Benedetto XVI all’Angelus del 31 gennaio: Fare tutto il possibile per far crescere l’occupazione

Benedetto XVI all’Angelus del 31 gennaio: Fare tutto il possibile per far crescere l’occupazioneBenedetto XVI, davanti agli operai della Alcoa di Portovesme, e con un esplicito riferimento anche agli operai di Termini Imerese, chiede “fare tutto il possibile per tutelare e far crescere l'occupazione, assicurando un lavoro dignitoso e adeguato al sostentamento delle famiglia”.  L’appello di Benedetto XVI fa seguito a quello dei vescovi italiani che, al termine del Consiglio Permanente, che non si erano detti insensibili “al grido” che giunge dalle famiglie che prima avevano un lavoro e ora si trovano per strada. Di fronte al dramma dei licenziamenti, la Chiesa non è rimasta a guardare: la pastorale della Giustizia e del Lavoro della Diocesi di Napoli ha scritto una lettera all’ad Fiat Marchionne per chiedergli di riassumere gli operai a Pomigliano d’Arco; la Chiesa siciliana ha espresso con forza solidarietà ai lavoratori di Termini Imerese; e monsignor Atzei, vescovo di Sassari, è stato presente durante le proteste dei lavoratori dell’Alcoa. I quali ieri, muniti di elmetto, erano presenti ... 

...   all’Angelus in Piazza San Pietro, dove hanno steso uno striscione con la scritta: “Alcoa Portovesme”. Benedetto XVI dedica l’Angelus anche a loro. “La crisi economica – dice - sta causando la perdita di numerosi posti di lavoro, e questa situazione richiede grande senso di responsabilità da parte di tutti: imprenditori, lavoratori, governanti. Penso ad alcune realtà difficili in Italia  come, ad esempio, Termini Imerese e Portovesme”.

Benedetto XVI, quindi, si associa “all'appello della Conferenza Episcopale Italiana, che ha  incoraggiato a fare tutto il possibile per tutelare e far crescere l'occupazione, assicurando un lavoro dignitoso e adeguato al sostentamento delle famiglie".

Non è la prima volta che il Papa fa un appello del genere. Il riferimento più forte è contenuto proprio nell’enciclica sociale Caritas in Veritate, firmata il 29 giugno dello scorso anno, nella quale sfida il mondo a “garantire a tutti l'accesso al lavoro, e anzi: a un lavoro decente. Bisogna rafforzare e rilanciare il ruolo dei sindacati, combattere la precarizzazione e - a meno che non comporti reali benefici per entrambi i Paesi coinvolti - la delocalizzazione dei posti di lavoro". Papa Ratzinger non negava, nell’enciclica,  che, in linea di principio, la “delocalizzazione, quando comporta investimenti e formazione, possa fare del bene alle popolazioni del paese che la ospita". Ma, ricordava poi, "non è lecito delocalizzare solo per godere di particolari condizioni di favore, o peggio per sfruttamento”.

Ma già nel 2007, nel messaggio indirizzato alla Settimana Sociale dei Cattolici, Benedetto XVI aveva fatto un forte appello contro la precarietà nel mondo del lavoro, collocabile – aveva detto- tra le "emergenze etiche e sociali", "in grado di minare la stabilità della società e di compromettere seriamente il suo futuro". La "precarietà del lavoro", denunciava il Papa, non permette ai giovani di costruire una famiglia, con la conseguenza che “lo sviluppo autentico e completo della società risulta seriamente compromesso”.

Andrea Gagliarducci