Il Catechismo Tridentino e gli Angeli

Il Catechismo Tridentino e gli AngeliA tre anni dalla fine del Concilio Tridentino, nel 1566, quindi ben 545 anni fa, viene redatto il “Catechismo del Concilio di Trento ad uso dei parroci”.  Il Catechismo è stato chiamato anche Catechismo di san Pio V, Catechismo Romano, Catechismo Tridentino o Catechismus ad parochos. Per molti secoli è stato l’unico catechismo che era sia frutto di un Concilio ecumenico con autorità papale e sia con carattere ufficiale per tutta la Chiesa : è stato veramente un’eccezione tra i catechismi. Inoltre è stato raccomandato da numerosi Sinodi e Concili locali. Fu pubblicato con l’idea di controbilanciare l’influsso dei catechismi protestanti e di contribuire all’educazione della fede nel popolo cristiano. La caratteristica principale di questo Catechismo è l’assenza di qualsiasi discussione di scuole teologiche. Riflette il pensiero della Chiesa, basato sulla Scrittura, sulla patristica e sul pensiero di Trento, facendo proprie le linee della migliore teologia. E’ privo di carattere polemico. Non si tratta di un Catechismo per il popolo ... 

...  (anche se a Trento si parlò di questo). E’ uno strumento che affianca la formazione teologica dei parroci nelle istruzione che devono fare il popolo. E’ privo però di caratteristiche pedagogiche che ne facilitino l’uso da parte dei parroci nella predicazione o nella Chiesa.

Una delle appendici maggiormente ripetute è quella che distribuisce la materia del Catechismo in vista della predicazione. Il clima polemico richiedeva però altri strumenti. Quindi l’influsso sul popolo cristiano è stato piuttosto indiretto.

Altri catechismi più popolari e più polemici hanno avuto un influsso più diretto.

Il prologo indica la struttura cristologica dell’opera: l’uomo non può procurarsi da solo la salvezza. Essa viene da Cristo e viene data a chiunque lo segue ascoltandolo nella Chiesa. La materia è divisa in 4 parti: credo, sacramenti, comandamenti, preghiera.

Ogni parte è isolata dalle altre. Anche se il prologo assicura che si tratta di una divisione tradizionale, in realtà la successione delle parti è diversa. Seguendo la struttura trinitaria del Credo, il Catechismo ne spiega articolo dopo articolo e parola per parola. I Sacramenti sono trattati singolarmente con una breve introduzione generale.

I Comandamenti, nell’ordine abituale, non comprendono i precetti della Chiesa. Infine la Preghiera in generale ha un’ampia trattazione che precede la spiegazione di ogni domanda del Padre nostro. Il Catechismo è espositivo. Viene accentuato l’aspetto della fede come “professio”, più che l’atteggiamento personale.

La Chiesa viene maggiormente messa in rilievo a causa della polemica (antiprotestante). Così pure i suoi aspetti visibili ( gerarchici) e cultuali (sacramenti). Nel Catechismo Tridentino qualche accenno importante agli Angeli viene fatto. Questi accenni, sebbene poggino totalmente su di una tradizione ormai avallata dal sentire popolare, quella della devozione all’Angelo Custode, confermandola, la incoraggiano e le permettono un respiro ancor più ampio.

Agli Angeli espressamente il Catechismo tridentino riserva un solo paragrafo di poche righe,intitolato “De creatione angelorum”, che così recita: “Dio trasse dal nulla il mondo spirituale e gli angeli innumerevoli, perché gli fossero ministri assidui, arricchendoli poi con i doni ineffabili della sua grazia e del suo alto potere”.

E’ soprattutto nella quarta parte del Catechismo tridentino, quella dedicata all’orazione domenicale, che si parla più diffusamente degli Angeli e nei modi in cui sarà poi sviluppato la devozione agli Angeli: “Sembra opportuno dire qualcosa sulla custodia degli angeli, sotto la cui tutela si trovano gli uomini. Per volere divino è affidato agli Angeli il compito di custodire il genere umano, e di vegliare al fianco di ogni individuo, affinché non lo colpisca troppo grave danno.

Come i genitori scelgono delle guide e dei sorveglianti per i figlioli che affrontano un viaggio per un sentiero pericoloso ed insidioso, così il Padre celeste, nella via che mena alla patria dei cieli, assegnò a ciascuno di noi degli Angeli, perché noi fiancheggiati dal loro solerte appoggio, evitassimo i tranelli tesi dal nemico, respingessimo i suoi temibili attacchi sotto la loro guida, non smarrissimo la retta strada e nessun inganno tramato dall’avversario insidioso, ci spingesse lungi dal cammino che mena al paradiso.

Quanto sia preziosa questa singolare cura e provvidenza di Dio per gli uomini, affidata al ministero degli Angeli, la cui natura appare intermedia fra quella di Dio e quella degli uomini, emerge dai copiosi esempi delle divine Scritture. Esse attestano come, spesso, per benigno volere di Dio, gli Angeli compirono gesta mirabili al cospetto degli uomini.

Tali esempi ci fanno persuasi che innumerevoli atti del medesimo genere sono compiuti dagli Angeli, tutori della nostra salvezza, utilmente e beneficamente, per quanto fuori dalla percezione dei nostri occhi.

L’angelo Raffaele, ad esempio, per volere divino unitosi quale compagno e guida nel viaggio a Tobia, lo condusse e ricondusse incolume (Tb. 5, 5). Lo salvò dalla voracità del pesce smisurato, mostrando poi tutte le virtù contenute nel fegato, nel fiele e nel cuore di esso (Tb. 6, 2). Cacciò il demonio, e, vincolatane la forza, fece sì che non nocesse a Tobia (Tb. 8, 3). Fu l’angelo Raffaele che ammaestrò Tobia sui doveri del matrimonio (Tb. 8, 4-16).

Infine ridonò la vista al padre di Tobia (Tb. 11, 8-15). Similmente l’Angelo che liberò il Principe degli Apostoli, offre bene il destro per istruire il pio gregge circa i mirabili frutti della vigilanza e della custodia angelica.

Potranno i Parroci evocare la figura dell’Angelo che scende a illuminare le tenebre del carcere, che desta Pietro dal sonno toccandolo al fianco, scioglie le catene, spezza i vincoli, impone di seguirlo, dopo avergli fatto prendere i calzari e gli indumenti; e ricordare come, dopo aver fatto uscire libero Pietro dal carcere in mezzo alle sentinelle, aprendo la porta, lo condusse in luogo sicuro (Atti 12).

Numerosi sono gli esempi di questo genere, come abbiamo detto, che la Storia sacra registra”.

Don Marcello Stanzione