Sant'Agnese e gli Angeli

Sant'Agnese e gli AngeliSi racconta che il figlio del prefetto vide Agnese mentre tornava da scuola e fu subito affascinato dalla sua bellezza. La corteggiò e le promise grandi ricchezze se avesse consentito di divenire sua sposa. Agnese rispose al giovane: “Via da me esca del peccato, pascolo della morte poiché già un altro uomo mi ha accolta fra le sua braccia”. La giovane cominciò poi a lodare le qualità di Colui che si proponeva come fidanzato: la nobiltà della stirpe, la bellezza, e ricchezze, il coraggio, la forza e infine l’amore. E dopo gli elogi Agnese aggiunse: “Io amo un uomo molto più nobile di te, la cui madre è vergine e il padre non conosce donna. Sono promessa a Cristo, più bello del sole e della luna, signore degli angeli. Con il suo anello mi ha impegnata e ha posto sul mio capo la corona di sposa”. Il Prefetto furioso per il rifiuto opposto a suo figlio ingiunse alla fanciulla di sacrificare a vesta insieme alle vestali. Al suo rifiuto egli comandò di spogliare la fanciulla, e di condurla nuda per le ...

...  vie della città verso il lupanare, ossia il luogo delle prostitute; ma Dio fece crescere ad Agnese i Capelli che divennero lunghi e folti fino a ricoprire totalmente il suo corpo. Entrata nel lupanare trovò un angelo luminoso che l’aspettava con una bianchissima veste e così da luogo di prostituzione quello divenne luogo di preghiera. Entrato il figlio del Prefetto insieme ad altri giovani per godersi la fanciulla questi rimasero atterriti dalla celeste visione e se ne andarono turbati.

Il figlio del Prefetto però si precipitò verso la fanciulla per toccarla ma in quel momento venne strozzato dal demonio poiché egli non aveva esitato di fronte alla luce divina. Il Prefetto piangendo la morte del figlio chiese ad Agnese di dar prova della potenza del suo Dio facendo ritornare alla vita suo figlio. Agnese si mise in preghiera è ottenne da Dio la risurrezione del giovane. La gente cominciò a urlare contro quella che venne definita una maga e così ordinato che fosse arsa sul rogo, ma la fiamma si divise in due parti e appiccò il fuoco alla folla dei pagani presenti. Aveva solo tredici anni quando subì il martirio divenendo una delle più famose martiri romane; deve aver impressionato molto i suoi contemporanei, lasciando una memoria imperitura.

Di lei, infatti, parlano i martirologi più antichi, i Padri della Chiesa come Ambrogio, Agostino, Girolamo, il poeta Prudenzio che dedicò alla Santa un inno e anche il Papa Damaso. Dopo le persecuzioni, la sua storia esercitò un’influenza particolare sulle giovani cristiane che sceglievano di seguirne l’esempio; il suo nome entrò nel Canone della Santa Messa e la sua festa si diffuse ovunque, anche in Africa e a Costantinopoli. Sulla Via Nomentana, dove Agnese fu sepolta, Costantina, figlia di Costantino il Grande, fece erigere una basilica e mise in collegamento con questa il suo mausoleo – oggi noto come Mausoleo di Costanza – volendo essere sepolta vicino a Sant’Agnese.

A Roma gli è stata dedicata un’altra Chiesa quella di Piazza Navona, ossia la Chiesa di “Sant’Agnese al Circo Agonale”, dove la santa subì il martirio. Venne martirizzata nel III secolo o all’inizio del IV; tuttavia nulla si sa sul genere di morte subito dalla giovinetta. Secondo Damaso e la tradizione greca la fanciulla sarebbe stata arsa viva, secondo Prudenzio invece e la tradizione latina, la giovane sarebbe stata decapitata. Nell’inno della liturgia ambrosiana il poeta immagina la fanciulla sgozzata, proprio come una vera “agnella”, mite e immacolata. E dell’Agnello divino, la martire bambina, bianca e vermiglia, è restata la sposa più tenera e più commovente. Il giorno di Sant’Agnese ha sempre avuto grande importanza per la fede del popolo.

Ogni anno nella liturgia della sua festa la Chiesa usa benedire due bianchi agnellini, la cui lana servirà durante l’anno per tessere i famosi “pallii” ossia le lunghe stolte bianche che il Papa impone e dona agli Arcivescovi nel giorno della festa di San Pietro (29 giugno) per significare che anch’essi, come Agnese, devono essere pronti a dare la vita per la Chiesa, sposa di Cristo. La giovane Martire è una delle sante più ricorrenti nell’iconografia religiosa; viene sempre raffigurata con un agnello. Nelle prima pagine dell’agiografia cristiana, con la santa vergine e martire Agnese , troviamo pure una delle più clamorose manifestazioni angeliche tramandataci anche dal grande Dottore di Milano in un suo discorso che qui riassumiamo (Sant’Ambrogio, De Martyr. B. Agn. Rom).

Il santo vescovo di Milano scrive che  Agnese nacque a Roma verso la fine del secolo III quando il paganesimo faceva gli ultimi sforzi per non morire. Era nobile, ricca, bellissima e sarebbe potuta diventare una delle più invidiate patrizie del mondo romano; ma a quattordici anni ella non esitò a preferire l’amore di Cristo a quello che con insistenza le offriva il giovane Procopio, figlio del prefetto di Roma. Costui, indispettito di veder così respinta la mano di suo figlio, giovandosi dell’editto di persecuzione emanato in quei giorni dall’imperatore Diocleziano contro i cristiani, citò al suo tribunale Agnese e le domandò perché si ostinasse a rifiutare le nozze con un giovane patrizio qual’era il suo unico figliuolo.

La fanciulla rispose francamente che aveva deciso di vivere pura e vergine. – Ebbene, disse allora il prefetto, giacché è così, entra fra le Vestali: prendi quest’incenso e spargilo sul sacro fuoco di vesta. – Non sarà mai, proruppe Agnese, non sarà mai che m’inchini davanti ai vostri idoli di fango: sono cristiana ed amo e adoro soltanto il mio Signore e sposo Gesù Cristo: Amo Christum! – E allora, seguitò il tiranno, io ti farò sacrificare per forza alla dea Venere, ti farò esporre nuda nella suburra al sollazzo e al ludibrio di tutti…E l’empio ordine venne eseguito. E qui, esclama sant’Ambrogio, come esprimere la pena, il rossore, l’interno affanno della nostra immacolata fanciulla nel vedersi trascinata al Circo Agonale ed esposta nuda ai lussuriosi sguardi e desideri dei passanti? O mio Dio, non senti i suoi gemiti, le sue preghiere? Permetterai, o Gesù, che la tua sposa venga così contaminata? E voi, o Angeli del cielo, perché non scendete a velare, proteggere con le vostre ali la sua innocenza?... Ma ecco infatti, con stupore di tutti, un Angelo sfolgorante scendere dall’alto, avvicinarsi ad Agnese e rivestirla di luce si abbagliante che nessuno più osava non dico avvicinarla, ma neppur guardarla. Ciò nonostante, Procopio, accecato dalla sua libidinosa passione, e certo di poterla finalmente sfogare, si precipita nella stanza verso la fanciulla; ma non aveva ancora varcata la soglia, che cadde a terra fulminato.

La notizia si sparse subito per Roma ed il prefetto , addoloratissimo per la perdita del figlio, corse da Agnese accusandola di averglielo stregato ed ucciso con le sue arti magiche. Ma la santa fanciulla rispose: - T’inganni, coloro che temettero l’Angelo di Dio sceso a proteggermi, se ne andarono illesi; tuo figlio non ebbe rispetto né di me, né dell’Angelo ed egli lo colpì. – Ebbene, soggiunse il prefetto, in prova di quanto asserisci, prega il tuo Angelo di farlo ritornare in vita. – Una tal grazia, osservò Agnese, né tu, né tuo figlio meritereste dal mio Dio; ma affinché sempre più se ne manifestino la potenza e la bontà, acconsento a rivolgergli tale preghiera.

E anche questa volta la sua preghiera fu esaudita perché riapparso l’Angelo e toccato il cadavere del giovane Procopio, subito questi risuscitò non solo alla vita del corpo, ma anche a quella dell’anima e si  mise a gridare: - Non v’ha altro Dio né in cielo, né in terra se non quello di Agnese e del suo Angelo benedetto. Tale prodigio – dice sant’Ambrogio -  fu decisivo per  molti altri pagani a convertirsi e meritò poi alla nostra santa vergine Agnese la tanto ambita corona del martirio.

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)