Grotte consacrate al culto di San Michele

Grotte consacrate al culto di San MicheleLa provincia di Salerno, come del resto tutta l’Italia,  è costellata di grotte dedicate a San Michele. Nei pressi di Olevano sul Tusciano (Sa) sulla riva destra del fiume Tusciano, a circa 650 metri sul mare, si trova la grotta detta comunemente “dell’Angelo” e nelle rientranze della roccia, sono state costruite ben sette chiese che risalgono tutte al IX sec. E molte di queste contengono degli affreschi stupendi. Gli affreschi che decorano le pareti, riportati alla luce, tipiche iconografie bizantine, hanno sicuramente un elevato valore artistico in una zona che presenta tracce di tutte le civiltà che si sono succedute nel Mediterraneo. Il ciclo più importante delle immagini affrescate è quello “cristologico” accanto al quale è possibile riconoscere quello “petrino”. Delle sette cappelle una volta esistenti, solo cinque sono ancora intatte e presentano caratteristiche tali da costruire un interessante quesito nella documentazione della storia della’architettura italiana medioevale. A circa 2 Km. Dall’abitato di ...

...   Raviscania (Caserta), alle falde meridionali della collina del Castello, si accede alla grotta di San Michele lunga m. 25 e larga m. 11,5. La grotta, esplorata soltanto pochi anni fa, ha l’spetto di una piramide inclinata, nel cui vertice vi è un foro che lascia penetrare una fioca luce.

I Longobardi utilizzarono questa grotta come un Santuario rupestre dedicato a San Michele Arcangelo, realizzando al suo interno una vera e propria chiesa formata da un tabernacolo con una volta sorretta da 4 pilastri, che ricopre un piccolo altare in muratura piccole nicchie che contenevano statuette o immagini sacre e una vasca circolare che costituiva il fonda battesimale.

La cappella antistante l’entrata è della rima metà del XVIII sec. E al suo interno c’è una statua di San Michele, presentato come un guerriero alato, che regge nella mano sinistra la bilancia per il giudizio delle anime e nella destra una spada con la quale colpisce un drago, simbolo della ribellione a Dio.

Nel vallone di San Michele, a circa 2 Km. dal centro abitato di Avella (Avellino) , vi è la chiesa rupestre che domina il corso del fiume Clanio; grotta chiaramente eremitica. Ad attestarlo vi è una tomba destinata, forse all’ultimo eremita, collocata sulla destra della scalina che porta al piano di calpestio, così voluta per crearvi un altare di cui oggi non rimane che una base rettangolare.

In età più tarda, tra il XIII ed il XIV sec., come sembra dai dipinti, c’è l’angolo più suggestivo del sacro luogo, una cappella, cui si volle dare una decorazione pittorica sia all’esterno che all’interno. Al centro della grotta si trova la cappella dell’Arcangelo Michele.

La cappella presenta a nord una sorta di trichora rialzata che ospita l’antico altare ed è fiancheggiata a nord- est da una absidiola che potrebbe aver svolto le funzioni di prothesis. Sulle pareti della grotta si conservano interessanti affreschi che sui datano dall’XI – XII sec. Fino al XVII sec.

La grotta di San Michele di Caselle in Pittari (Sa) è un complesso carsico sviluppatosi sul versante meridionale del Monte San Michele. La grotta si apre verso sud-ovest si trova ad un’altitudine di 600 metri circa ed è raggiungibile percorrendo una mulattiera abbastanza comoda che si diparte dall’abitato e raggiunge un ampio prato, dove un tempo si ergeva un’Abbazia bizantina.

Questo spazio è una sorta di atrio per accedere alle due grotte naturali che da tempi remoti sono votate a luogo di culto. Le due grotte sono interessanti sia per la presenza di concrezioni, ma soprattutto per la presenza di manufatti probabilmente molto antichi fra cui bassorilievi e un’acquasantiera in pietra.

La grotta di San Michele possiede due cunicoli laterali dietro l’altare e anche in questi si trovano grosse concreazioni forse usati un tempo come altari. L’ingresso è chiuso da un cancello in ferro ed immette su un’ampia galleria lunga circa 10 m., con la volta costituita da una superficie di strato. Alla fine di questa galleria si sviluppa una sala a morfologia piuttosto irregolare, alla quale è stato addossato l’altare votivo.

Nei pressi del fiume Triste ad un’altezza di 740 m. sorge il comune di Liscia (Chieti), tipico borgo medioevale che nel sec. XII entrò a far parte del territorio di Monteodorisio.

In un ambiente rupestre, immersa in un particolare e suggestivo scenario naturale, si trova l’antichissima “Grotta”, ricca di stalattiti, con una sorgente naturale dove si recano i devoti di San Michele per bere un  po’ d’acqua che si ritiene abbia proprietà miracolose.

La leggenda racconta che un mandriano di Palmoli, portando la sua mandria al fiume per abbeverarla, notò un torello che scompariva ogni giorno per ritornare solo la sera. Incuriosito decise di seguirlo e scoprì, con grande sorpresa, che l’animale arrivava fino a una grotta nascosta nella vegetazione e lì si inginocchiava in adorazione di San Michele. Preso da devozione anche il pastore si inginocchiò e l’Arcangelo compì il miracolo di far sgorgare l’acqua per dissetarlo.

Una variante al racconto vuole invece che fosse San Michele stesso ad assumere le sembianze del torello e , fatto oggetto di un colpo di fucile, avrebbe prodigiosamente fermato il proiettile. La grotta in fondo un altarino con l’immagine dell’Arcangelo in un quadretto illuminato da una lucerna ad olio.

La grotta di San Michele Arcangelo sul monte Gargano è singolarissima, sia per l’origine che per l’ubicazione: è davvero un luogo impressionante, come afferma un’iscrizione latina posta all’ingresso, sul portale destro che introduce alla grotta: “Terribilis est locus iste – hic domus dei est – et porta coeli.

Per raggiungere la grotta di S. Michele sul Gargano si scendono gli 86 scalini della scalinata di pietra, si oltrepassano le porte di bronzo e si raggiunge la grotta. Superato di pochi passi l’altare di S. Francesco, si apre davanti ai nostri occhi la grotta dell’Arcangelo, uno spettacolo unico nel suo genere, una caverna dall’irregolare volta rocciosa.

L’interno di questa grotta testimonia con i suoi diversi elementi la sua secolare storia. Dietro l’altare, domina la statua di S. Michele. La grotta celeste è un vero spettacolo per gli occhi:le sfumature di colore che si riflettono sul marmo e sul brono delle statue e delle rifiniture riescono davvero a lasciare il fedele senza fiato. La Chiesa non consacrò mai ufficialmente la grotta, ma non perché non le venisse riconosciuto il valore sacro, infatti, era già stata consacrata da S. Michele attraverso le sue ripetute apparizioni.

La Grotta di S. Michele o S. Angelo ad Guttam, a Camigliano (Caserta), si apre sul versante sud del monte Maggiore. La grotta, quasi certamente d’origine vulcanica, è formata da un piano superiore a forma d’imbuto rovesciato. Sotto l’alta volta, da cui pendono numerose stalattiti si erge un baldacchino di pianta quadrata, alta 3,50 metri che poggia sulla parte destra della parere rocciosa. E’ costituita da quattro pilastri angolari tra i quali si aprono tre archi a tutto sesto, mentre il quarto è cieco.

Il tetto piatto ha una copertura in tegoloni di cotto. Un altare rustico è posto sotto l’arco rivolto verso il fondo della Grotta. Al di sopra dell’altare, su un muretto è posto un piccolo quadro raffigurante S. Michele.

Valore ben maggiore ha invece un affresco che si trova sotto un arco cieco raffigurante la Madonna col Bambino e ai lati la figura di un santo e quella di San Michele che bandisce in alto la spada con la destra, mentre con la sinistra tiene il filo con cui pesa un’anima. Molto delicato il profilo del volto di S. Michele con i capelli color rame adagiati sulle spalle coperte da un manto rosso annodato sul petto.

Nella base della collina di Varano a Castellamare di Stabia (Na) , dove sorgeva il nucleo principale dell’antica Stabia, si trova una cripta, comunemente conosciuta col nome di Grotta di San Biagio, lunga 27 m. e larga 2,80 m. Dopo un breve vestibolo di circa 6 m. di profondità inizia la galleria con quattro nicchie cieche, su ciascun lato. Essa è decorata con diversi strati di affreschi nei fondali, negli archivolti e nelle pareti intermedie del lato sinistro, quelli più antichi potrebbero datare al X sec. E quelli più recenti alla prima metà del ‘ XI sec.

I dipinti mostrano i tondi di Cristo con il nimbo accompagnato dagli Arcangeli Michele e Raffaele, San Giovanni Evangelista e Santa Brigida, la Vergine in trono con il Bambino Gesù, i Santi Pietro e Giovanni, i Santi Benedetto e Renato.

E’ probabile che questa grotta sia stata in origine un ipogeo sepolcrale di una nobile famiglia romana. Quando i benedettini vennero a Stabia, l’ipogeo fu convertito in una grancia o cella, la quale divenne ben presto un centro di diffusione del culto di S. Michele in relazione al santuario sul Monte Aureo o Gauro (oggi Monte Faito).

I pellegrini, prima di ascendere sull’alta cima del Monte Aureo, si recavano a venerare S. Michele in questa grotta. Tra gli anfratti naturali di un paesaggio artistico in Gravina (Bari) ricavata nella roccia carsica (tufo), si trova la famosa chiesa – grotta dedicata all’Arcangelo Michele, certamente la prima cattedrale di Gravina che risale intorno all’anno 1000.

Attraverso una scala di tufo, si accede al piano superiore e attraverso un corridoio non molto largo, alla chiesa – grotta. La volta, formata da una sola pietra monolitica e piana, è sorretta da 14 pilastri che congiungendosi formano archi rudimentali. Sul fondo termina con absidi appena abbozzate, le cui pareti mostrano ancora affrescati un Cristo Pantocratore e Santi. Sugli altari, naturalmente di epoche successive, sono collocate la statua in pietra del Gargano di S. Michele , al centro, e quelle in gesso degli Arcangeli Gabriele e Raffaele ai lati.

A pochi Km. Ad ovest di Cagnano Varano (Foggia), sulla strada che va a San Nicola Imbuti e a Capoiale, la segnaletica stradale indica la Grotta di San Michele. La storia di questa grotta e di come sia diventata luogo dedicato all’Arcangelo Michele non è nota.

Un documento del 1504 e rari accenni più recenti, raccolti qua e là, che pare si riferiscano alla Grotta, ci dicono che essa fu luogo di culto da tempi antichissimi, visto che anche uno scrittore ecclesiastico accorto e puntuale, come Pompeo Sarnelli, nella sua Cronologia dei vescovi Sipontini, pubblicati nel sec. XVII, identifica nella grotta di San Michele l’omonima chiesa esistente nei pressi di Cagnano varano.

La grotta si presenta come una caverna dal pavimento reso viscido dallo stillicidio, e dalla volta occupata da numerose concrezioni calcaree. Intorno alla grotta fioriscono le, leggende in cui la figura di San Michele perde le sue connotazioni bibliche e tradizionali e diventa un eroe di paese, creato tale dall’0unione di frammenti di diverse leggende.

Negli ultimi decenni del VI sec. Gli Stabiesi e gli abitanti delle città che sorgevano alla falde dei Monti Lattari abbandonarono la pianura ed emigrarono sull’altopiano di Faito per sfuggire all’invasione dei Longobardi e alle angherie dei Bizantini.

Secondo l’Anonimo Sorrentino, un documento del IX sec., il Vescovo di Stabia, San Catello, con la maggior parte della popolazione di Stabia e dei paesi limitrofi, si rifugiò anch’egli sul Monte Faito. In seguito fu raggiunto dal benedettino Antonino. L’Anonimo narra che, trovandosi San Catello e Sant’Antonino a pregare in una grotta oggi comunemente conosciuta come la “grotta di San Catello”, in una notte buia, l’Arcangelo San Michele apparve separatamente ai suoi Santi, e disse loro di erigere in suo onore un Onore.

La grotta si trova non  molto distante dal santuario di San Michele Arcangelo, nei pressi della Porta Coeli, immersa nel faggeto del Faito. Sant’Angelo a Fasanella (sa) prende questo nome solo in epoca cristiana. Infatti, al nome Fasanella si unì quello di Sant’Angelo perché in quella zona esiste una grotta dedicata all’Arcangelo San Michele.

Il luogo è custodito da un massiccio portone, racchiuso in un portale in pietra retto da due leoni: quello di sinistra ha un agnello tra le zampe, mentre quello di destra regge una testa di donna. Al suo interno, ritroviamo la tomba di Francesco Caracciolo e un’alta edicola gotica.

L’intera cappella dell’Immacolata conserva un’importante tela del ‘600, racchiusa in una preziosa cornice lignea. Affreschi trecenteschi e sculturale accompagnano il pellegrino sino alla zone più interna della grotta. Dove la statua di S. Michele Arcangelo domina dall’alto del seicento altare, fatta costruire dall’abate Fabio Caracciolo. Da questa grotta – come riferisce il Caffaro – il culto micaelico, grazie ai monaci benedettini, nel sec. XI, si irradiò anche ai vicini paesi.

Don Marcello Stanzione