IL GESUITA REUS E GLI ANGELI di don Marcello Stanzione |
Scritto da Amministratore | |
giovedì 22 dicembre 2016 | |
Il gesuita Giovanni Battista Reus nacque il 10 luglio 1868 a Pottenstein, in una cittadina bavarese della diocesi di Bamberga. Gente terriera, la sua, ed economicamente non florida. Il patrimonio più cospicuo era la fede cattolica praticata sul serio e dai genitori, soprattutto dalla madre Anna Margherita, seriamente insegnata ai loro otto figli, tra i quali il nostro Giovanni Battista era il quarto. La religiosità più che ordinaria della mamma e l’aiuto d’un suo zio parroco favorirono facilmente questa triplice inclinazione del giovinetto: alla pietà, allo studio e all’apostolato, che cominciò a esercitare tra i suoi coetanei e con un tatto ammirabile. In un clima cosi saturo di vita e di senso cristiano sbocciò spontanea in lui la vocazione al sacerdozio, che divenne presto il sogno unico e più seducente della sua adolescenza. Essendo, però, quest’ideale andato a urtare contro una difficoltà abbastanza seria, quella delle condizioni economiche della famiglia, Giovanni Battista non si sgomentò. Intelligenza e tenacia osservate in lui, mentre frequenta le prime classi del ginnasio di Bamberga, gli ottennero una borsa di studio, e questa, appena compiuto, nel 1890, il servizio militare, fu un viatico per entrare tranquillamente nel seminario di quella città. Restò in quell’ateneo circa quattro anni, dall’inizio del corso scolastico del 1890 al termine di quello del 1893. ...
... Un giorno gli capitò di veder annunziato in un catalogo librario il volume La divozione al S. Cuore di Gesù, che padre Noldin aveva scritto espressamente per gli studenti di teologia. Il giovane seminarista acquistò subito quel libro e leggendolo e meditandolo ne trasse quella solida divozione al divin Cuore che lo distinse per tutta la vita. Ma oltre a questo, venendo a conoscere dal primo capitolo di quel libro quale intimità di legami vi fosse tra quella divozione e la Compagnia di Gesù, sentì sorgere e presto maturare nel suo animo la vocazione all’ordine dei padri La Colombière, Gallifet, Noldin ecc. nel settembre del 1892, quando era già diacono, presentandosi al padre provinciale, fu accettato in Compagnia, ma con l’intesa di differirne l’ingresso finché non avesse ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Una volta prete, dove però lottare per un anno intero col suo vescovo, prima di ottenere il permesso di farsi religioso. Ma appena il buon prelato fu certo di quella vocazione, lo lasciò libero di secondarla. Il 16 ottobre 1894 varcava la soglia del noviziato, che i gesuiti tedeschi, a causa delle note persecuzioni scatenate dal Kulturkampf, avevano allora in Olanda. Gli anni dal 1894 al 1900 vennero impiegati quasi tutti nel rifare gli studi conforme la Ratio della Compagnia. Nel 1900 partì per la missione tenuta dai padri tedeschi in Brasile, e fino al 1914 vi si occupò in un’attività abbastanza varia di vita apostolica, tra cui per un anno tenne anche quella di parroco. Dal 1914, quando fu successivamente professore di lettere al seminario minore, poi di liturgia ( 1917- 1944) nel seminario maggiore e finalmente direttore spirituale nel collegio di Cristo Re per gli studenti della Compagnia. Ci fu tuttavia un lavoro che fece conoscere il suo nome per tutto il Brasile ed oltre: un suo volume intitolato Curso de Liturgia. In poco più che cinquecento pagine condensa un trattato completo, sistematico e chiaro sulla vastissima materia, sicché venne subito riconosciuto come un ottimo libro di testo e di consultazione liturgica; di qui la sua larga diffusione. Il padre Giovanni Battista Reus ebbe una vita intensamente mistica per ben trentacinque anni, dal 1912 al giugno del 1947. Ma tutto quello che si svolse tra la sua anima e Dio sarebbe andato a finire molto probabilmente con lui nella tomba, se i superiori non gli avessero imposto esplicitamente di scrivere la sua biografia: e il buon religioso, non senza un vero sacrificio della sua modestia ubbidì. Si hanno così una Vita di 706 pagine, scritta in tedesco, e che giunse fino al luglio del 1937, e un Diario di 1060 pagine, anch’esso in tedesco, e che va dal 1937 fino alla vigilia della morte, 10 giugno 1947. Le prime esperienze piuttosto straordinarie risalgono ai suoi anni di seminario, mediante trasporti veementi e talora irresistibili di correre in cappella e gettarsi in adorazione davanti all’Eucarestia. Divenuto sacerdote, trovandosi appunto davanti al Santissimo, un giorno si sentì all’istante come naufragare nella divina presenza straordinariamente sentita e immerso in un oceano di pace. Dopo di ciò la sua orazione andò rapidamente ascendendo di grado in grado, finché il 26 agosto 1912, in seguito a due mesi di nuova e intensissima unione, ch’egli chiama di “ colloquio continuo”, sentì il cuore preso da un fuoco così improvviso, vivo e ineffabile, da non poterlo affatto sopportare. Il gesuita ne fu sgomento e corse subito dal superiore della missione, ivi di passaggio, per chiedergli che cosa fosse. Si tranquillò solo quando il confratello, dopo di aver riflettuto, dichiarò che quando gli accadeva era opera di Dio. Da questa data la vita mistica del padre Reus si mise sul ritmo di un’ intensità quotidiana e varia di esperienze che si protrassero fino alla morte è delle quali è quasi impossibile dare un’idea anche sommaria. I fenomeni straordinari vennero ormai ripetendosi anche più volte al giorno, e in certi giorni era come un avvicendarsi ininterrotto di estasi, visioni, rivelazioni e altri fatti analoghi. Se sul principio aveva tentato di resistere e come sottrarsi all’azione di Dio, dové presto persuadersi di avere a che fare con un “ Padrone” invincibile e il partito era di arrendersi a discrezione. La mattina del 7 settembre 1912, durante l’ora di orazione, si sentì come ravvolto in un turbine di fuoco e tutta la persona bruciare in modo insopportabile. Una forza misteriosa lo costrinse a mettersi in piedi e con le braccia in croce. Stando in tale atteggiamento, ecco su di lui una fiamma immensa e delle saette prendere la direzione del cuore, delle mani e dei piedi. Credendosi in preda ad un grosso inganno, si provò più volte di resistere, di muoversi, di protestare supplicando, tranne un dolore acutissimo e straziante là dove si erano dirette le frecciate. Era il dono di stimmate invisibili, la cui percezione e il dolore che producevano, ora più ora meno intenso, gli durò per tutta la vita, acquistando di tutto ciò una certezza sperimentale e da levargli ogni dubbio. Fu già osservato che l’aspetto più proprio della spiritualità del padre Reus - stato per ben trent’anni direttore e formatori di sacerdoti gesuiti - è la sua mistica sacerdotale: far conoscere sempre meglio le grandezze del sacerdote e del divino sacrificio, e al sacerdote stesso ricordare com’egli “ deve lasciarsi compenetrare e trasformare dai sentimenti di generosità di amore al sacrificio tanto propri del Sacro Cuore di Gesù, di maniera che, in unione con l’Ostia sacramentale sia anch’egli un’ostia viva al cospetto della Maestà divina, per infiammare tutto a commuovere il cuore ostinato dei peccatori con le fiamme del suo amore”. “Che la mia vita, ebbe a scrivere un anno avanti la morte, sia tutta un apostolato perché il sacro Cuore di Gesù sia meglio conosciuto nella sua sovrabbondante misericordia per tutti, ma in modo particolare per i sacerdoti”. Nel caso del padre Reus, tutto il quadro della sua vita religiosa, svoltasi sotto gli occhi attentissimi di centinaia di confratelli, c’inclina a credere c’egli non fosse un illuso. Non tare di malattie nervose, non facile a lasciarsi sorprendere dall’immaginazione, mai che lo si vedesse agire per un impulso intempestivo del sentimento. Facoltà regina in lui era la volontà ferma e tenace. Una padronanza di sé, un discernimento, un equilibrio a tutta prova, per cui si ricorreva per tranquillità alla sua direzione e al suo consiglio. Distaccato assolutamente da tutto, non si notò mai che si regolasse per altri motivi i quali non fossero perfettamente soprannaturali. E tutto questo fu osservato sempre, invariabilmente, senza il minimo segno di stanchezza, fino alla bella e veneranda età di settantanove anni quando nel 1947 rese la sua bella anima a Dio. Padre Reus viveva in permanenza nel mondo angelico quando celebrava l’Eucarestia. Il suo Tagenbuch (diario) è pieno di racconti di visioni in cui gli angeli si uniscono alla sua preghiera, adorante Dio con lui: Al Gloria in excelsis, il padre Reus sentiva gli angeli lodare Dio nello stesso tempo di lui, ed egli osservava talvolta che – come più tardo nel Credo – le sue parole si elevavano verso il volto di Dio come delle fiamme scintillanti. Gli sembrava di essere letteralmente infiammato d’amore durante la Messa e, di fatto, egli presentava stupefacenti fenomeni di ipertermia. Alla fine della liturgia, gli angeli intervenivano sempre di più, facendogli penetrare le profondità del mistero eucaristico ed insegnandogli sulla grandezza del sacerdozio: “ Dal momento che gli angeli elevano verso la Maestà divina le preghiere di tutti quelli che sono loro confidati, con quanta gioia e rispetto non servano all’altare, per attrarre sulla Chiesa i flutti di grazie sgorganti dal Cuore di Gesù! E quale purezza deve essere quella del sacerdote, che è elevato in dignità al di sopra degli angeli! Poiché, per amore del Santissimo Cuore di Gesù, che coi è completamente incomprensibile, il sacerdote è chiamato a far venire sull’altare la santa maestà di Dio”. Il 10 febbraio 1940, egli scriveva: Ho visto ai miei lati due angeli, adoranti con me il Salvatore che era nel mio cuore. Erano, io credo, due serafini. Ci tenemmo tutti e tre in delle fiamme che costituivano un solo grande fuoco. Questa deve significare che i santi angeli – quando noi ve li invitiamo, il che io lo faccio sempre – adorano con noi il divin Salvatore ed uniscono le fiamme del loro amore ai nostri. |