre attribuito al santo una “forza particolare” presso il Signore. L’Apostolo Giuda Taddeo è, secondo la tradizione, anche autore di una Lettera, che fa parte del cosiddetto gruppo delle undici “Lettere cattoliche”, scritte da Giacomo, Pietro, Giovanni e Giuda Taddeo. Quella di Taddeo occupa l’ultimo posto, prima dell’Apocalisse di Giovanni. Purtroppo, queste Lettere rimangono in penombra, quasi eclissate dalle 14 di S. Paolo. Eppure, esse contengono tesori insospettati di dottrina e d’insegnamenti sempre di viva attualità. La lettera di Giuda Taddeo è un o degli scritti più brevi del Nuovo Testamento; è appena 25 versetti, che non sono suddivisi in capitoletti. Già Origene, lodandola, osservava: “Giuda scrisse una lettera breve, ma ricca di parole di celeste sapienza”.

Molte somiglianza fra la lettera di Taddeo e la Seconda lettera di S. Pietro fanno supporre una dipendenza di Pietro da Taddeo. Il che conferma l’autorità della nostra Lettera. Dagli inizi interni si deduce che Taddeo la scrisse dopo il 62 (anno del martirio di Giacomo Maggiore a Gerusalemme), e prima del 70 (distruzione di Gerusalemme); altrimenti egli non avrebbe omesso di ricordare fra i castighi gli inflitti agli empi la recente rovina della Città Santa. La data preferibile è l’anno 65. Lo stile della lettera è semplice, vivace e d energico, animato da immagini pittoresche, simile a quello degli antichi Profeti. Si può definirla una lettera contro i corruttori della fede. Dopo l’iscrizione e gli auguri, indica subito il motivo: “Sono stato costretto a scrivervi per esortarvi a combattere per la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte”. Mette in guardia i fedeli contro gli interni falsi profeti. Come giudeo che si rivolge a giudeo – cristiani trae moniti e insegnamenti dall’Antico testamento e da tradizioni giudaiche (come la profezia di Enoch e la lotta di Michele contro Lucifero). Taddeo, condannando duramente gli errori, richiama i credenti alla verità: ognuno è amato e chiamato da Dio, è protetto da Gesù; possiede lo Spirito Santo ed è Santo; prega nello stesso Spirito Santo; deve aderire alla fede trasmessa per mezzo del magistero autorevole degli apostoli; la fede è il fondamento santissimo sopra il quale si costruisce “il proprio edificio spirituale”; deve conservarsi nell’amore di Dio. Sono spazzi di luce, che accecano i deboli occhi di credenti superficiali, indifferenti , refrattari, oggi purtroppo numerosi. Si ha paura della verità taglienti, chiare e nette; si cercano i mezzi termini, i compromessi, i colori tenui e confusi. Quanto abbiamo bisogno di meditare la verità di fede! Siamo immersi in una società, sempre più lontana da Dio, sommersi da falsità, utopie e d errori, la cui diffusione si fa sempre arrogante e subdola. Che dire della cultura odierna? Basti un esempio per delineare l’assurda incoerenza: essa irride e sogghigna quando sente parlare di satana e del “padre della menzogna”, e poi sprofonda nell’orrore delle cosiddette tenebrose e sacrileghe “messe nere”, pratiche occulte e magiche. E’ una constatazione ma doverosa! Prendano fra le mani i devoti di S. Taddeo l sua breve lettera e ne facciano oggetto di riflessione, insieme con le altre Lettere degli Apostoli, per rafforzare la fede, costruire “il proprio edificio spirituale” molto più importante delle case, per opporsi alla martellante propaganda di coloro che oggi “bestemmiamo ciò che ignorano”.

S. Taddeo infonda serenità coraggio e perseveranza ai suoi devoti nel camminare sempre nella fede, nell’essere testimoni dell’amore cristiano e nel diventare  operatori di pace, a cominciare dalle proprie famiglie. Auguro a questo ennesimo libretto di don Stanzione, edito dalla benemerita editrice Gribaudi di Milano, lo stesso successo che già hanno avuto i suoi libretti sugli angeli, sui santi e sulle anime in  purgatorio, tematiche che per troppi anni, dopo il concilio Vaticano II, erano state accantonate da una parte della teologia ufficiale inficiata di neoprotestantesimo e che lo zelante sacerdote salernitano ha invece rilanciato alla grande nell’editoria cattolica italiana del ventunesimo secolo.

Giuseppe Greco

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

 
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