Don Marcello Stanzione presenta "Vita eterna: l'Inferno", Compendio a cura di Carlo Di Pietro

Don Marcello Stanzione presenta "Vita eterna: l'Inferno", compendio di Carlo Di PietroSaluto con entusiasmo la pubblicazione edita dalla benemerita casa editrice Segno di Tavagnacco (UD) del testo a cura di Carlo Di Pietro “Vita eterna: l’Inferno”. La morte è la porta attraverso la quale si passa per andare nell’aldilà. La strada per la quale vanno molti è larga, comoda, piacevole, dilettevole, ma dove conduce? Si va all’Inferno essendo coscienti e consapevoli del male che facciamo. L’anima si danna, perché scende gradualmente verso l’abisso del peccato; si oppone ripetutamente con cecità ed ostinazione ai richiami che Dio continuamente le fa con la sua Grazia. Gesù parla ripetutamente della “Geena”: un vallone profondo, situato nei pressi di Gerusalemme, dove venivano accumulate e bruciate tutte le immondizie della città. L’Inferno è veramente l’immondezzaio che brucia con “fuoco inestinguibile” i rifiuti del cielo (gli angeli ribelli) e della terra (i peccatori impenitenti). Il tempo, durante la vita, è nostro alleato, perché ci dà la possibilità di riparare il male fatto. Perciò se ci ravvediamo e facciamo penitenza ci salveremo. Dopo la morte non c’è più possibilità di pentimento. ...

...  L’anima, quando si distacca dal corpo, rimane per sempre nello stato nel quale si trova, di amore o di odio, di Grazia o di peccato. Coloro che muoiono nel peccato mortale “andranno all’eterno supplizio”. Dio, giusto giudice, dirà loro: “Via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli”.

L’Inferno è un luogo esistenziale di tormenti. Le sofferenze sono eterne: “lasciate ogni speranza, voi che entrate”. Gesù ben trentacinque volte fa riferimento all’Inferno nei vangeli. Eloquente ed istruttiva sulle pene dell’Inferno e la beatitudine del Paradiso è sicuramente la parabola del ricco epulone, raccontata da Gesù: “C’era un uomo ricco che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo(cioè al posto d’onore nel convito celeste che è immagine della beatitudine eterna). Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora, invece, lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi e quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro. E lui: padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi”. 

Maria Faustina Kowalska (1905/1938), durante la sua vita ha avuto numerose visioni e colloqui con Gesù, con la Madonna, con gli angeli e con le anime del Purgatorio. Nel suo Diario, leggiamo: “Oggi, sotto la guida di un angelo sono stata negli abissi dell’Inferno. E’ un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Queste le varie pene che ho visto: la prima pena, quella che costituisce l’Inferno, è la perdita di Dio; la seconda, i continui rimorsi della coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte non cambierà; la quarta pena è il fuoco che penetra nell’anima, ma non l’annienta; è una pena terribile; è un fuoco puramente spirituale…; la quinta pena è l’oscurità continua… i demoni e le anime dannate si vedono tra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio; la sesta pena è la continua compagnia di Satana; la settima pena è la tremenda disperazione… Queste sono pene che tutti i dannati soffrono insieme, ma questa non è la fine dei tormenti. Ci sono tormenti particolari per le varie anime, che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile… Il peccatore sappia che, con il senso con il quale pecca, verrà torturato per tuta l’eternità. Scrivo questo per ordine di Dio, affinché nessuna anima si giustifichi dicendo che l’Inferno non c’è, oppure che nessuno c’è mai stato e nessuno sa come sia. Io, suor Faustina, per ordine di Dio sono stata negli abissi dell’Inferno allo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare che l’Inferno c’è”.

Nell’Inferno, dunque, si soffre la pena del danno e la pena del senso. Con la prima i dannati per sempre sono privati della visione beatifica di Dio, con la seconda le membra che servirono al peccato saranno maggiormente straziate. Quanto tempo dura l’Inferno? Finché Dio sarà Dio cioè per sempre, per tutta l’eternità. Se i dannati, cristallizzati nell’odio, non hanno alcuna speranza di salvezza, noi, invece, per quanto siano gravi i nostri peccati possiamo confidare nella misericordia di Dio e nutrire la speranza di mutare radicalmente la posizione attuale della nostra coscienza soprattutto se è offuscata dal peccato mortale. Certamente è facile cadere nel male, ma se diamo spazio ai paterni richiami di Dio, che si serve delle circostanze più imprevedibili, possiamo rimetterci sulla giusta strada. Dio vuole da noi soltanto un pentimento sincero per il male fatto, la decisone di cambiar vita con un taglio netto al peccato e il proposito risoluto di non commetterlo più per l’avvenire.

L’Inferno è pieno di quelle anime che la loro conversione e le opere lasciarono allo stato di semplici desideri, che non seppero persistere nel bene, che non ebbero la perseveranza, compagna invisibile della conversione. L’Inferno è popolato di anime che, per il loro egoistico tornaconto, amarono solo se stesse, fino a calpestare i diritti e la dignità degli altri, senza una briciola di pietà per i fratelli più sfortunati e bisognosi di aiuto. Meditare, quindi, sulle pene dell’Inferno è il miglior modo per sfuggirvi, perché ci convinciamo di essere molto lontani dalla perfezione e di conseguenza comprendiamo più facilmente la nostra fragilità, pochezza e povertà spirituale.

Dio, secondo la parabola dei talenti, vuole di più a chi ha dato di più, perciò la mediocrità, come aspirazione spirituale, non è degna di un vero cristiano. Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa ci esortano continuamente alla conversione: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quando stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quando pochi sono quelli che la trovano!”. La liturgia, nel Prefazio della Santa Messa, ci rivolge un invito allettante ma impegnativo: “In alto i nostri cuori!”.

Fin dove dobbiamo salire? Fino a metà?

No, fino a Dio, Bontà, Santità e Perfezione infinita. Chi si eleva alla sublimità dell’amore di Dio, conosciuto ed amato come il bene supremo ed immutabile, pregusta già gli eterni gaudi del cielo e diventa con il suo esempio e le sue opere un benefattore dell’umanità. Santa Margherita Maria Alacoque esclamava: “Poiché abbiamo un cuore per amare, un corpo per soffrire, chi ci impedirà di farci santi?” cioè di salvarci? San Tommaso d’Aquino, a cui una sua sorella aveva fatto la stessa domanda, cioè come salvarsi, rispose: “Basta volerlo!”. Occorre cioè donarsi a Dio, senza riserve. Non c’è bisogno di sottoporsi ad aspre penitenze, di fare meditazioni sublimi, di desiderare estasi o compiere miracoli. E’ necessario, invece, come già detto in precedenza, evitare in modo assoluto il peccato mortale e non commettere alcun peccato veniale volontario; compiere bene e con scrupolosità i doveri del proprio stato; sopportare, con cristiana rassegnazione e per amor di Dio, le pene, le incomprensioni e i disagi di ogni giorno; pregare, per vivere costantemente alla presenza di Dio; avvicinarsi alla Confessione con assiduità, detestando con dolore sincero i peccati e le imperfezioni commesse per la fragilità della carne, in modo da ottenere non solo il perdono delle colpe, ma anche essere liberati dall’affezione al peccato e, quindi, godere della gioia dell’amicizia di Dio; partecipare, poi, alla Santa Messa e alla Santa Comunione, tutte le volte che ci sarà possibile, o almeno la Domenica e nelle feste di precetto, perché la parola di Dio ed il Corpo di Cristo danno al nostro spirito il nutrimento indispensabile per introdurre nella luce dei misteri di Dio; essere, infine, devoti della Madonna. “La misericordia immensa di Maria” dice San Giovanni Crisostomo “salva un gran numero di infedeli che, secondo le leggi della divina giustizia andrebbero dannati”.

Questi sono i mezzi necessari che ci ottengono la Grazia della conversione, che ci permette di cambiare radicalmente il nostro modo di pensare e di agire, perché attratti dal desiderio di Dio, dal fascino dell’incontro con Lui. Tutta la vita cristiana deve essere una conversione continua, perché momento per momento dobbiamo opporci al male e aderire a Cristo. Pertanto si salverà chi trova in Cristo la soluzione dei suoi problemi esistenziali e, amandolo, ripone in Lui l’appagamento delle sue aspirazioni e dei suoi desideri.

Mi complimento con Carlo Di Pietro per questa sua pubblicazione su un tema - quello dell’Inferno - oggi poco trattato dalla pubblicistica cattolica.

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

EXTRA INFO:

Il testo sarà in distribuzione in tutte le librerie cattoliche a partire dalla seconda metà di Febbraio 2013. Sarà disponibile anche su Libreria del Santo.

SOMMARIO:

 Lettera introduttiva di don Marcello Stanzione M.S.M.A.

 1. - L’Inferno, il dogma il più terribile, contro cui insorgono le passioni; ma anche il più necessario; esso sorregge gli altri.

 2. - Chi sono coloro che negano e coloro che credono l’Inferno; quando lo negano; in punto di morte. Federico II e Voltaire. 

 3. - Come i negatori dell’Inferno mentono a sé; il voto del loro cuore. La fede del Cattolico e quella dell’incredulo. 

 4. - Tutti i popoli, e sempre, hanno creduto l’Inferno. La mente umana non avrebbe mai potuto inventare né accettare da uomini una tale verità. Si deve risalire alla Rivelazione. 

 5. - La differenza sostanziale tra il male e il bene esige l’Inferno; quaggiù non c’è la giusta retribuzione; essa sarà di là. 

 6. - La sciocca teoria della virtù premio e del vizio punizione a sé. 

 7. - Ogni autorità ha potere correlativo di punire. Senza l’Inferno eterno, Dio non avrebbe mezzo di colpire il colpevole. 

8. - Necessità dell’Inferno eterno: 

  1) non occorre proporzione di tempo tra il delitto e la pena;
  2) la differenza essenziale tra bene e male non può permettere che per sé abbiano lo   stesso esito;
  3) la lotta del peccatore contro Dio deve risolversi nella vittoria di Dio;
  4) annientare il peccatore? Sarebbe la sconfitta di Dio;
  5) la Redenzione e l’Eucaristia. 

9. - Nessuno è mai venuto? 

  1) insegnamenti di Gesù Cristo;
  2) le parabole: i talenti, le nozze, il loglio, la rete, il ricco Epulone;
  3) la sentenza del Giudizio finale. 

10. - Il fuoco dell’Inferno è reale; la sentenza del Giudizio finale. 

11. - La parabola del ricco Epulone. Impugnare la verità conosciuta. 

12. - Come conciliare l’Inferno eterno, con la bontà di Dio? Premettiamo: 

  1) se intendessimo nulla, sapremmo tuttavia che si conciliano poiché Dio ci ha rivelato l’Inferno eterno;
  2) non è troppo grave una pena che si può facilmente evitare;
  3) ciò che Dio fa per risparmiarci l’Inferno;
  4) l’Inferno eterno richiesto dalla santità di Dio;
  5) Dio non può perdonare senza pentimento; ma il dannato non si pentirà. La parola di Dio.

13. - Come la volontà del peccatore si eterna nel male, e non può convertirsi. A proposito di Grazia.

14. - La pena del danno. L’anima abbandonò Dio, Dio con i suoi beni l’abbandona. Dio è un suo  bisogno; non potendo possederlo, lo odia. Amore e odio. 

15. - Pene del senso: 

  1) il fuoco; convenienze che la creatura, oggetto del peccato, sia strumento della sua punizione. Come l’anima potrà soffrire dolori;
  2) il demonio;
  3) la compagnia dei dannati, di tutta la ribalderia umana;
  4) il rimorso, i ricordi. 

16. - L’eternità, sempre, mai. 

17. Conclusione.

Approfondimenti

18. Esempi, similitudini, note, eccetera:

  1) testimonianze;
  2) i ritornati dall’Inferno;
  3) il ricco Epulone;
  4) insolenze di Voltaire;
  5) l’Orfano;
  6) mitigazione delle pene? Un libro all’Indice.

19. Dal Catechismo di San Pio X, preghiere, comandamenti, Sacramenti, doni, virtù, Inferno, vizi e  peccati

20. Brevi cenni scritturali sull’Inferno.

21. Amerai il prossimo tuo. Che cosa significa?

22. Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra. Cosa significa?

23. La registrazione delle urla dei dannati. Dove si trova l’Inferno?

24. Saluti finali.