SAN MICHELE E L’INCUBATIO

SAN MICHELE E L’INCUBATIO

Nel mondo greco – romano attraverso il sonno si credeva di poter avere un contatto con la divinità. Per questo motivo erano stati eretti in diversi luoghi templi in onore del dio Asclepio e quando subentrò la religione cristiana, alcuni erano ancora efficienti; altri, templi invece su imitazione di quelli pagani, divennero, similmente i posti dove attendere, durante il sonno, la visita dei santi taumaturghi cristiani oppure dei Santi Angeli e di san Michele. Il fenomeno non è stato mai estirpato, se non di recente; basti pensare  a Tell Kaif, nelle vicinanze di Mossul, dove fino agli anni Sessanta del XX secolo, i cristiani conducevano i malati a dormire sulla tomba del vescovo cattolico Simun Tektek Sinceri (1798 – 1885), sepolto nel convento di Rabban Hormizd, nella stessa regione, deceduto in concetto di santità. Il devoto cercava il contatto con il santo, che si attuava attraverso la fede e quando la guarigione si verificava il fenomeno straordinario diveniva miracolo, a cui seguiva la salvezza dell’anima. Non più retroterra culturale pagano, ma convinzione di uno dei metodi di guarigione, dove la comune medicina aveva fallito. ...

... Ritornando all’incubatio, è opportuno riferire che i duecento e più templi dedicati ad Asclepio finirono per ereditare l’influenza e per soppiantare le divinità locali, oppure si fusero. Essi erano edifici accorpati intorno ad uno principale, l’edificio circolare, il tholos, che conteneva l’acqua per la purificazione. Le dimensioni e la ricchezza erano in rapporto con la rinomanza del luogo e la disponibilità di denaro. I templi della medicina di Epidauro e di Pergamo,erano i più ricchi. Il malato supplice entrava nell’abaton, luogo inaccessibile e particolarmente sacro del tempio, detto anche recinto sacrale; l’ingresso era vietato alle persone impure (stranieri, schiavi, non iniziati, chi aveva sparso o toccato il sangue, …) la pena per il trasgressore era la morte. L’abaton era la sala dell’incubatio, dove l’ammalato lieve o grave, giacendo sul pavimento coperto di pelli, si avviava a sognare e durante il sogno avveniva la cura necessaria. Prima si sottoporsi al rito dell’incubatio  erano necessari i momenti della preparazione (assoluto digiuno, astensione da particolari cibi, bagno purificatore del corpo…) preludio della presenza del dio che si manifestava solo quando il paziente era nel dormiveglia, causato dalla somministrazione di droghe. Il dio, altro non era che il sacerdote, che prestava le cure con l’aiuto di collaboratori. L’ammalato negli edifici ripartiva; gli altri degenti attendevano la guarigione sostando negli edifici adiacenti o, comunque, non lontani dal tempio. La cosiddetta divinità ricorreva a diversi trattamenti: l’imposizione delle mani, l’applicazione di medicinali, l’esecuzione di interventi chirurgici, il suggerimento di consigli o di istruzioni. In alcuni casi venivano eseguiti veri e propri interventi chirurgici; il sangue del paziente gocciolava sul pavimento e gli assistenti bloccavano il paziente mentre avveniva l’operazione. Gran parte delle malattie era di natura psicosomatica, mentre per curare la cecità, il mutismo o altre imperfezioni di deambulazione i rimedi erano differenti, il bagno nella sacra fonte, o l’uso di tecniche a sorpresa, ossia strappare le stampelle e invitarne a correre, o come capitò a Falisio, gli presentarono una tavoletta e lo obbligarono a leggerla, riacquistò la vista, ma avrebbe preferito rinunciarvi, perché, dopo averla letta, rimase sbigottito per l’esosa ricompensa che doveva al tempio. L’apparizione del dio, che in fondo era il sacerdote, suscitava nel supplice una forte impressione e ogni successo ottenuto equivaleva oltre ad un chiaro segnale di fama del tempio, anche a dare speranza a molti infermi. Retaggio dell’antica consuetudine  dell’abaton  è l’incubazione, rito cristiano molto remoto. Come nel precedente , anche qui l’elemento principale  è il sonno che diveniva salutare; durante lo stesso gli ammalati che passavano la notte in chiesa ricevevano le cure dei Santi Angeli attraverso interventi chirurgici, oppure con l’applicazione di singolari impacchi medicamentosi a base di cera, o di olio, o attraverso rimedi molto strani e talora incomprensibili. Mentre nei templi pagani, greci e romani, veniva riconosciuto solo l’elemento fisico; nella tradizione cristiana, che non aveva inteso cancellare quelle antiche usanze, il contatto con il soprannaturale si attuava con la preghiera e veniva sancito il primato dell’anima sul corpo, che si elevava attraverso l’aiuto fisico; la guarigione del corpo significava salvezza dell’anima, quindi miracolo.  L’imperatore Costantino, devotissimo del Principe degli angeli,  aveva consacrato all’arcangelo Michele nei dintorni di Bisanzio due chiese. L’una era posta nel luogo chiamato  Anàplous sulla riva sinistra del Bosforo , andando dalla Propontide al Ponto Eusino (Procopio, Der edificiis); l’altro si trovava quasi di fronte, sulla riva opposta. La prima di queste chiese era nelle vicinanze di un luogo chiamato Hestiai (Sozòmeno, Hist. Eccl. II 3). Questa chiesa era un antico tempio pagano che portava, prima della sua trasformazione in chiesa, il nome di  Sosthenion. Le circostanze che accompagnarono la sua costruzione erano collegate alla spedizione degli Argonauti da una tradizione che Giovanni Malalas e  Cedreno ci hanno conservato. Cedreno (Sùnopsis historion) narra: “Gli Argonauti, volendo, per recarsi in Colchide, passare per lo stretto che porta al Ponte Eusino, uccisero in un combattimento navale Cizico che regnava sulle rive dell’Ellesponto e che voleva opporsi al loro passaggio. Ma avendo appreso in seguito che Cizico era della sua stessa razza, gli Argonauti elevarono un tempio magnifico. L’oracolo rispose: “Vi ordino di onorare un Dio unico che regna nell’alto dei cieli, e di cui il Verbo incorruttibile (lògos àfthistos) si incarnerà nel seno di una Vergine ignorata. Il tempio sia consacrato a Maria”. Gli Argonauti lo consacrarono a Rea. Sotto il regno di Zenone questo tempio fu convertito in una chiesa cristiana posta sotto l’invocazione della Madre di Dio. Gli Argonauti passarono nella Propontide; ma Amico, alla testa di una schiera, si oppose al passaggio.  Videro apparire nel cielo un personaggio di grandi dimensioni, con le ali di angelo. Presero questo prodigio come un augurio. Amico fu ucciso e fu eretto sul luogo della vittoria un tempio, il  Sosthenium (da sozo, salvo). E’ lo stesso tempio che in seguito Costantino, dopo avvertimento ricevuto in sogno, consacra all’arcangelo Michele.

Il racconto di Malala (Chronographia) differisce poco da quello di Cedreno. Aggiunge un particolare: “Costantino, recatosi al Sostenio e vista la statua posta nel tempio, riconobbe in essa l’immagine di un angelo vestito da monaco cristiano… domandò a Dio nelle sue preghiere di fargli conoscere di quale potenze celeste fosse quella statua la figura. Poi, coricatosi nel medesimo luogo in cui aveva pregato, egli fu istruito da una visione notturna circa il nome dell’Angelo. Svegliatosi subito si levò e si rivolse verso l’Oriente per pregare. Consacrò in seguito il luogo in cui aveva pregato all’arcangelo Michele”.

Niceforo Callisto (Hist. Eccl. Lib. VII) aggiunge a sua volta particolari: “Non appena si addormentò una immagine simile alla statua del Sostenio gli era apparsa: Io sono, disse questa immagine, l’arcangelo Michele, generale delle milizie celesti sottoposto al Dio Sabaoth, il custode della fede cristiana (éforos). L’Arcangelo vi fece frequenti apparizioni. Tutti quelli che erano minacciati da avvenimenti dolorosi, di qualche danno imminente, che erano presi da un male sconosciuto, da malattia incurabile, ottenevano là, implorando Dio, una miracolosa protezione. Secondo una credenza che ha testimonianza certa, l’arcangelo Michele si rende visibile in questo luogo, e gli dà così una virtù salutare”. Niceforo Callisto racconta quindi la storia di una guarigione miracolosa operata nel Michelion per intercessione dell’Arcangelo. questa storia è riportata da Sozomeno (Lib. II; c. III). “Aquilino, celebre avvocato, col quale sono tutti i giorni nel foro, essendo stato attaccato da una febbre violenta, prese una medicina. Ma appena l’ebbe presa la rigettò e per lo sforzo la sua bile si riversò in modo che tutta la pelle rimase colorata. Dopo di allora non ritenne nessun nutrimento…”. Comandò ai suoi servi di trasportarlo nella chiesa… Dio gli apparve nella notte e gli ordinò di prendere una bevanda composta di miele, vino e pepe. E questa bevanda lo guarì…Appreso che Probiano, medico di corte, vi guarì in seguito a una visione straordinaria dai dolori che aveva ai piedi,. Egli si era fatto cristiano ed approvava tutte le massime della nostra religione, salvo che egli trovava strano che gli uomini fossero stati salvati dalla croce…Ebbe una visione che gli mostrò la croce su un altare di questa chiesa e gli dichiarò che da quando la chiesa era stata consacrata dalle sofferenze del Salvatore non si sarebbe fatto niente senza di quella, col ministero degli Angeli…”. L’immagine vestita da monaco era forse qualche divinità medicale cabirica quale Telesforo, di cui il costume ricorda infatti per certi riguardi quello di un monaco cristiano (il cappuccio gli dà l’aspetto di un monaco). L’oracolo che Cedreno chiama oracolo delle terme, senza dubbio perché posto presso qualche sorgente termale, deve essere forse identificato con quello di Cilites, che secondo la tradizione degli Argonauti riferita dallo pseudo- Orfeo, nacque dalle lagrime versate dalla sposa di Cizico. Il nome di Sostenio indica l’esistenza di un salvatore, Soter. Giasone ci sembra essere stato anche un dio dei navigatori e un dio medicale. L’atto compiuto da Costantino, che si coricò e dormì nel tempio, ci porta precisamente a una usanza adottata in tutti i templi di divinità medicali, quella appunto della incubazione. Questo uso, seguito dai malati, che  si recavano nei templi di Esculapio, era un modo di consultazione per tutte le divinità medicali dell’antichità, Serapide, Isis…gli dei Sosteres, un dio della Sardegna, Minerva Medica presso i latini. L’usanza dell’incubazione non esisteva solo per le consultazioni medicali. Nel tempio eretto ad Amfiarao, a Orope in Boezia, quelli che venivano a consultare l’oracolo immolavano a questa divinità un ariete, sulla pelle del quale si addormentavano per ricevere in sogno le comunicazioni. La generalità dell’usanza dell’incubazione, che esisteva ancora a Epidauro al tempo di san Girolamo (In delubris idolo rum dormiens, ubi stratis pelli bus hostiarum incubere soliti erant, ut somnis futura cognoscerant. Quod in fano aesculapiiusque hodie error celebrat ethinsorum, in Isaia LV) ci fa presumere che l’incubazione era praticata nel Sostenio, tempio dedicato a una divinità medicale. E poiché, una volta dedicato il tempio a S. Michele noi lo vediamo diventare il teatro di guarigioni operate alla stessa maniera di quelle che avevano luogo con l’incubazione, siamo indotti a riconoscere che le credenze religiose relative alle apparizioni in sogno del dio medicale sopravvissero. L’incubazione aveva la sua fonte nella fede generale nei sogni che era di tutta l’antichità. Queste credenze esistevano presso gli Assiri, gli Ebrei (Deut. 13,1; Geremia 27,9…), gli Egiziani, i Greci e i Latini, i Germani e i Galli. La oneirocritica aveva per oggetto di dare regole applicabili all’interpretazione dei sogni, scienza di cui i Greci dell’antichità e del medioevo hanno lasciato diversi trattati. Ad Atene ciarlatani o creduloni vivevano di oniromanzia. La scuola peripatetica diceva che l’anima era durante il giorno asservita al corpo e avviluppata dalla materia: ma durante il sonno liberata da questa servitù e ripiegata su se stessa acquistava la facoltà di predire l’avvenire. I discepoli della scuola neoplatonica e teurgica di Alessandria (Porfirio, De astine. II, 41 dice che i buoni demoni avvertono in sogno gli uomini dei pericoli di cui essi sono minacciati da geni malefici), la maggior parte dei Padri della Chiesa (Praeter nocturnas enim visiones, per dies quoque impletur apud nos spoiritu sancto puerorum innocens aetas, quae in extasis videt oculis et audit et loquitur ea quibus nos Dominus monere et istruere dignatur” dice S. Cipriano, Epist. IX) e degli scolastici hanno ammesso la possibilità di conoscere a mezzo dei sogni l’avvenire. I preti ricorrevano anche, in aiuto alla credulità dei malati, a certi mezzi che erano di natura per portare gli spiriti alle allucinazioni, ai sogni, alle visioni. Essi sottoponevano colui che venivano a consultare l’oracolo a un digiuno prolungato che lo poneva in condizione allucinante;  gli somministravano bevande narcotiche, beveraggi stupefacenti. Le sorgenti che erano presso alcuni oracoli  erano fortemente caricate di acidi e gas. Il fenomeno era stato osservato pure da Eusebio di Cesarea.

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)