Papa in Terrasanta: prospettive ecumeniche, politiche, interreligiose

Papa in Terrasanta: prospettive ecumeniche, politiche, interreligiose“Pace e unità per tutti quelli che abitano la Terrasanta e il Medioriente”: Benedetto XVI lancia questo messaggio di pace, alla vigilia del suo viaggio in Terrasanta. Un viaggio grandemente desiderato e difficile, che cade in un momento particolarmente delicato della realtà del Medioriente. La nuova speranza, in questo momento, è rappresentato dal fatto che i leader dei Paesi arabi moderati starebbero preparando la bozza di una nuova proposta di pace con gli israeliani, che non conterrebbe il diritto al ritorno dei palestinesi che hanno lasciato le proprie terre nel 1948. Il piano ricalcherebbe la proposta di pace avanzata nel corso del vertice della Lega Araba del 2002, ma senza alcune richieste dei palestinesi che in questi anni lo hanno reso inapplicabile. Potrebbe sembrare che l’appello di pace del Papa venga accolto. In realtà, Padre Pizzaballa, capo della custodia francescana di Terrasanta, avverte che “le strumentalizzazioni in questo Paese sono sempre facilissime, ... 

... ma se uno dovesse fare questi calcoli, alla fine non farebbe niente. Quindi, il Papa verrà sicuramente con molta libertà, come ha dimostrato nel fare questo gesto importante per le comunità, senza escludere l’aspetto interreligioso e quello politico”. Politicamente, da una parte c’è la tensione dovuta alla creazione del governo Nethanyahu in Israele, che vira verso destra la politica di Israele e amplia le divisioni con i palestinesi. Dall’altro, c’è un mondo arabo più diviso che mai, e si è alla vigilia di elezioni-chiave, in Libano e in Iran.

Per quanto riguarda l’aspetto interreligioso, Benedetto XVI sottolinea i “grandi progressi” che sono stati fatti nel dialogo e nello scambio culturale con le comunità musulmane ed ebraiche”. Padre Pizzaballa sottolinea che i cristiani in Terrasanta attendono dal Papa “una parola chiara” sui rapporti con ebrei e musulmani, ma non con “gesti nuovi”, perché “sono stati già fatti”.

I cristiani sono la principale preoccupazione del Papa in Terrasanta. Sullo sfondo, l’accordo che ancora non c’è sulla parte ecomica dell’Accordo Fondamentale tra Israele e Santa Sede sulla tutela dei Luoghi Santi. Ma “va detto – spiega padre Pizzaballa – che siamo talmente pochi e così divisi che il governo non si occupa molto di realtà cristiane”.

La visita del Papa qualcosa sta cambiando: sui giornali israeliani compare qualche articolo in più sul cristianesimo, e il quotidiano Haaretz ha dedicato un articolo alla piccola comunità del Vicariato cattolico che parla ebreo, e nella quale c’è anche qualche sopravvissuto all’Olocausto.

Il Papa non andrà a visitare la piccola comunità, perché il programma del suo viaggio è molto fitto, con visita alle sedi delle altre comunità cristiane. A questa connotazione “ecumenica”, si aggiunge quella interreligiosa: il Papa andrà al Muro del Pianto, e si recherà dai due gran rabbini di Gerusalemme; e poi, si recherà alla moschea Al Hussein Bin-Talal di Amman e alla Moschea della roccia di Gerusalemme, due realtà diverse del mondo islamico: più dialogica la prima, più rigida la seconda. La Giordania è la patria del principe Ghazi bin Muhammad bin Talal, consigliere del re e promotore della lettera “Una parola comune”, che ha segnato la ripresa del dialogo islamo-cristiano dopo la spaccatura segnata dalla lezione papale di Ratisbona.

di Andrea Gagliarducci