Il Papa in Francia: laicità, famiglia, liturgia

Il Papa in Francia: laicità, famiglia, liturgiaSono rimasti sorpresi, i media francesi, dall’afflusso di gente costante, continuo, incessante e grande che ha fatto da corona alla visita di Benedetto XVI in Francia. Prima a Parigi, poi a Lourdes, nel centocinquantesimo dell’apparizione della Madonna a Bernadette Soubirous. Pellegrino tra i pellegrini, il Papa ha voluto partecipare alla processione dei lumi, e poi ha celebrato la Messa davanti alla grotta e ad una folla immensa. Una Messa nella quale ha spiegato che “Il segno della Croce è in qualche modo la sintesi della nostra fede, perché ci dice quanto Dio ci ha amati; ci dice che, nel mondo, c’è un amore più forte della morte, più forte delle nostre debolezze e dei nostri peccati. La potenza dell’amore è più forte del male che ci minaccia“. Mentre nella messa parigina alla Esplanade des Invalides - ispirandosi alla lettura di Paolo – come si debbano rifuggire gli idoli della società. Un ammonimento trasversale, che riguarda anche i temi della vita e della famiglia.

Un invito a rifuggire alla cultura della morte, che già Benedetto XVI aveva fatto in passato. Lo stesso Papa ha pensato bene di dividere il suo viaggio in Francia in un distico: prima la visita a Parigi, poi quella di Lourdes. Un passaggio dal mondo laico a quello religioso, dal mondo della fede al mondo della cultura. La Francia rappresentava una sfida per Benedetto XVI. Da sempre, Joseph Ratzinger si è definito parte di quella società bavarese che guardava a Parigi, più che alla Prussia, come riferimento culturale. E, durante il viaggio nell’aereo papale, ha parlato del suo debito riguardo teologi del Concilio Vaticano II: la sua amicizia con padre de Lubac, la sua frequentazione con Yves Congar, i suoi contatti con Jean Danielou.

Del mondo francese, Benedetto XVI prende il modo illuministico di approcciarsi alla fede. Raccontare la fede con argomenti di ragione: è questo l’obiettivo del Papa teologo. Che ama parlare a braccio, e che ci tiene a spiegare con chiarezza e consequenzialità ogni punto della fede.

Ma del mondo francese si distacca per quanto riguarda proprio il Concilio e i maestri che ha citato: presto, dopo il Vaticano II, in lui si è instaurato un certo fastidio per chi considerava l’esperienza del Concilio di rottura, e non di continuità con la tradizione. In Francia, dove pure è nato LeFevbre, ci sono stati delle contestazioni al Motu Proprio che liberalizzava la messa con l’antico rito. Il Papa, già nella aereo, ha spiegato che “ci sono dunque accenti diversi, ma comunque un’identità fondamentale che esclude una contraddizione, un’opposizione tra la liturgia rinnovata e la liturgia precedente”. La linea di Ratzinger è quella di arrivare a un arricchimento reciproco tra i gesti dell’antico rito e la liturgia post-conciliare.

La sfida francese, per Benedetto XVI, riguardava un Paese che si esprime filosoficamente nel modo in cui si esprime lui, ma che allo stesso tempo ha separato in maniera netta e radicale fede e spazio pubblico con la legge sulla laicità del 1905. Il timore dei giornali francesi era proprio l’attacco alla laicità di Benedetto XVI.

Che invece veniva già dall’interno, dal presidente Sarkozy, che ha contestato la visione restrittiva della laicità francese, e ha parlato di laicità positiva. Il modello è quello americano, lo stesso che Benedetto XVI apprezza e ammira. Un modello nel quale la religione ha un’importanza fondamentale nello spazio pubblico.

Il terreno allora era già reso fertile dalla presenza del presidente francese. Benedetto XVI ha accolto la dizione di laicità positiva. Poi ha rilanciato sulle radici cristiane dell’Europa, in maniera “soft”: al College de Bernardins, luogo deputato ad essere un posto dove si incontrano fede e ragione, ha parlato del monachesimo, dell’importanza che ha avuto nel diffondere e radicare la cultura europea. E ha poi rilanciato, dicendo che il monachesimo non aveva quell’obiettivo. Piuttosto, l’obiettivo ultimo era la ricerca di Dio. È la riproposizione in salsa francese di quello che Ratzinger chiamo: “Fare come se Dio ci fosse”. Perché – è il ragionamento del Papa – senza la ricerca di qualcosa che va oltre, non c’è fondamento. E il fondamento è il quaerere deus.

La seconda parte del distico è partita dalla Messa di Parigi e si è conclusa a Lourdes, con l’unzione degli infermi. Una messa dopo l’altra, con omelie di grande dottrina (si trovano tutte sul sito del Vaticano). Già detto degli idoli e della croce, quello da notare è il modo in cui Benedetto XVI porta avanti l’idea dell’arricchimento tra antico rito e rito post-conciliare. Il Papa ha sempre celebrato seguendo il messale di Paolo VI. Ma ha apportato delle modifiche: ad esempio, il crocifisso al centro dell’altare, che orienta lo sguardo dei fedeli verso Cristo, che deve essere il cardine della Messa; la Comunione data al fedele che vi si accosta in ginocchio, e che non la prende sulle mani (una modifica, questa, che lo stesso Papa ha spiegato essere fatta per dare più valore al mistero dell’Eucarestia). L’idea è quella di tornare ad una celebrazione più sobria della Messa, e rispettare allo stesso tempo chi è legato all’antico rito.

Poi c’è la sfida alla società francese: lanciata in maniera obliqua al College de Bernardins, Benedetto XVI l’ha resa nota nell’incontro con i vescovi. Da una parte, un discorso di cultura. Dall’altra, un discorso di dottrina. Di fronte, i sacerdoti di un Paese nel quale sono pochissimi i cattolici praticanti, e sono molti i cattolici dichiarati. Un Paese dove c’è un forte incremento demografico, ma i figli nascono soprattutto fuori dal matrimonio. Un Paese dove la percentuale dei divorzi è altissima. Non è che – come ha scritto qualche giornale – Benedetto XVI si è adeguato alla laicissima Francia, perché anche in Italia fa discorsi di principio. Semmai, sono i vescovi a prendere una posizione precisa. Ai vescovi francesi Benedetto XVI ha raccomandato la dottrina: e cioè partire dai principi fondamentali. Punto cardine? La fagmilia. “Da vari decenni – ha detto il Papa – le leggi hanno relativizzato in molti Paesi la sua natura di cellula primordiale della società. Spesso le leggi cercano più di adattarsi ai costumi e alle rivendicazioni di particolari individui o gruppi, che non di promuovere il bene comune della società. L’unione stabile di un uomo e una donna, ordinata alla edificazione di un benessere eterno, grazie alla nascita di bambini donati da Dio, non è più, nella mente di certuni, il modello a cui l’impegno coniugale mira”.

Fede, ragione, famiglia, liturgia: la Chiesa di Benedetto XVI ha lanciato in questo modo la sfida della fede alla società francese.

Articolo del dott. Andrea Gagliarducci ( Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo )