Marxismo e cristianesimo

Marxismo e cristianesimoMarx è tra i pochi pensatori che hanno segnato la storia umana e hanno avuto la capacità di incidere non soltanto sull’orientamento della cultura, ma anche sulle istituzioni e quindi sul destino di milioni di uomini. Ci sono dunque anche alcuni elementi positivi nel pensiero di Marx, ciò però non giustifica la rimanente parte del suo pensiero, anzi molte sue dottrine sono state ampiamente smentite dalla critica e dalla storia successive. Marx pensava che, scomparendo l’antagonismo delle classi sociali, sarebbe cessata l’ostilità delle nazioni. Egli non si rese conto che la violenza si sarebbe in seguito installata all’interno del mondo comunista sotto forma di occupazioni militari o di feroci repressioni. Sottovalutava inoltre la forza dei nazionalismi che sono poi esplosi violentemente dopo il crollo dell’impero sovietico. Marx in tutta la sua vita fu animato da una forte passione per l’uomo. In esse la lotta coraggiosa che egli ha condotto contro il capitalismo, il liberalismo, lo stato e la religione è stata ... 

...   una lotta per l’uomo, per la sua promozione e la sua liberazione. Le sue buone intenzioni però non sono mai riuscite a trovare una adeguata espressione né sul piano del pensiero, né su quello dell’azione, perché tutto ciò che è più specificamente umano (linguaggio,pensiero, arte, religione, diritto), nel marxismo viene subordinato alla struttura economica e quindi alla materia. Per questo motivo il marxismo non è né poteva essere un umanesimo, ma fu semplicemente e crudamente un materialismo storico e dialettico. E’ antiumanista infatti una concezione dell’uomo come singolo che vuole identificare il suo essere con la dimensione economica e tecnica. Marx ha riscattato il lavoro da una visione negativa facendo vedere che esso è un’attività nobile e che anch’essa come il parlare, il pensare, il volere è attività specifica dell’uomo che contribuisce alla sua crescita e al suo sviluppo.

Ma il lavoro è per l’uomo e non è l’uomo, come ritiene Marx. Con l’identificazione dell’uomo col suo lavoro, Marx stesso ha alienato l’uomo in tutto ciò che è più propriamente suo: il pensiero,la libertà, l’amore, lo spirito. Proprio a causa della sua dottrina filosofica e della sua concezione dell’uomo della società e della storia, il marxismo non ha potuto acquistare un volto umano, ma resterà sempre ed inesorabilmente disumano. Molti giovani, specialmente nel recente passato, si accostavano a movimenti di ispirazione marxista attratti dal loro programma politico e sociale, ma ben presto, data la loro impreparazione culturale, finivano con l’aderire anche ai presupposti filosofici del marxismo e in particolare al suo rifiuto di Dio.

Tale ateismo non costituisce un aspetto più o meno accessorio o facoltativo ma è il fondamento di tutta l’antropologia marxista. Un marxista che voglia essere coerente con i principi a cui ha aderito non può essere ateo: se non lo è  quindi teista, cioè ammette il trascendente), non è un vero marxista. Ma come spiegare l’ateismo di Marx? Marx fondamentalmente è sempre stato contro il concetto di Dio della filosofia hegeliana. L’idealismo di Hegel era la filosofia della soddisfazione finale della coscienza e del pensiero nel mondo quale noi lo facciamo. Nessuno è riuscito meglio di Hegel a far addormentare del sonno del giusto i potenti e la gente prospera che la sorda inquietudine del male compiuto o acconsentito rischiava di tormentare. Contro questo universo della soddisfazione idealistica Marx si è rivoltato in nome del lavoro umano e della massa spodestata del proletariato di tutti i tempi.

Ma egli non pone solamente una giusta rivendicazione economica e sociale, non denuncia solo un certo regime di produzione; denuncia tutto il mondo che se la intende con l’idealismo hegeliano, denuncia la completa accettazione di questo mondo richiesta da una saggezza che pensa la storia a cose fatte e che si crede giunta al compimento finale. Marx non vuole saperne della soddisfazione dispensata dal dio di questa filosofia lo rifiuta. In effetti Marx ha confuso il dio di Hegel con Dio. Rifiutando il dio di Hegel egli rifiuta Dio stesso, il vero Dio esplicitamente e totalmente. Per cui più che Dio ha rifiutato un’immagine falsa e distorta di Dio  che egli era stata proposta. In Marx vi è inoltre un forte influsso di Feuerbach secondo il quale Dio aliena l’uomo. Feuerbach ne “L’essenza del Cristianesimo” afferma che l’idea di Dio ha origine da un processo di “proiezione inconscia” in base alla quale l’uomo attribuisce ad un essere a lui superiore le proprie qualità positive, o meglio, le qualità positive di tutta l’umanità, purificate dai limiti propri dei singoli individui.

Questo proiettare se stessi al di fuori di sé è. Per Feuerbach, un fatto negativo, perché priva l’uomo della coscienza del proprio valore attribuendolo a “un essere estraneo e incomprensibile”, così come lo priva della stima verso l’umanità, e quindi della solidarietà verso gli altri. Ne consegue che la religione è la separazione dell’uomo dal suo simile, l’abolizione del vincolo comune tra gli uomini; che essa “disumanizza l’uomo ed è pertanto una vera credenza distruttrice”. Marx fa proprie queste idee e va oltre Feuerbach ricorrendo ai principi del materialismo storico. L’uomo cade vittima dell’inganno religioso, egli dice, a causa della società in cui vive. E’ il disordine ingiusto dei rapporti sociali che dà luogo a quella particolare “sovrastruttura” che è la religione. La società fondata sulla proprietà  privata dei mezzi di produzione e sulla divisione del lavoro (manuale e intellettuale), composta da servi e padroni è una società alienante.”Alienare” nel vocabolario marxista vuol dire privare,sottrarre, rubare.

La società attuale è alienante perché ruba all’uomo i frutti del suo lavoro. Poiché è nel lavoro che l’uomo si realizza, che si genera come uomo, estraniare l’uomo dal suo lavoro equivale ad estraniarlo da se stesso. Quest’uomo protesta contro la propria condizione di alienato cercando una consolazione nel mondo fantastico della religione, con la fede in un aldilà ove regni l’amore e la pace, ma si tratta per Marx di un rimedio illusorio che non elimina il male, ma al contrario l’aggrava perché la religione induce a sopportare una situazione alienante che con la ribellione e la lotta armata potrebbe invece essere eliminata. Di qui l’appellativo dato alla religione di “oppio dei popoli”.

E’ quindi necessario che l’uomo si liberi dalla religione se vuole liberarsi dalla schiavitù in cui vive. Agli occhi di Marx l’alienazione religiosa costituisce il modello e la quintessenza di ogni alienazione, in modo tale che i due termini di alienazione e religione sono per lui quasi sinonimi. La strada più sicura per eliminare la religione non è quella dello scontro frontale che,come noterà più tardi Engels, può rischiare, facendo dei martiri, di prolungarne l’esistenza, bensì quella della lotta indiretta.

Per Marx gli uomini sopprimeranno la loro limitatezza religiosa non appena avranno soppresso i loro limiti terreni. Sarà quindi l’effettiva soppressione di ogni alienazione a ricondurre l’uomo dalla religione alla sua autentica esistenza umana. Marx inoltre affermò che l’esperienza storica prova che da 1800 anni l’amore cristiano non si rivela operante e che non è assolutamente in grado di trasformare il mondo e di fondare il regno di Dio perché il Cristianesimo non fornisce la forza reale per le riforme sociali.

Questo amore cristiano si esprimerebbe in frasi sentimentali che non possono sopprimere dei rapporti reali; il Cristianesimo per Marx addormenta l’uomo nutrendolo con una tiepida brodaglia sentimentale. C’è da osservare da parte nostra che all’origine della teoria della religione come “illusione” vi è una scelta pregiudiziale fondamentale ossia il porre attenzione all’uomo religioso piuttosto che alla religione in se stessa. A Marx interessa il comportamento dei cristiani, l’incidenza della fede nella loro vita, gli aspetti sociologici e psicologici della loro appartenenza alla Chiesa, non invece il messaggio che la Bibbia e il magistero della Chiesa propongono. Marx guarda alle spalle dei cristiani: al di là delle loro parole e delle loro convinzioni, cerca di scoprire quali interessi e quali motivazioni più o meno inconsapevoli possono stare a fondamento della loro fede. Non si lascia interpellare dagli interrogativi e dai giudizi che il Vangelo propone: il Vangelo è fuori gioco fin dall’inizio. Comunque, anche in questo caso, la tiepida brodaglia sentimentale contro cui Marx si scaglia è una specialità della religione addomesticata dello stato hegeliano.

Marx fu un ateo convinto, egli proclamò più ancora che una nuova analisi sociale o un nuovo modo di organizzare la produzione, un nuovo uomo e un mondo nuovo. Perciò il suo insegnamento funziona in pratica in ogni aspetto come una religione. Alcuni studiosi a tal proposito parlano del marxismo come di una religione secolare che, se pur nega la trascendenza, tratta l’immanenza, la materia, divinizzandola. Il grande filosofo francese Maritain considera il comunismo come una eresia del Cristianesimo. C’è di fatto che un buon numero di ideali marxisti sono identici agli ideali di Cristo: Marx infatti ha ricordato ai cristiani del XIX secolo il loro compito nel mondo che molti di essi avevano dimenticato.

Il professor Eric Voegelin, ha studiato la Gnosi come ispiratrice dei vari movimenti politici, che hanno avuto luogo nel XIX-XX secolo, e specialmente il marxismo dal quale è nata la rivoluzione comunista. “Marx- egli scrive- è uno gnostico speculativo. La natura è in uno stato di divenire e nel corso del suo sviluppo ha prodotto l’uomo. “L’uomo è direttamente un essere di natura” (C. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, in Opere filosofiche giovanili, Editori Riuniti, Roma, 1963). L’obiettivo è di dissociare il processo dell’essere dall’Essere trascendente e di fare dell’uomo la creazione dell’uomo stesso. Per Marx nella sua Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico (in “Opere filosofiche giovanili”, Editori Riuniti, Roma, 1963), come per Nietzsche, l’opus magico presuppone l’assassinio di Dio. La critica della religione è il presupposto di ogni critica. L’uomo crea la religione; la religione non crea l’uomo. L’uomo, che cercava un superuomo o un “oltre-uomo2 nell’immaginaria realtà del cielo, ha trovato invece solo un riflesso di se stesso. L’homo novus marxiano è un uomo che ha riportato Dio nel suo proprio essere umano. “L’uomo nuovo, come il superuomo di Nietzsche, è l’uomo che si è fatto Dio”. Voegelin ritrova in Marx, Nietzsche e Comte le caratteristiche comuni dello gnosticismo:

1°) lo gnostico è insoddisfatto del mondo in cui vive e di sé;

2°) la causa principale di tale malessere è il mondo che è intrinsecamente deficiente e perverso;

3°) l’uomo può salvarsi, da sé, dal male del mondo;

4°) l’ordine dell’essere, l’effetto che dipende dalla causa, l’essere per partecipazione che dipende dall’Essere Stesso Sussistente, dovrà essere distrutto nel corso di un processo storico, che farà evolvere un mondo nuovo e buono o migliore da un mondo cattivo e deficiente;

5°) l’atto salvifico, ossia il cambiamento dell’essere, che fa risalire dal contingente al Necessario, dal caduco all’Eterno, dall’uomo-creatura a Dio-Creatore è possibile grazie alla pura forza dell’uomo o, meglio alla sua conoscenza salvifica o gnosi, che da creatura lo trasforma in “creatore”. Come si vede tutti questi elementi li ritroviamo nel neo-marxismo di Bloch e nella teologia utopistico-immanentistica di Metz, così come nell’evoluzionismo creatore di Teilhard, padre del neo-modernismo. Ogni scuola gnostica ha, però, un suo metodo salvifico: per Marx è la lotta di classe, per Nietzsche è il superuomo, per Comte è la società industriale, sotto la direzione dei manager e degli intellettuali positivi; per il neo-marxismo di Bloch è il dialogo con il neo-cristianesimo o neo-modernismo; per il neo-modernismo teilhardiano è l’evoluzione creatrice che dalla materia si eleva fino al “Cristo cosmico”. Sostanzialmente, il messaggio di Marx e riassumibile in questi punti:

a) no allo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo stesso;

b) occuparsi degli oppressi e degli emarginati il cui stato pietoso,dato i meccanismi perversi della rivoluzione industriale, erano particolarmente tristi;

c) produrre cibo e beni materiali sufficienti per tutti;

d) realizzare l’uomo e tutte le sue abilità creative. Marx si augura per l’umanità che essa si evolva in una società nuova e perfetta (quella socialista) dove la gente possa vivere insieme in pace ed armonia, senza avidità e invidia, senza più essere egoista ma orientata ad una vita di comunità. Possiamo affermare allora che tra Cristo e Marx vi è un certo cammino parallelo. Tuttavia, il miglior scopo può fallire se non c’è abbastanza luce sulla via. Spinto anche dal cattivo esempio di quelli che si dicevano cristiani, Marx non riconobbe quella che poteva e doveva essere la luce del cammino da lui delineato: Siccome la religione che egli conobbe dava un’idea di astrattezza, egli giunse alla conclusione che la religione oltre che inutile era anche dannosa e ogni credenza in Dio era solo “oppio dei popoli”.

Negando Dio, Marx dovette crearsi i suoi piccoli dei. Egli pretese così che la sua dottrina offrisse una risposta completa ed esauriente ai maggiori problemi umani, non lasciò spazio per opinioni e analisi differenti dalle sue (il Marxismo è infatti totalitarista ed intollerante, un esempio di ciò è la persecuzione che fu fatta dei dissidenti in ex- URSS).

Marx ignora la vera dignità dell’uomo: egli infatti lo vuole libero da tutte le strutture oppressive e dalla alienazione, l’uomo cioè dovrebbe poter sviluppare tutte le sue capacità creative e non essere angustiato da preoccupazioni materiali. Tuttavia, negando Dio, Marx non comprende l’unica e speciale dignità che solo Dio può garantire e così negando Dio rende l’uomo piccolo e miserabile. Non dovremmo dimenticare che Marx reagì contro l’individualismo capitalista del suo tempo, si levò contro le quasi assolute pretese dell’individuo “liberale” e sottolineò l’importanza dell’uomo come essere sociale.

Con i seguaci di Marx, ad esempio Lenin, il valore dell’individuo divenne ancora minore: tutto ciò che contava per Lenin era il “collettivo”, il “gruppo”, l’uomo come “specie”. Per Cristo invece l’uomo nuovo è modellato ad immagine di Dio, amato da Dio, accettato da Dio. La sua dignità è basata su Dio e legata a Dio. Né il colore della pelle , né l’infermità fisica o mentale, né la miseria, né le catene possono distruggere questa dignità data da Dio e rinnovata in Cristo. Solo se questa dignità data da Dio alla persona viene da questa liberamente accettata, una reale “comunità” può crescere insieme. In caso contrario un gruppo di persone diventa una massa anonima e collettiva. Marx ha una visione utopica  dell’ideale dell’uomo nuovo: questi, tuttavia, è già divenuto realtà in Cristo, Egli è più dell’uomo nuovo che Marx aveva sognato.

Cristo è completamente libero, agisce dall’interno, conosce e sa che cosa è bene. Cristo non sfruttò gli altri, piuttosto offrì se stesso in un continuo atteggiamento di amore verso gli altri al punto di essere crocifisso per noi. Gesù ha spezzato le catene dell’egoismo e della avidità vivendo per i suoi fratelli come Dio desiderava che facesse. Ha dimostrato così la via per una nuova società: una comunità di comunione fraterna guidata dalla capacità più affascinante dell’uomo: l’amore. Cristo ha superato l’ultima alienazione dell’uomo che è la morte, perciò, negando e ignorando Cristo, l’uomo diviene piccolo e completamente alienato dal suo fine ultimo che è la vita in abbondanza. Nella società socialista finale tutti saranno uguali, ognuno riceverà quello di cui ha bisogno per vivere bene e sviluppare tutte le capacità presenti in se stesso.

La giustizia sarà garantita per tutti, tuttavia la visione dell’uomo nuovo richiede più giustizia: presuppone un cambiamento del cuore che renda capaci le persone di “condividere”. Per Marx questa condivisione è forzata in quanto inizialmente sarà attuata con la forza della rivoluzione e sarà sostenuta poi dalle nuove strutture economiche e sociali. Ma qui siamo giunti proprio al cuore del programma pratico di cambiamento e della “rivoluzione di Cristo”.Gesù infatti mise in pratica quello che predicò nella vita di tutti i giorni. Non ammassò ricchezze alle spalle di altre persone, e praticò la condivisione fraterna durante tutta la sua vita. Era disponibile alla gente, al punto di non avere talvolta neppure tempo per mangiare (Mc. 3,20). Cristo e i suoi apostoli avevano persino un fondo comune di cui Giuda era il custode (Gv. 12,6). >I primi cristiani continuarono l’esempio del maestro: essi erano “un cuor solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune” (Atti, 4,32).

L’ideale della condivisione fraterna è continuato nei monasteri e nei conventi cristiani, nei istituti religiosi, nelle comunità di base (come Nomadelfia) dove nessuno dice sua proprietà ciò che ha, ma tutto è considerato cosa comune. Marx nega che ci sia il male all’interno dell’uomo, egli ritiene che l’uomo è avido e malvagio a causa delle strutture oppressive che stanno al di fuori e intorno a lui quando queste strutture inique, come il lavoro salariato, saranno abolite, l’uomo diventerà buono, generoso e portato alla condivisione.

Cristo tuttavia è più realista di Marx. Egli infatti non ha paura di dire: “Dal di dentro infatti, cioè dal cuore dell’uomo, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza, tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo” (Mc. 7, 21, 23). Marx non si accorge che l’uomo è schiavo dal di dentro. Rompere le nostre catene ed aprirci con amore ai fratelli; questo è il messaggio di Cristo che si è incarnato e ha dato la vita per amore.

Perciò, il cambiamento radicale del cuore umano sotto l’influsso della grazia santificante di Dio è il punto di partenza di Cristo per donare a tutti il suo regno. Marx poi negando Dio si precluse ogni risposta ad una delle domande fondamentali dell’uomo: che cosa è la morte? Naturalmente Marx che era prevalentemente un economista non scrisse un manuale religioso e quindi non si interessò alla morte. Proprio per questo, egli diffuse una visione di una nuova umanità che includeva come ultimo scopo dell’uomo quello di vivere in una perfetta società comunista e menzionò la morte solo due volte nei suoi numerosi libri. La spiegazione marxista della morte ignora le aspirazioni e le speranze dell’individuo e degrada l’uomo ad un “essere della specie”.

La morte, per un marxista, è la condizione necessaria perché l’uomo, come specie, possa progredire. In termini dialettici la morte è vista come “la condizione della vita stessa, poiché nell’eterna lotta fra forze contrarie, la morte è il modo con cui il nuovo si afferma contro il vecchio, ogni forma di esistenza nasce da un’altra che quindi distrugge”. Tale visione null’altro rappresenta che una regressione ad un nebuloso collettivismo. Dopo un periodo di molte migliaia di anni l’umanità – grazie alla rivelazione cristiana – è divenuta conscia del valore speciale della persona umana. La fede nella Resurrezione dell’uomo in Dio è il solo futuro dell’uomo che è degno del valore speciale della persona.

Per il Cristianesimo l’ultimo stadio dello sviluppo dell’uomo dopo la sua vita storica legata allo spazio e al tempo è la Resurrezione. Dio Padre gradì l’amore ablativo di Cristo e lo risuscitò al terzo giorno. La Resurrezione di Cristo ci mostra che l’uomo può vivere in pienezza solo se accetta pienamente Dio perché solo Dio può realizzare l’uomo. L’uomo deve accettare con umiltà e realismo il fatto che non può salvarsi da se stesso, ma questo dono gli viene dall’alto. La Resurrezione è per gli amici di Dio lo stadio finale ed è solo partecipando alla vita della Trinità che vi è la più alta realizzazione dell’uomo.

Don Marcello Stanzione