Fratel Leone di Maria e la missione del Catechista

Fratel Leone di Maria e la missione del CatechistaTra i grandi catecheti italiani del ventesimo secolo è certamente da annoverare il Fratello delle Scuole Cristiane Leone di Maria, al secolo Teresio Nazione (1892-1969) che fu docente di catechetica al seminario teologico di Torino e all’istituto di teologia pastorale dell’Università Lateranense di Roma, Ispettore nazionale per l’insegnamento di religione e fondatore del Centro Catechistico Lasalliano. Nonostante che Fratel Leone sia scomparso nel 1969, prima quindi della realizzazione del “ Progetto catechistico italiano ”, per molte sue intuizioni è di una attualità sorprendente, proprio perché è stato un catecheta “ con una indiscutibile competenza pedagogica, un carisma personale che fu inimitabile anche se vagheggiato da molti ” ( Silvio Riva, “La pedagogia religiosa del Novecento in Italia ”, Annonianum- La Scuola, 1972, p. 218 ). Riprenderò perciò alcuni dei consigli offerti da Fratel Leone in un suo opuscoletto scritto oltre settant’anni secolo fa : “ La missione del catechista : sue ... 

... doti, sua parola ”, A&C, Torino , 1939. Questo prezioso scritto, nonostante la sua datazione, influenzerà profondamente, tra gli altri , Mons. Albino Lucani, futuro papa Giovanni I, nella compilazione della sua “ Catechetica in briciole ” ( 1949 ). Sarà dunque Fratel Leone a parlarci. A me solo il compito, pur con l’imbarazzo della scelta, di proporre alcune suggestioni, offrendole in un linguaggio sintetico e corrente. Questo mi sembra il miglior modo di ricordarlo nel nostro ventunesimo secolo.

1 . La missione del catechista ( cfr. pp. 5-19 )

a)scopo importantissimo : è quello di formare dei veri cristiani ; perciò sarebbe un grave errore per i Pastori il considerare la formazione e il ruolo dei catechisti nella comunità come secondario nel loro ministero. Infatti, essi raccoglieranno né più né meno di ciò che sarà stato seminato nella catechesi. B) nobiltà : è enorme. Gli Apostoli, formati da Gesù, altro non furono se non dei catechisti che preferirono lasciare ad altri la cura delle elemosine e di altri ministeri meno importanti per conservare a se stessi solo quello della Parola. Il catechista può , a ragione, considerarsi come il Cristo prolungato, il Cristo predicatore, il Cristo del discorso della montagna e delle parabole… c) le difficoltà : sono molte. Provengono sia dal catechista stesso, sia dai destinatari, come anche dai sussidi, dal luogo degli incontri, dall’oratorio, dalle situazioni sociali, ecc. Allo zelo del catechista spesso i fanciulli e ragazzi oppongono la loro superficialità, i giovani le  difficoltà e le ribellioni delle prime passioni e dell’età critica, gli adulti l’indifferenza di chi ha visto e sentito troppe cose per poter credere con convinzione ancora a qualcuna. d) i mezzi : poiché la vocazione del catechista non si improvvisa, ad ogni difficoltà vi è una soluzione che in genere è quasi sempre un mezzo preventivo da usare, risultato di un accurato tirocinio di studi e di esperienze personali. Ad esempio : i fanciulli di distraggono facilmente ? il catechista si prepari in modo da riuscire più attraente delle cose circostanti e della stessa smagliante fantasia dei bambini. Gli adulti sono indifferenti ? il catechista arrivi a loro in ogni modo possibile : le buone relazioni personali, gli scritti, l’offerta di aiuto, il tramite dei figli che partecipano alla catechesi… Poiché catechisti non si nasce, è necessaria una buona preparazione remota negli anni giovanili, un interesse continuo per le metodologie recenti quando si è già esperti, ed infine, una preparazione prossima immediata ed accurata. Solo così i problemi causati dal luogo e dell’ora dell’incontro, dai testi e soprattutto dagli stessi destinatari, potranno essere risolti nel miglior modo possibile. E) la ricompensa : grande delusione avrà chi pensasse di ottenere un trionfo immediato di popolarità e un facile e duraturo risultato spirituale nei cuori dei catechizzanti. La migliore disposizione è di fare catechesi come una generosa fatica, preparati ad affrontare eventuali inconvenienti disciplinari, resistenze interiori e delusioni parziali o totali ; “ se poi avremo anche soddisfazioni, ne benediremo il Signore ”.

2. Le doti del catechista ( cfr. pp. 20-52 )

Secondo Fratel Leone dovrebbero essere di tre tipi : morali, professionali, esteriori. A) Doti morali : amor di Dio : infatti, scopo della catechesi non è semplicemente di istruire, ma di condurre ad una vita di fede basata sull’amore e sulla fiducia in Dio ; amore per i giovani : i catechizzandi si rendono immediatamente conto se il catechista li ama o li sopporta appena ; se si sentono amati rispondono con l’amore ; La giocondità : è la migliore dimostrazione che il catechista ama ed è contento del suo lavoro ; la fiducia : insieme alla stima per giovani è fondamentalmente per suscitare in essi il desiderio di migliorare, perché favorisce la scoperta delle loro potenzialità ; la mansuetudine : pur in situazioni difficili, deve trasparire in ogni circostanza e in tutti gli atteggiamenti del catechista : nel suo modo di correggere, nel parlare di fatti e persone, nell’affrontare particolari momenti imbarazzanti, ecc. ; la prudenza : impone al catechista un comportamento rispettoso e maturo nei rapporti con i destinatari della sua catechesi ; lo impegna in una seria preparazione degli incontri ; amore per il progresso ( inteso come capacità di rinnovamento ) : insieme a una buona dose di ottimismo, è necessario per realizzare con fiducia la non facile opera catechistica. Al catechista tuttavia è indispensabile anche un certo senso critico nei riguardi di tutte le novità metodologiche che vengono proposte, anche se con un atteggiamento aperto.

b)Doti professionali : la scienza religiosa : anche se non occorre un dottorato in teologia, certamente un’infarinatura non è sufficiente ; anzi, nell’attuale contesto socio-culturale, il catechista deve possedere anche un bagaglio di conoscenze in altri campi del sapere ( filosofia, pedagogia, psicologia, storia …). Sapere è il primo requisito, il secondo è … saper insegnare ; saper insegnare : consiste nel conoscere e nell’applicare i principi della didattica, con la capacità di suscitare interesse ; chiarezza di idee : la spiegazione catechistica deve essere condotta in modo impeccabile; se i ragazzi hanno chiesto un “ perché ”, non è logico rispondere con un “ come ”; l’arte di proporzionare : l’insegnamento catechistico deve essere adottato alle capacità e all’età dei catechizzanti, perciò occorre conoscere la loro psicologia . c) Doti esteriori : contegno e dignità della persona, nei gesti e nel parlare; semplicità e decoro nel vestire : “ la ricerca eccessiva dell’eleganza, nel vestire, nell’incedere, sembra ripugnare alla semplicità della fede che si annunzia ” 

3. La parola del catechista : nella terza parte dell’opuscoletto, Fratel Leone affronta il problema del linguaggio nella catechesi. Come uno stile suggestivo e anedottico precisa le condizioni grazie alle quali la catechesi potrà risultare maggiormente efficace : convinzioni, semplicità. Chiarezza, concretezza e modernità. Termina sottolineando l’importanza del tono di voce e del gesto di colui che parla : Conclusione . Al termine di queste brevi note che mettono in evidenza lo stile semplice ma profondo di quel catecheta che fu Fratel Leone di Maria, mi sorge una spontanea riflessione : chi sa che qualche volta gli “ insuccessi ” delle nostre catechesi non dipendano in parte dall’aver trascurato questi semplici ma preziosi consigli ? Il suo biografo , Fr. Agilberto Gatti, sottolinea : “ Il tutto, dal tono della voce al gesto, alla parola, allo scema della lezione, alle risorse didattiche, si armonizza in lui in modalità del tutto sorprendenti. Per questo Fratel Leone ha qualcosa da dire ai catechisti, a tutti i livelli . Ed è quanto egli stesso andava insegnando in ogni  parte d’Italia. Ed innanzitutto questo : che si convince di più con la testimonianza personale che con la parola, per quanto questa sia bella e scintillante. Ciò che in lui colpiva di più, era non tanto il linguaggio sciolto, appropriato, controllato, elegante, quanto la sua stessa persona dalla quale traspirava la convinzione interiore e l’elevatezza del sentire. Faceva, anzi, impressione il vedere incontrarsi in lui le non comuni doti dell’oratore di razza con la straordinaria sua umiltà e l’estrema semplicità dei modi. Inoltre egli prendeva l’apostolato catechistico davvero sul serio . Vi si applicava con cura estrema. Era attentissimo ed esigentissimo con se stesso nei momenti della preparazione. Per lui era cosa incomprensibile l’avventurarsi a parlare senza avere prima studiato il tema sotto ogni aspetto. Ci teneva moltissimo che il catechista,  sia per il rispetto alla Parola di Dio, sia per il riguardo agli ascoltatori, curasse la nettezza e la  correttezza del linguaggio, da ogni punto di vista, quello grammaticale compreso.. Ed in  questo senso era di una semplicità eccezionale ” ( Fratel Agilberto, “ Il Fratello Leone di Maria delle Scuole Cristiane”, A&C, 1970, p. 136-137 ).

Don Marcello Stanzione