“I tre santi Arcangeli canonici” in un libro di don Stanzione ed Alvino

“I tre santi Arcangeli canonici” in un libro di don Stanzione ed AlvinoL’editrice Segno di Tavagnacco - Udine ha stampato un meraviglioso testo sui tre arcangeli scritto da don Marcello Stanzione e dall’avvocato Carmine Alvino, dal titolo “Michele, Gabriele e Raffaele. I tre Santi Arcangeli canonici”, pagine 140 al prezzo di 10,00 euro. Il papa Giovanni Paolo I quando era patriarca di Venezia affermò che gli angeli sono i grandi sconosciuti dei nostri tempi. Obiettivo di questo testo di don Stanzione e di Alvino è di fare luce sui tre principali arcangeli venerati nel cattolicesimo. Il nuovo Calendario liturgico nato dalla riforma del Concilio Vaticano II riunisce al 29 settembre in una sola festa i tre arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Michele è l’antico patrono della Sinagoga Ebraica e oggi patrono della Chiesa universale. Michele in ebraico significa “Chi è come Dio ?” Ed è un grido di guerra contro chiunque presuma di farsi uguale a Dio. E’ l’arcangelo Guerriero, il principe delle milizie celesti, l’avversario di satana, in lotta contro di lui che voleva farsi uguale a Dio: Lucifero. ...

...  Divenne così l’angelo militante per eccellenza perché è l’angelo del combattimento contro il Dragone citato nell’Apocalisse e contro gli spiriti maligni nell’aria ed i loro seguaci in terra.

San Michele è apparso nel V secolo sul monte Gargano in Puglia, dove sorge il famoso santuario a lui dedicato. Sempre in quel luogo l’Arcangelo promise ai Longobardi, che combattevano i saraceni, la vittoria che puntualmente di verificò nel 663.

A Roma, l’Arcangelo domina la città dall’alto della Mole Adriana che da lui prese poi il nome di Castel Sant’Angelo. La Sua statua fu eretta quando qui apparve a Papa San Gregorio Magno alla fine di una grave pestilenza.

San Michele è protettore della polizia italiana nonché dei paracadutisti e dei radiologi: E’ l’arcangelo che conduce le anime al giudizio di Dio, davanti al quale sarà pesato il bene ed il male; per lo stesso motivo è anche protettore di tutti i mestieri che impiegano le bilance. E’ invocato per una buona morte e per il sollievo delle anime del Purgatorio.

L’arcangelo Gabriele fu scelto da Dio per annunciare alla Madonna il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio; prima ancora Gabriele era stato inviato a Daniele per comunicargli l’epoca in cui sarebbe nato Cristo ed a Zaccaria per annunciargli la nascita del Battista.

San Gabriele è legato ai messaggi messianici e la sua presenza nella Bibbia indica la pienezza dei tempi.

Nel nono secolo il suo nome nell’elenco dei Santi fu collegato alla festa dell’Annunciazione il 24 marzo. E' patrono dei postini, dei filatelici, dei centralinisti, degli ambasciatori e dei giornalisti cattolici.

Il Suo nome significa “Fortezza di Dio”.

San Raffaele è uno degli arcangeli nominati nella Bibbia, dove si dice che è uno dei sette spiriti che stanno, dinanzi a Dio. Raffaele significa “Dio Guarisce”.

Fu inviato dal Signore ad accompagnare il giovane Tobia nel suo viaggio, e per soccorrere Sara nelle sue avversità. Fin dai tempi antichi la Chiesa lo invoca come patrono dei viandanti e dei pellegrini; in particolar modo in funzione di intercessore nelle scelte vocazionali sia matrimoniali che religiose.

E’ considerato il patrono dei fidanzati e degli sposi cristiani.

La festa di San Raffaele si trova già nei testi liturgici del medioevo e fu estesa a tutta la Chiesa da Benedetto XV nel 1921 alla data del 24 ottobre.

Fra le diverse figure angeliche i tre Arcangeli, Michele, Gabriele e Raffaele, han dato luogo a tipiche figure con caratteristiche proprie e ciascuno dei questi personaggi potrebbe richiedere uno studio a parte.

L’Arcangelo Michele, secondo la liturgia, è il vittorioso guerriero del cielo e tale si sono sforzati di ritrarlo i pittori. Già nel VI secolo egli indossa la clamide militare invece della bianca tunica. Verso la fine del periodo romanico la clamide si trasforma in corazza con scudo e lancia per combattere il drago e talora nel combattimento è seguito da uno stuolo di angeli, come nell’affresco di Cimabue in S. Croce.

Quest’Arcangelo non manca mai nelle scene del “Giudizio Universale”; di solito ha come attributi la bilancia e la spada e la sua missione è di eseguire gli ordini della Divina Giustizia. Nell’Arena di Padova, Giotto, nel suo affresco del “Giudizio”, non fa combattere Michele con le anime ribelli, ma lo mette a guida dei suoi Arcangeli; questo l’unico esempio del divino condottiero col capo coperto.

Nel Quattrocento, Jacobello del Fiore arricchisce la corazza di placche dorate e dà a Michele, quale attributo, la bilancia della giustizia. Il Giambono gli mette vesti sacerdotali, il globo nella destra e sul capo un ricco diadema sormontato dalla croce. Fra Carnevale lo ritrae con la testa mozza del drago nella sinistra e la spada nella destra; Domenico Ghirlandaio invece fa dell’Arcangelo un elegante cavaliere dalle forme aristocratiche, in forbita armatura.

In tutte queste rappresentazioni non mancano, all’Arcangelo, il nimbo e le ali serafiche che lo denotano una potenza spirituale.

Riguardo poi l’Arcangelo Gabriele lo abbiamo visto fin  dal II secolo nella pittura delle Catacombe e numerose sono le “Annunciazioni” nella storia dell’arte; perché è stato tanto ripetutamente tradotto dai pittori da costituire il loro tema preferito.

Alle origini la scena è semplice e non c’è Maria e l’Arcangelo; più tardi in S. Maria Maggiore gli angeli aumentano e Gabriele appare dall’alto. Poi il tema riprende la sua semplicità e c’è chi separa l’angelo dalla Vergine, mettendoli in differenti riquadri.

Il Trecento senese mette eleganti incorniciature gotiche; l’Angelico introduce il paesaggio e lo sfondo architettonico e tale innovazione si mantiene per tutto il Quattrocento.

In questo periodo, talvolta altri personaggi partecipano alla scena: Antoniazzo Romano aggiunge tre fanciulle, alle quali la Vergine è intenta ad offrire la dote, in luogo di ascoltare le parole dell’Arcangelo. Filippino Lippi v’introduce dei Santi; Benedetto Bonfigli mette al centro della rappresentazione l’Evangelista S. Luca. Il Perugino richiama alquanto lo schema di S. Maria Maggiore e dispone quattro angeli: due ai lati di Gabriele che piega il ginocchio dinanzi a Maria e due alle spalle della Vergine.

Quasi sempre l’Arcangelo accompagna le parole col gesto; in tal caso la sinistra stringe lo scettro o il rotolo recante l’annunzio divino; Siena usa qualche volta il ramo d’olivo; il Rinascimento, amante dei fiori, preferisce il giglio nella mano dell’Arcangelo. In alcune "Annunciazioni" il gesto varia: l’Angelo, lasciando il giglio, che è posto accanto alla Vergine in un vaso, incrocia le mani sul petto. L’Arcangelo assume anche posizioni differenti: nelle Catacombe egli è ritto dinanzi alla Vergine; nei secoli successivi spesso appare sollevato da terra e questo gesto si ritrova ancora in Lorenzo Monaco. Nel Trecento, Gabriele piega il ginocchio dinanzi alla Vergine attonita, pur serbando una certa maestosa dignità. Il Quattrocento lo ritrae anche inchinato graziosamente in dolci sembianze femminili, pronunciando il suo “AVE”, oppure in frettoloso atteggiamento, come di messo a cui tarda il ritorno alla celeste dimora. Il suo abbigliamento, nel Quattrocento, consiste in leggeri veli formanti eleganti drappeggi e certo più adatti allo spirito del mistero che non le ricche vesti di alcuni nostri quattrocentisti.

Riguardo poi alle raffigurazioni dei Raffaele, anche quest’Arcangelo “medico” trova le sue origini nelle Catacombe; in seguito raramente la pittura ce lo mostra isolato e, solo nel Quattrocento, viene raffigurato secondo il testo biblico al fianco di Tobia.

Il Pollaiolo ne fa un elegante pellegrino con grandi ali spiegate e sandali; il Perugino invece mantiene la lunga tunica col manto; i piedi son nudi e le ali si abbassano incorniciando la figura. Nelle mani reca sempre la teca dell’unguento miracoloso.

Michele, Gabriele e Raffaele, l’angelo guerriero, l’angelo annunciante e l’angelo medico sono i tre spiriti celesti accompagnatori ed amici dell’uomo, custodi e protettori nelle sue necessità.

Carlo di Pietro

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