Santa Teresa de Los Andes e gli Angeli

Santa Teresa de Los Andes e gli AngeliGiovanna Enriqueta Josefina de los Sagrados Corazones Fernandez Solar nacque a Santiago, in Cile, il 13 luglio 1900, da Miguel Fernandez Jaraquemada e Lucìa Solar Armstrong, coppia devota e facoltosa. Giovanna visse un’infanzia felice e piena, s’interessava di sport e musica ed era portata all’amicizia. Si disse di lei che aveva ereditato il temperamento della madre, vivace ed energico, ma anche impaziente e talvolta caratterizzato da violenti scoppi d’ira; secondo alcuni era piuttosto vanitosa e arrogante ed è interessante che ella, più avanti, abbia definito l’orgoglio il suo difetto più assillante. Giovanna partecipava quotidianamente alla Messa nella cappella di famiglia, mostrando un’intense devozione, soprattutto verso Gesù e la Vergine. Più tardi scriverà che era solita “dirle tutto e lei parlava con me in maniera chiara e distinta” Riceveva la comunione ogni giorno e, nel 1914, visse un’esperienza spirituale durante la quale il Signore parve chiederle di accettare il suo dolore ... 

...  (all’epoca soffriva d’appendicite) in memoria della passione per unirsi più strettamente a lui. A quindici anni, col permesso del suo confessore, fece voto di castità e, dopo avere letto la “ Storia di un’anima” di S. Teresa di Lisieux (1 ott.), cominciò a pensare di divenire carmelitana. Scrisse allora nel suo diario : “Sono di Dio. Egli mi ha creato ed è il mio principe e la mia fine. Se devo diventare totalmente sua, devo compiere il suo volere. Se, in quanto mio Padre, conosce presente, passato e futuro, perché non mi abbandono a lui con totale fiducia? D’ora in avanti mi metto nelle tue mani divine: fa di me ciò che vuoi”.

Entrata nei Figli di Maria, aiutò a insegnare il catechismo in parroccia e fu impegnata in  opere di carità, mostrandosi soprattutto interessata ad aiutare i bambini poveri. Fu attratta per un certo periodo dalla vita delle suore del Sacro Cuore, che dirigevano scuole per poveri e lavoravano come missionarie in vari Paesi. Leggendo però le “Vite” di S. Teresa d’Avila (15 ott.) e della B. Elisabetta della Trinità (8 nov.) si convinse sempre più che sarebbe dovuta divenire carmelitana “per imparare come amare e come soffrire”, cose che fece a diciannove anni entrando nel Carmelo della città di Los Andes.

La casa era molto povera e piuttosto malandata, senza elettricità e servizi igienici, ma Giovanna fu attratta dalla stretta osservanza delle suore, dalla semplicità delle loro vite e dalla loro palese felicità. Prese il nome di Teresa di Gesù come la grande riformatrice Teresa d’Avila, offrendo se stessa, alla maniera carmelitana, per la santificazione dei sacerdoti e il pentimento dei peccatori.

In alcuni appunti autobiografici scrisse: “Credo che la santità consista nell’amore. Voglio essere santa, perciò mi donerò all’amore (…). Chi ama non ha altro desiderio che quello dell’Amato (…). Voglio offrirmi costantemente come vittima così da diventare come colui che ha sofferto per me e mi ama”.

I suoi scritti mostrano una persona la cui vita fu centrata sul Vangelo e il cui motto spirituale potrebbe essere riassunto in : amore, sofferenza, preghiera e servizio. Scrisse: “Gesù è la nostra gioia infinita” ed entrando nel Carmelo dichiarò che nella possibilità di dedicarsi totalmente a Dio aveva già trovato il paradiso in terra.

La sua vita interiore si sviluppò ulteriormente, ed ella raggiunse con regolarità le più alte vette della preghiera contemplativa. Cominciò a dedicarsi all’apostolato scrivendo lettere dal contenuto spirituale a molte persone, fino a quando, nella Settimana Santa del 1920, si ammalò di tifo. Morì, dopo alcuni giorni di sofferenza, il 12 aprile, dopo avere professato sul letto di morte i voti perpetui.

La sua causa fi aperta nel 1947 e portò alla beatificazione nel 1987, e alla canonizzazione nel 1993. Il suo culto è molto diffuso e la sua tomba è visitata ogni anno da circa 100.000 pellegrini. Talora è chiamata la “piccola santa” americana a imitazione della santa carmelitana che aprì la “piccola via” della santità, S. Teresa di Lisieux. S. Teresa de Los Andes si sentirà personalmente associata agli Angeli, a questi liturgici celesti, primi ammiratori entusiasti dell’opera divina di creazione e redenzione cosmica, nella vita monastica, denominata, fino dalle sue origini, “vita angelica”.

Questo appellativo non vuole certo significare che i monaci e le monache sono Angeli; bensì mettere l’accento sulla precipua finalità della vocazione monastica, che è imitazione, per quanto è possibile in terra, nella limitatezza della natura umana corrotta, dell’ufficio di adorazione e di lode divina degli Angeli in Cielo. La Santa cilena incontrerà i celesti Cantori principalmente nella recita dell’Ufficio divino, la Liturgia delle Ore, che ella chiamerà “l’Ufficio di Angeli”. “Cantare l’Ufficio significa fare quello che fanno gli Angeli in Cielo: (esso) è il grido incessante che la Chiesa innalza a Dio. Noi, le contemplative, siamo incaricate di pregare per il mondo. Quando stiamo in Coro, siamo già Angeli che lodano Dio: facciamo parte del concerto angelico e le nostre antifone sono strofe della pura e divina poesia. Non siamo in quei momenti gli Angeli che cantano davanti al tabernacolo per consolare Gesù nella sua triste prigione?”

Anche Gesù, il primo adoratore del Padre “canta…egli eleva, insieme alle sue spose, il grido puro e supplichevole per il mondo al suo eterno Padre”. La lode incessante degli Angeli, partecipata dalle creature umane, assunta e offerta all’Altissimo dall’Uomo- Dio, è perfetta e diviene sorgente di grazia divina per l’intero universo. In questo clima liturgico di particolare sacralità, S. Teresa de Los Andes si immerge con tutto il suo entusiasmo giovanile e la sua natura fortemente sensibile ad esclamare: “Quando sto in coro a cantare le lodi della SS.ma Trinità, mi credo in Cielo” Allora quella gioia, di cui aveva fatto uno speciale proponimento nella sua adolescenza per amore di Dio e del prossimo, si trasforma in una traboccante felicità, che l’invade tutta: “Oh, se potessi per un istante sentirti ricolmo di felicità come mi sento io! Scrive al fratello Luis- Credimi che mi domando ogni momento se sono in Cielo, poiché mi sento avvolta in un’atmosfera divina di pace, di amore di luce, di gioia infinita”.

Sulla scia di questa giovane e ardente Santa del continente latino-americano, vogliamo anche noi, ciascuno al posto assegnatogli dalla Divina Provvidenza, partecipare, col cuore e con le labbra, al concerto angelico di lode e di ringraziamento a Dio, nella gioiosa consapevolezza di essere tutti, dall’alba al tramonto della vita, oggetto del suo infinito amore paterno.

Don Marcello Stanzione