La prolusione di Bagnasco, tra elezioni e vita

La prolusione di Bagnasco, tra elezioni e vitaNessuna minimizzazione del problema degli abusi sessuali commessi dai sacerdoti. Ma nemmeno nessuna accusa generalizzata alla Chiesa. Il cardinal Bagnasco, presidente della Cei, affronta il tema della pedofilia nella prolusione al Consiglio Permanente dei vescovi. Sostiene che il Papa, con la sua lettera ai cattolici irlandesi, ha posto un “limite invalicabile” alla cultura del silenzio riguardo i casi di abusi. Ma prendere coscienza degli abusi, “non significa subire, qualora ci fossero, strategie di discredito generalizzato”. E’ necessario, insomma, non farsi mettere sotto schiaffo da nessuno. Ed è anche per questo che Bagnasco non teme di scendere in campo e dare una chiara indicazione di voto, senza fare nomi. La bussola sono i principi non negoziabili, a partire dai quali  Bagnasco invita la cittadinanza a “inquadrare con molta attenzione ogni singola verifica elettorale”. E’ facile vedere nelle sue parole preoccupazione per le candidature di Mercedes Bresso in Piemonte e di Emma Bonino ...

...   nel Lazio. Una posizione che non ha mancato di suscitare reazioni nel mondo politico.

Sono due temi forti nella prolusione del cardinale. Temi che non sono scissi, perché si inseriscono nella tematica più ampia dell’attenzione per la vita, dal concepimento, fino alla morte naturale. Sono elezioni, sostiene Bagnasco, che si giocano sul “primordiale diritto alla vita”: un dovere che la società ha per se stessa, per guardare al futuro, “schierandosi col ‘favor vitae’, sempre e particolarmente quando le condizioni siano contrastate, difficili, incerte”.

Ma il diritto alla vita prosegue con l’attenzione e la cura per i piccoli. Bagnasco sottolinea che “la trasparenza è un punto d’onore della nostra azione pastorale”. E con la lettera ai cattolici irlandesi il Papa, continua il porporato, ha posto un limite invalicabile alla perniciosa tendenza a cercare scuse in attenuanti e condizionamenti”. Aggiunge Bagnasco: “Senza dubbio la pedofilia è sempre qualcosa di aberrante e, se commessa da una persona consacrata, acquista una gravità morale ancora maggiore”. Ricorda, il presidente dei vescovi, che “la Lettera papale è interamente pervasa da un accorato spirito di contrizione ed è testimonianza indubitabile di una Chiesa che non sta sulla difensiva quando deve assumere su di sé lo ‘sgomento’, ‘il senso di tradimento’ e ‘il rimorso’ per ciò che è stato fatto da alcuni suoi ministri”. E sottolinea che le nuove direttive della lettera sono state subito fatte proprie dai vescovi, che “hanno intensificato lo sforzo educativo dei candidati al sacerdozio, il rigore del discernimento, la vigilanza per prevenire situazioni e fatti non compatibili con la scelta di Dio”. Conclude Bagnasco: “Nel momento stesso in cui sente su di sé l’umiliazione, la Chiesa impara dal Papa a non avere paura della verità, anche quando è dolorosa e odiosa, a non tacerla o coprirla. Questo, però, non significa subire (qualora ci fossero) strategie di discredito generalizzato. Dobbiamo in realtà tutti interrogarci, senza più alibi, a proposito di una cultura che ai nostri giorni impera incontrastata e vezzeggiata”.

Una cultura che ha portato a quella che spesso è stata definita cultura della morte: c’è il crimine dell’aborto, ma Bagnasco punta il dito anche contro “l’ulteriore silente rivoluzione” che porta a “metodi abortivi sempre più precoci” che fanno come “scomparire l’aborto”. Questioni cruciali, sulle quali riflettere per il voto. Perché “l’evento del voto – dice Bagnasco - è un fatto qualitativamente importante che in nessun caso converrà trascurare. In esso si trasferiscono non poche delle preoccupazioni cui si è fatto riferimento”.

Andrea Gagliarducci (pubblicato su La Sicilia)