IL CARDINALE LEPICIER E GLI ANGELI di Marco Di Matteo
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luned́ 03 ottobre 2016

lepicierIl cardinale Alexis-Henri-Marie Lépicier[1], grande teologo e filosofo dell’Ordine dei Servi di Maria, nell’opera Il mondo invisibile[2] dedica al mondo degli angeli l’intero primo capitolo e la sezione terza del secondo capitolo. L’opera, che fu pubblicata per la prima volta integralmente nel 1921 in lingua italiana, raccoglie gli articoli scritti dal teologo servita per la Rivista di Apologia Cristiana. Essa si proponeva di esporre in maniera completa la dottrina cattolica sul fenomeno dello spiritismo, in un’epoca di grande diffusione dell’esoterismo e delle pratiche spiritiche. La trattazione relativa alla natura e al potere degli angeli si colloca, quindi, nell’ambito di un quadro concettuale  e argomentativo funzionale all’interpretazione dei fenomeni preternaturali, che già da tempo erano stati oggetto dell’indagine di scienziati, psicologi, filosofi e teologi. ...

...Secondo uno schema tipicamente scolastico, Lépicier inizia la sua trattazione sugli angeli, chiedendosi se sia possibile ammettere e dimostrare con la sola luce della ragione l’esistenza di puri esseri spirituali, distinti specificamente dalle anime dei defunti. Il teologo servita chiarisce che, sebbene l’esistenza di puri spiriti superiori a noi e distinti da Dio sia cosa conveniente e conforme all’armonia dell’universo, tuttavia è assolutamente impossibile col solo lume razionale conoscere, con indiscutibile certezza, questa verità[3].

 Successivamente Lépicier prende in esame l’ipotesi secondo la quale i fenomeni spiritici sarebbero una prova sufficiente dell’esistenza dei puri spiriti. A riguardo egli sostiene che le manifestazioni spiritiche non bastino a dimostrare con certezza l’esistenza di spiriti distinti dalle anime separate. Infatti, anche volendo ammettere che tali effetti superino le forze conosciute della natura, essi possono tuttavia spiegarsi senza un necessario ricorso all’operazione di sostanze interamente spirituali, dal momento che Dio potrebbe, con la sua infinita potenza, produrre questi stessi effetti senza la cooperazione delle cause seconde. In tal caso la sua azione immediata sarebbe causa esclusiva di tali effetti[4].

Dopo aver esaminato le suddette ipotesi, giudicate non fondate, il Nostro passa ad esporre quella che ritiene essere l’unica prova adeguata dell’esistenza dei puri spiriti, ossia quella fondata sull’autorità della Sacre Scritture e sancita dal Magistero della Chiesa. Il IV Concilio Lateranense riguardo all’esistenza degli angeli si pronuncia in questi termini: «[Deus] sua ominipotenti virtute simul ab inizio temporis utramque de nihilo condidit creaturam, spiritualem et corporalem, angelicam videlicet et mundanam: ac deinde humanam, quasi communem ex spiritu et corpore constitutam»[5].

Questa definizione, precisa Lépicier, non fu una nuova aggiunta al deposito della fede, perché un chiaro riferimento all’esistenza di questi esseri spirituali si trova non solo nelle opere dei Padri della Chiesa, ma anche nella Sacra Scrittura.

Successivamente il teologo servita esamina la questione della differenza di specie tra il puro spirito e l’anima umana, differenza negata dai cosiddetti Origenisti, che ritennero erroneamente di poter fondare la loro tesi sulla dottrina del celebre dottore alessandrino Origene, vissuto tra il II il III secolo d. C. Secondo costoro la differenza che intercorre tra l’anima che ha relazione con il corpo e i puri spiriti, che sono esenti da tale relazione, sarebbe una distinzione solo di grado, non di specie, quindi solo accidentale, non sostanziale. Si tratta di una tesi che è stata significativamente ripresa dai seguaci dello spiritismo moderno. Lepicier precisa che tale opinione risulta in aperta contraddizione con la dottrina cattolica, che insegna che i puri spiriti sono essenzialmente differenti dall’anima umana e non possono unirsi sostanzialmente a nessun corpo. Al contrario l’anima dell’uomo, fin dal primo istante della sua creazione, viene accolta nel corpo che vivifica e con il quale forma una sola specie e un solo individuo. Da ciò deriva l’impossibilità per l’anima di superare a tal punto i limiti della propria natura, da passare alla specie di semplice spirito; infatti, anche dopo la morte l’anima rimane ciò che fu durante la sua vita terrestre, rimane cioè ordinata al corpo per il quale fu creata[6].

Qual è dunque la natura dei puri spiriti? Il Nostro fornisce innanzitutto una sintetica definizione dei puri spiriti: «Colle parole, puri spiriti, noi intendiamo esseri intelligenti, di una natura tutta spirituale, in modo da non essere in alcuna guisa composti di materia, per quanto sottile ed eterea si possa tale materia concepire. […] Ora, la immaterialità di questi esseri è appunto la ragione per cui sono propriamente chiamati spiriti, importando il termine spirito l’idea di sostanza del tutto al di sopra della materia corporea e libera da ogni essenziale relazione alla medesima»[7].

Per questo l’espressione puro spirito non si può applicare all’anima umana, in quanto essa, pur essendo di natura spirituale, è ordinata ad informare il corpo e a costituire con esso una sostanza individua.

Le sostanze puramente spirituali sono inoltre chiamate intelletti, intelligenze o menti, perché dotate di una percezione mentale di gran lunga superiore a tutto ciò che possiamo immaginare. Si tratta però, precisa Lépicier, di appellativi metaforici, dal momento che «l’intelletto o l’intelligenza non è che una parte, o meglio una facoltà della natura angelica, quella cioè per la quale cotesti puri spiriti conoscono la verità»[8].

 Inoltre, queste sostanze sono chiamate angeli (dal greco anghelos) perché, data la loro particolare vicinanza a Dio, sono spesso da Lui mandati come inviati speciali a recare i messaggi divini agli uomini.

L’angelo dunque, per la sua natura essenzialmente spirituale, è lo specchio più terso e splendente dell’assoluta spiritualità e trascendenza di Dio.

Lépicier successivamente passa ad esaminare la complessa questione della conoscenza angelica, ossia della sua natura e della sua estensione. Egli precisa che intende limitare la sua analisi  solo alla conoscenza naturale degli angeli, vale a dire a quella conoscenza che è proporzionata alla loro naturale condizione. Poiché, oltre a questa conoscenza naturale, alcuni angeli posseggono anche, come insegna la teologia, una conoscenza sovrannaturale, che consiste nella visione immediata della Divina Essenza, visione non comune a tutti gli angeli, ma concessa solo agli angeli buoni.

Lépicier chiarisce preliminarmente che tra la virtù intellettiva della mente angelica e quella della mente umana intercorre una differenza abissale: «La distanza che passa fra l‘intelletto dell’infimo fra gli angeli e quello del più sapiente fra i filosofi è assai maggiore di quella che passa fra il più profondo scienziato e il contadino più rozzo […]. L’angelo possiede una virtù e una forza di penetrazione intellettuale, da esser capace, in un solo atto intuitivo, di abbracciare, ad un tempo, l’intiero campo scientifico proporzionato al grado della sua mente; nello stesso modo in cui noi, con una sola occhiata, abbracciamo tutto il campo visuale che ci si dispiega avanti agli occhi»[9].

La sfera della conoscenza angelica abbraccia non solo le realtà dell’universo materiale, ma anche gli oggetti puramente intellettuali del mondo invisibile. A differenza dell’uomo, inoltre, l’angelo non giunge al possesso delle sue conoscenze mediante un processo graduale e laborioso, ma, fin dal primo momento della sua esistenza, egli penetra gli oggetti compresi nel cerchio della sua sfera e a sua piacimento rivolge la sua attenzione a questi oggetti senza fatica e senza alcuna difficoltà[10].

L’anima umana, invece, legata com’è ad un corpo materiale, dal quale dipende in qualche modo nelle sue operazioni, ha bisogno, per giungere alla conoscenza della verità, dell’aiuto dei sensi esterni, nonché di quella ulteriore facoltà, anch’essa materiale, detta immaginativa[11]. Questo processo non è istantaneo, bensì graduale, infatti noi dobbiamo prima di tutto percepire gli oggetti esterni, affinché poi la nostra mente possa giungere ad una conoscenza generale delle cose ed essere capace di distinguere una cosa dall’altra per mezzo di ulteriore riflessione. L’intelletto del fanciullo, ad esempio, non è ancora in grado di cogliere adeguatamente l’essenza delle cose che lo circondano, perché i suoi sensi non sono ancora sufficientemente sviluppati. Solo quando, crescendo, i suoi sensi saranno abbastanza sviluppati e la sua mente sarà divenuta più perspicace, potrà conoscere distintamente le cose.

L’angelo, al contrario, venne creato dal principio in tutta la perfezione della sua natura, e perciò la sua mente né si sviluppa per incremento graduale, né va incontro a diminuzione nelle sue operazioni: «L’angelo è sempre nel pieno possesso delle sue naturali percezioni, senza che abbia bisogno di passare, per gradi consecutivi, dall’alba al mattino, al bagliore di mezzodì, e senza che la sua luce svanisca nelle tenebre della notte, o nemmeno si offuschi nella penombra del crepuscolo»[12].

Successivamente Lépicier, per chiarire ulteriormente la differenza che sussiste tra la conoscenza angelica e quella umana, precisa che la luce intellettuale che Dio ha comunicato alle creature spirituali è duplice: vi è una luce radicale e soggettiva, che è la stessa facoltà intellettiva, ed una luce attuale ed oggettiva, che è quel chiarore che, illuminando gli oggetti, li rende attualmente intellegibili[13]. Ebbene, gli angeli hanno ricevuto da Dio, oltre ad una facoltà intellettuale radicale molto più potente della nostra, anche una luce spirituale, derivante immediatamente da Dio, ordinata ad illuminare tutti gli oggetti da loro conoscibili, al fine di renderli oggetto di attuale conoscenza. Nell’uomo, invece, è un’ulteriore facoltà, ossia l’intelletto agente, a comunicare quel chiarore che, illuminando gli oggetti, li rende attualmente intelligibili.

Ora, che cos’è questa seconda luce che gli angeli ricevettero direttamente da Dio nell’atto della loro creazione? «Questa luce – precisa Lépicier – consiste in quelle immagini o specie, ovvero pitture mentali, che rappresentano gli oggetti esteriori, materiali o spirituali, che sono come il pascolo della loro naturale conoscenza; e appunto a queste immagini o specie si rivolge la mente angelica, per intendere le cose di questo mondo, rappresentate dalle medesime specie e immagini. È dunque l’intelletto dell’angelo come una vivida pittura, ovvero come uno specchio vivente, in cui sono raffigurati tutti gli oggetti della sua conoscenza, e in cui basta che getti lo sguardo, per conoscere attualmente le cose naturali dell’esistenza. Perciò il possesso della conoscenza non è, negli angeli, frutto di studio o di sforzo prolungato, accompagnato da faticosa ricerca, com’è nell’uomo, che non può entrare in relazione con il mondo esteriore, se non per l’applicazione dei sensi esteriori, dell’immaginativa, nonché dell’intelletto agente, destinato ad illuminare il fantasma, estraendone la specie intelligibile. L’operazione intellettuale dell’angelo consiste nel placido intuito di quelle rappresentazioni, immagini o specie, che furono impresse nella sua mente fin dal primo istante della sua creazione»[14].

Sulla base di quanto detto sembrerebbe che la conoscenza angelica non sia suscettibile di incremento. In realtà, chiarisce Lépicier, un certo aumento si deve pur ammettere nella conoscenza degli angeli, per ciò che concerne gli eventi futuri, che l’angelo non conosce se non quando avvengono in realtà. È quindi necessario che cresca la sua conoscenza al verificarsi di questi eventi. Inoltre, gli angeli possono ricevere nuove rivelazioni da Dio, come pure dagli altri angeli e dagli uomini, giacchè i segreti pensieri degli uni e degli altri sono naturalmente conosciuti solo da Dio.

Lépicier passa poi a considerare come la conoscenza di un angelo differisca da quella di un altro angelo. Infatti, sebbene tutti gli angeli abbiano un modo comune di conoscere le cose, tuttavia si deve ammettere, nella loro conoscenza, una certa differenza determinata dal grado di perfezione naturale di ciascun angelo. Questa differenza consiste precisamente nel diverso grado di specie o rappresentazioni delle cose, impresse fin dal principio nell’intelletto dell’angelo, specie che sono appunto proporzionate alla perfezione dell’intelletto o della mente dell’angelo. Infatti, «mentre nell’angelo superiore queste immagini sono più universali e conseguentemente hanno una più larga estensione, nell’angelo inferiore, invece, esse sono più particolareggiate e meno comprensive: dal che consegue che la conoscenza naturale di uno spirito superiore ha maggiore unità e semplicità, mentre quella di uno spirito inferiore è più divisa, disarticolata e, direi, quasi, spezzata e frazionata»[15].

Oltre a questa conoscenza naturale, l’intelletto possiede anche un secondo livello di conoscenza che ha come oggetto le verità di ordine sovrannaturale, quali i misteri della fede, e i fatti sovrannaturali, quali le molteplici operazioni della grazia nelle anime dei giusti. Tali verità e tali fatti vengono conosciuti dagli angeli nel Verbo di Dio, ossia nella visione faciale della Divina Essenza, che è propria solo degli angeli buoni. Vi è però una differenza tra la visione della Divina Essenza e la visione delle opere divine: la Divina Essenza viene vista da tutti gli angeli immediatamente; non così però le opere divine, che vengono contemplate in Dio più o meno ampiamente, a seconda del grado di vicinanza dell’angelo a Dio. Ma la carità che anima gli angeli non permette che essi tengano solo per sé la conoscenza delle cose contemplate. Ne consegue che l’angelo superiore, che vede con maggiore ampiezza e profondità le opere divine, illumina l’angelo inferiore, incrementandone il lume naturale ed istruendolo sui misteri della natura, della grazia e della gloria. Si tratta di quella meravigliosa comunicazione conosciuta teologicamente sotto il nome di illuminazione angelica. Dio, spiega Lépicier, nella sua sapienza, «ha ordinato che, mentre la intelligenza più elevata viene direttamente da Lui illuminata, questa alla sua volta debba, quale agente intermediario, agire nell’imprimere le immagini di quelle cose nell’intelligenza a sé inferiore, e questa ad una terza, e via discorrendo.  Discendendo così la scala delle intelligenze spirituali, troviamo in ciascuna sostanza separata un doppio influsso, passivo cioè e attivo, in modo che, mentre il primo angelo illumina tutti gli altri, esso però venga illuminato da Dio; l’ultimo poi, pur essendo egli stesso illuminato, non illumina alcun altro angelo, ma solo l’uomo. A capo di tutti gli angeli è l’umanità sacrosanta del Verbo, la quale, come luce splendente e purissima, illumina ogni creatura intellettuale, e perfino la più alta tra le intelligenze angeliche»[16].

Lo straordinario fenomeno dell’illuminazione angelica riguarda solo gli angeli buoni, dal momento che i cattivi, per il fatto stesso che sono posti fuori dell’ordine sovrannaturale di Dio, sono esclusi da questo “commercio” intellettuale, che è tutto carità e amore. Possono tuttavia comunicare ad altri angeli i loro pensieri e desideri in forma di domande e risposte, come anche possono ricevere dagli angli buoni qualche speciale rivelazione.

A questo punto Lépicier si chiede quali siano precisamente gli oggetti compresi nella conoscenza angelica. Si tratta di una questione complessa, perché non è agevole determinare accuratamente quale sia il campo della conoscenza delle intelligenze spirituali. Si è comunque certi che la quantità di nozioni di cui è ricca la mente degli angeli supera incommensurabilmente quella della mente umana, che, anche quando raggiunge le più alte vette del sapere, non è immune da errori e imperfezioni e comunque non può mai sottrarsi alla legge della gradualità nell’acquisizione delle conoscenze. Negli angeli, invece, le specie in loro infuse non sono soltanto rappresentazioni dei principi generali su cui poggia il fondamento di ciascuna scienza particolare, ma sono inoltre, per la mente angelica, il mezzo adeguato per conoscere distintamente tutte le particolarità contenute virtualmente in quei principi. Così la mente angelica intuisce, in una sola immagine o specie, tutti gli oggetti particolari contenuti in una data scienza, e passa, con estrema facilità e senza alcuna confusione, dalla considerazione di un oggetto a quella di un altro. È chiaro che agli angeli superiori, che sono più vicini a Dio e godono di un grado di illuminazione maggiore, bastano poche specie di maggiore universalità per conoscere, mentre gli angeli inferiori hanno bisogno di un maggior numero di specie.

Successivamente Lépicier affronta la questione se alla conoscenza angelica siano preclusi alcuni ambiti. Ebbene, gli oggetti che bisogna escludere dalla conoscenza naturale degli angeli sono gli avvenimenti futuri e i pensieri segreti dei cuori, che essi possono conoscere solo in virtù di una speciale rivelazione da parte di coloro da cui dipendono tali forme di conoscenza. «Ora – afferma Lépicier – gli avvenimenti futuri dipendono da Dio solo, e i pensieri del cuore dipendono da Dio e dalla creatura ragionevole; onde ne segue che i primi possono essere rivelati soltanto da Dio, i secondi da Dio e dagli autori rispettivi di questi pensieri»[17].

Chiaramente tale impossibilità vale solo in riferimento a quella conoscenza vera e certa che esclude ogni dubbio. È necessario, infatti, ammettere che gli angeli, per l’acutezza del loro intelletto, possano conoscere, con una probabilità che si avvicina alla certezza, gli eventi futuri che dipendono dalle leggi fisiche, come ad esempio i terremoti, le tempeste, le eruzioni vulcaniche, ecc.; possono anche prevedere gli eventi futuri dipendenti da tali fenomeni, come la perdita di vite umane, la distruzione di città e simili. Inoltre l’intelligenza angelica conosce perfettamente la costituzione fisica di ciascun individuo, in modo da poter predire, con approssimativa certezza, il futuro stato di salute di una persona, come anche la probabile lunghezza della sua vita. Tuttavia gli eventi che dipendono interamente dalla volontà di Dio o da quella delle creature sono del tutto sconosciuti agli angeli[18].

Il teologo servita passa poi ad esaminare le modalità con le quali gli uomini possono mettersi in comunicazione con gli spiriti del mondo invisibile, per giungere ad una reciproca manifestazione di pensieri segreti. Egli parte dalla considerazione di ciò che accade nelle comunicazioni intellettuali tra gli uomini nella vita presente. Perchè un uomo possa conoscere i pensieri di un altro uomo, non basta che questi voglia manifestargli i suoi pensieri, giacchè vi è tra i due come un muro di divisione costituito dai loro corpi, che impediscono la comunicazione diretta delle menti. Solo con l’uso dei segni ordinati a manifestare le nostre idee, quali sono la parola, la scrittura, i gesti, ecc., questo impedimento può essere superato. Senza questi segni non è possibile sapere nulla del mondo interiore dell’altro.

Nella comunicazione tra gli angeli, invece, non esiste tale impedimento corporale, perché essi possono comunicare liberamente tra di loro, in tutti i casi in cui abbiano intenzione di farlo.

Questa modalità di comunicazione intellettuale può verificarsi anche tra gli uomini e gli angeli, perché per questi ultimi vi è l’ostacolo del corpo. Quindi per noi, al fine di manifestare i nostri segreti pensieri ad un angelo, basterà la semplice volontà di farlo e che l’angelo rivolga attualmente la sua attenzione ai nostri pensieri.

Senza il nostro consenso, comunque, neanche l’angelo può conoscere i nostri pensieri e le nostre intenzioni nascoste. Anche lo stato morale della nostra anima non è manifesto alla mente dell’angelo. Il nostro angelo custode, ad esempio, senza una speciale rivelazione di Dio, ignora se siamo o meno in stato di grazia e di amicizia con Dio, sebbene egli possa, dai segni esteriori, formulare delle congetture fondate intorno allo stato interno della nostra anima. In poche parole, la nostra mente e il nostro cuore rimangono anche per l’angelo più intelligente come un dedalo, precisa Lépicier[19].

Quanto alla possibilità di accesso diretto per gli esseri umani ai pensieri degli angeli, Lépicier afferma che «l’uomo non può leggere in modo diretto i pensieri nascosti nella mente dell’angelo, quand’anche questi acconsentisse a manifestarglieli, perché noi, nella vita presente, non possiamo conoscere nulla senza il concorso di immagini materiali, chiamate fantasmi. E perciò, per conoscere noi i pensieri dell’angelo, è necessario che vengano prodotte nel nostro cervello speciali modificazioni corrispondenti alla rappresentazione di quei pensieri. Ma queste modificazioni del cervello possono venir causate dall’angelo, il quale […] ha il potere di modificare la materia a suo piacimento, e di dare al nostro cervello quella speciale disposizione oggettivamente necessaria per noi ad intendere qualunque determinato oggetto»[20].

Nella sezione terza del primo capitolo Lépicier esamina il problema del potere degli angeli nell’universo. Egli parte dalla constatazione di come tanto i filosofi dell’antichità, quanto i Padri e i Dottori della Chiesa, abbiano insegnato concordemente che l’ordine fisico dell’universo, insieme alle sue diverse parti materiali, è soggetto al governo degli essere spirituali. Ciò non significa che gli esseri spirituali furono creati principalmente per cooperare con Dio al governo del cosmo, perché il principale fine della loro creazione fu di riflettere in loro stessi, in qualche modo, la perfetta spiritualità di Dio, e tributargli, nel loro proprio linguaggio, lode e gloria senza fine.

Tuttavia, essi possono rendere a Dio questa gloria anche col regolare, conformemente al piano da lui stabilito, gli elementi della materia e le varie parti di questo mondo. Perciò possiamo dire che il governo del mondo è il fine secondario della creazione degli angeli[21]. Infatti, come è manifesto che la nostra anima governa e regola le operazioni del nostro corpo, è altrettanto naturale pensare che il mondo materiale venga regolato e governato dalle sostanze angeliche, nella stessa maniera in cui un inferiore è regolato e governato dal suo superiore.

Lépicier ha premura di precisare che questa dottrina non ha alcuna analogia con alcune forme di pampsichismo e spiritismo moderni, secondo cui la produzione di ciascuna pianta e di ciascun animale è opera di distinti essere incorporei. I moderni pampsichisti e spiritisti, infatti, hanno ritenuto impossibile che la grande varietà di organismi di cui è composto l’universo abbia avuto origine dalla sola combinazione di quei pochi elementi che entrano nella loro composizione, come l’idrogeno, l’ossigeno, il carbonio e il potassio, ecc., e hanno introdotto, per spiegare la genesi dei diversi organismi viventi, individui immateriali attivamente occupati nella produzione di ciascuno di essi, e quindi nella regolazione dei processi che, dalle primitive forme geometriche cristalline, conducono fino ai tessuti più complessi degli animali superiori.

«Tutto ciò – afferma il teologo servita – è assai lontano da quanto insegna la Teologia cattolica. Questa ci dice che la materia, per sua natura priva di ogni qualità, ricevette da Dio, nel principio, in un coll’essere, tutte quelle sottili proprietà, ordinate a dar origine nel corso del tempo, a tutti i susseguenti cambiamenti nelle varie parti dell’universo. Inoltre questa materia, per se stessa inerte, non potè passare dallo stato di inerzia iniziale allo stato di attività e di moto, se non per un impulso di Dio, causa prima e fonte principale di ogni attività. In una parola, tanto quelle qualità impresse fin dal principio nella materia, quanto l’impulso iniziale dato a questa, ebbero luogo secondo un piano di leggi fisiche sapientissime ordinate al governo ordinario del mondo; e queste leggi appunto ci danno la spiegazione di tutte le susseguenti trasformazioni che avvengono nell’universo, ed anche della conservazione di quell’equilibrio, da cui dipendono l’armonia e la pace del mondo. […] Queste leggi fisiche, da Dio stabilite nel principio del mondo, sarebbero, strettamente parlando, sufficienti a conservare l’equilibrio del medesimo. Ma […] l’angelo, in virtù della sua superiorità sul mondo visibile, possiede un certo potere sopra glie elementi della materia corporea. Perciò Iddio ha ordinato che, nel governo dell’universo, l’angelo medesimo eserciti questo potere per la manifestazione della sua gloria, fine ultimo della produzione di tutte le cose»[22].

Il motivo principale per cui Dio ha affidato agli angeli un certo potere di agire sulla materia e anche il ruolo di eseguire quelle deroghe alle leggi ordinarie del creato chiamate miracoli, è quello di aiutare l’uomo a credere più fermamente nelle verità sovrannaturali, anche attraverso tali fenomeni straordinari. In questo modo gli angeli sono come i veri ministri del gran Re dell’universo, i promotori della sua gloria rispetto all’uomo.

Per i motivi suddetti i Padri e i Dottori della Chiesa hanno riconosciuto unanimemente negli angeli un certo potere riguardo al governo e alla custodia delle varie parti dell’universo: alcuni presiedono alla custodia delle piante, altri a quella degli animali, altri ancora a quella degli uomini. Sant’Agostino, ad esempio, sostiene che ciascuna specie di esseri, nei diversi regni della natura, viene governata dal potere angelico. Inoltre, è insegnamento comune della Chiesa e della Teologia cattolica che ad ogni uomo, al momento della sua nascita, viene assegnato un angelo custode, per proteggerlo e difenderlo in tutto il tempo della vita.

Lépicier rivolge poi la sua attenzione all’analisi del potere degli angeli sulla materia, ma prima di entrare in medias res, precisa la differenza che sussiste tra le varie opere di Dio nell’universo. Egli, richiamandosi alla classica dottrina aristotelico-tomistica, distingue, tra i mutamenti prodotti dalla natura, quelli sostanziali e quelli accidentali. Questi ultimi poi sono o secondo il luogo, o secondo la quantità, o secondo la qualità.

Ora, è evidente che le mutazioni sostanziali superano in natura quelle accidentali; e tra queste primeggia la mutazione locale, poi viene quella quantitativa e infine quella di alterazione o qualitativa.

Al di sopra delle mutazioni naturali ovviamente vi sono quelle straordinarie o sovrannaturali, tra le quali vi è ugualmente una gerarchia: alla base vi è la mutazione formale, poi quella che consiste nella totale trasmutazione di sostanza, chiamata anche transustanziazione, che è appunto il cambiamento di tutta la sostanza di una cosa in tutta la sostanza di un’altra, come avviene per il pane che viene convertito nel corpo di Cristo.

Sia nella conversione formale che in quella sostanziale la realtà soggetta a mutamento possiede una certa potenza obbedienziale[23] a ricevere  la nuova forma o la nuova sostanza.

Chiaramente laddove in un’operazione non preesista alcuna potenza, nemmeno obbedienziale, a ricevere una forma o una sostanza, ci troviamo dinanzi ad un atto ancora maggiore della transustanziazione, e questo è appunto la creazione ex nihilo da parte di Dio, per la quale tutta la materia viene prodotta dal nulla.

Al di sopra della creazione, poi, dobbiamo ancora collocare la giustificazione, ossia la santificazione della creatura razionale, almeno per ciò che riguarda il termine e la quantità dell’opera, appunto perché «il bene a cui questa viene elevata, supera infinitamente tutte le forze, tutti  desideri, tutte le aspettative del creato, benché, per rispetto al modo di agire, la creazione sia maggiore, giacchè essa non si appoggia a nessun soggetto»[24].

Al vertice della gerarchia delle opere divine vi è finalmente l’Incarnazione del Verbo, che sorpassa tutte le mutazioni concepibili, appunto perché il termine di essa è una divina persona, la quale si unisce ipostaticamente ad una natura creata, comunicandole la sua tessa sussistenza; perciò S. Tommaso definisce quest’opera miraculum miraculorum omnium[25].

Dopo aver esposto la distinzione tra le diverse operazioni divine che noi scorgiamo nell’universo, Lépicier si chiede se l’angelo possa indifferentemente compiere qualunque di esse o se il suo potere si restringa ad una categoria solamente.

Prima di tutto esamina la questione se l’angelo possa incarnarsi, dal momento che alcuni seguaci dello spiritismo sostengono che egli possa unirsi personalmente ad una natura visibile, uomo o bestia che sia: da ciò deriva anche l’osservazione frequente secondo cui alcuni individui sarebbero l’incarnazione del demonio. Tale affermazione, presa in senso proprio, significherebbe che il demonio abbia assunto una determinata creatura nell’unità della sua persona, appunto come il Verbo unì a sé la nostra natura umana. Questo, precisa Lépicier, è impossibile, perché solo un essere infinito, quale è appunto Dio, può comunicare ad una natura, distinta dalla sua, la propria personalità. Un uomo, una bestia, può essere posseduto, invaso, dominato dal demonio, ma non potrà mai essere ipostaticamente il demonio stesso, come il Verbo è ipostaticamente vero uomo.

L’angelo, inoltre, non solo non può, propriamente parlando, incarnarsi, ma nemmeno infondere nell’anima dell’uomo una qualità morale, come fa Dio quando, per una sua misteriosa operazione, giustifica il peccatore, infondendogli il dono divino della grazia e delle virtù sovrannaturali. «Infatti questo – dice Lépicier – può venir compiuto soltanto da quell’agente che può penetrare (illabi) nell’intimo dell’anima: il che è proprio di Dio, che è intimamente presente in tutte le cose, sostandando  (sic) con la sua divina virtù quel medesimo essere, che le cose stesse hanno ricevuto da Lui. E perciò l’Angelo potrà benissimo, per via di suggerimenti e di pressioni, esercitare la sua influenza sul cuore dell’uomo, ma non potrà mai infondere nel medesimo una qualità morale, buona o cattiva che sia»[26].

Quanto alla questione se che l’angelo possa creare la materia, Lépicier risponde che ciò è assolutamente fuori dalla sfera di azione del potere angelico, perché solo Dio può creare dal nulla la materia.

Altrettanti dicasi del potere di tansustanziare, ossia di cambiare completamente la natura di una cosa, cioè la sua materia e la sua forma, in un’altra, poiché, per poter effettuare un mutamento così radicale, è necessario possedere un potere assoluto su tutto l’oggetto che deve transustanziarsi, ossia sulla materia e sulla forma; ma anche questo è prerogativa esclusiva di Dio.

Anche il potere di fare miracoli è precluso all’angelo, in quanto questo è un agente finito e la regola di ogni agente finito è che segua, nelle sue operazioni, l’ordine stabilito dalla natura: secondo tale ordine un agente finito può indurre nella materia solo quella forma a cui la materia stessa è in potenza prossima, e non già una forma  a cui la materia sia solo in potenza remota[27].

Quindi, il potere degli angeli nel mondo è limitato all’ordine naturale e non può spiegarsi se non nella forma di mutamento della materia corporea. Ma in che modo egli può mutare la materia dei corpi? Prima di affrontare la questione, Lépicier introduce la distinzione tra mutamento intrinseco e mutamento estrinseco: il primo riguarda la sostanza, o almeno la quantità o qualità di un corpo; il secondo interessa il luogo, ossia la posizione di quel corpo e viene chiamato anche traslazione.

Un esempio di mutamento della prima specie sia ha  nella combustione di un pezzo di legno, a seguito della quale abbiamo come risultato le ceneri, che non sono più legno.

Ci sono anche delle mutazioni intrinseche che non toccano la sostanza della cosa e che più correttamente si chiamano alterazioni. Tali sono, ad esempio, il cambiamento o l’alterazione introdotta nel sistema umano da una qualche infermità e lo sviluppo dell’uomo dalla condizione di bambino a quella di adulto.

Il movimento locale invece, come si è detto, si verifica nel tempo e nello spazio, lasciando inalterata la sostanza degli oggetti, i quali vengono così trasferiti da luogo a luogo.

Ora, si chiede Lépicier, può l’angelo produrre, oltre a mutamenti estrinseci, anche modificazioni intrinseche? Prima di rispondere a tale interrogativo, il teologo servita premette che un agente materiale può produrre un cambiamento intrinseco sia nella sostanza, sia nella qualità o quantità della materia, solo in virtù della somiglianza naturale che esso ha con l’effetto che produce. Da ciò si deduce che gli angeli, essendo creature spirituali del tutto prive di ogni materia e quindi dissimili in natura da ogni effetto materiale, sono incapaci di alterare, per un’azione diretta ed immediata, la sostanza delle cose materiali e corporee; anche se volessero farlo, la loro azione sarebbe inefficace, mancando ogni somiglianza naturale tra causa ed effetto. Se essi non sono in grado di creare la materia dal nulla, a fortiori non possono produrre alcun essere vivente, nemmeno di infima specie.

Tuttavia, se la mutazione intrinseca dei corpi eccede il potere immediato e diretto dell’angelo, il cambiamento locale, al contrario, è compreso entro la sua immediata sfera d’azione: l’angelo può trasportare colla massima facilità, da un luogo ad un altro, un corpo anche pesantissimo, con una sorprendente rapidità e con una prontezza che sorpassa qualunque forza meccanica a noi conosciuta. Ed è appunto a questo potere che si debbono attribuire tutti quei cambiamenti intrinseci, tanto sostanziali, quanto accidentali, che l’angelo talvolta induce nei corpi, non per opera diretta ed immediata, ma mediante il moto locale dei corpi.

Questo potere dell’angelo è fondato sulla «legge generale, per la quale le cose superiori di un ordine inferiore sono soggette al potere degli esseri appartenenti all’ordine superiore. Perciò, essendo la trasferibilità da luogo a luogo la più nobile proprietà dei corpi, essa trovasi dentro la sfera d’azione delle sostanze puramente spirituali»[28].

Quanto alla possibilità che un angelo, che è una creatura interamente spirituale, si trovi in un luogo determinato, Lèpicier chiarisce che ciò può dirsi non in ragione della sua sostanza, ma per ragione della sua virtù, ossia dell’attività che dispiega o può dispiegare riguardo a qualche oggetto materiale. In tal caso egli prenderà totalmente possesso di quel luogo o di quell’oggetto, sia animato che inanimato, ossia egli lo occuperà, lo riempirà, lo circoscriverà in modo tale da escludere che un altro angelo lo possa occupare in maniera simile: quel luogo o quell’oggetto particolare diviene così il dominio dell’angelo, senza che però egli si unisca sostanzialmente a quel luogo o a quell’oggetto, dal momento che questo genere di unione è proprio dell’anima umana, la quale, come ogni forma sostanziale, è unita formalmente al proprio corpo.

In questa assoluta e completa occupazione dei corpi da parte degli angeli, noi troviamo la spiegazione di quel misterioso potere, conosciuto col nome di possessione, che gli spiriti invisibili talvolta esercitano sugli oggetti materiali, siano essi minerali, piante, animali o anche uomini. «L’oggetto animato od inanimato – spiega Lépicier – che l’angelo, sia buono che cattivo, occupa in questo modo colla sua potenza, diviene, per così dire, la sua cittadella, da dove respinge ogni altra forza, non solo meccanica, ma ben anche spirituale od angelica»[29].

Successivamente Lépicier passa ad esaminare qual è l’estensione del potere angelico sulla materia. Si è detto che l’angelo ha la capacità di trasferire senza difficoltà gli elementi della materia da un luogo ad un altro. Da questa capacità deriva conseguentemente anche il potere di produrre nell’universo un enorme numero di mutazioni intrinseche, sia sostanziali che accidentali, utilizzando appunto il potentissimo mezzo del moto locale. Da questo possiamo comprendere quanto meravigliosi siano,  riguardo sia alla estensione che alla varietà, i fenomeni straordinari ai quali il potere angelico può, direttamente o indirettamente, dare origine. «Da un lato – scrive Lépicier – questi puri spiriti hanno intorno alle leggi fisiche e chimiche dell’universo, una conoscenza che sorpassa di molto la nostra; d’altro lato, il loro potere è così esteso, che possiamo quasi dire non esservi fenomeno alcuno nel mondo, che da essi non possa in un modo o nell’altro venir prodotto. In verità, l’angelo può cagionare effetti così sorprendenti, da indurre gli spettatori nella persuasione che quelli siano miracoli, benché tali non siano realmente. Difatti, quantunque tali effetti sorpassino le forze dell’universo visibile da noi conosciute, non sono tuttavia superiori al potere della stessa natura angelica; ora, il miracolo è opera della sola potenza divina; è un’opera che sorpassa tutte le forze della natura, sia visibile, sia invisibile»[30].

Sebbene il potere angelico sia così esteso, non bisogna però temere che questi spiriti invisibili sconvolgano il corso della natura, poiché essi hanno ricevuto un tale potere non per distruggere il cosmo, ma per ordinarlo e governarlo. Se talvolta un creatura angelica perversa procura del male all’uomo o getta disordine negli elementi della natura, ciò avviene o per qualche patto, sia esplicito che tacito, tra l’uomo e l’angelo, o per una segreta disposizione di Dio, che nella sua infinita sapienza può in alcuni casi permettere tali situazioni; come avviene, ad esempio, allorché Egli lascia che degli spiriti cattivi tormentino gli uomini, senza che questi abbiano dato motivo a siffatte molestie.  

Gli angeli, inoltre, hanno la capacità di formare dei corpi che sono apparentemente del tutto simili a corpi viventi e di cui possono servirsi come strumento. In tal caso i corpi non diventano parte essenziale, virtuale od integrante della loro natura angelica, perché l’assoluta spiritualità di tali creature lo impedisce radicalmente. Si tratta, dunque, di semplici simulacri di corpi viventi, che non possono compiere azioni vitali, perchè privi del soffio vivificatore che li pervada e li informi, come l’anima pervade e informa il nostro corpo. Pertanto,  le epifanie degli spiriti celesti così frequenti nel Vecchio Testamento (ora transitorie, ora invece, come nel caso di Tobia, prolungate, così da dare a tutti l’illusione di un personaggio realmente umano), si devono spiegare non già come visioni puramente immaginarie, ma per assunzione o formazione di corpi, di cui questi spiriti si sono serviti come strumenti.

Alla luce di quanto già esposto, rimane ora da approfondire l’estensione del potere angelico sull’uomo, che è una creatura nello stesso tempo spirituale e corporea.

È evidente che gli angeli, in virtù del loro potere sulla materia, possono esercitare il loro influsso anche sul corpo umano. Quando ciò avviene in modo particolarmente intenso e prolungato, gli angeli malvagi arrivano a dominare e a tiranneggiare il corpo dell’uomo, originando quel fenomeno che è chiamato possessione diabolica. L’angelo, infatti, può agire immediatamente sui sensi sia interni che esterni degli animali, compreso l’uomo.  «Ciò è dovuto al fatto – precisa Lépicier – che le percezioni dei nostri organi sensitivi, interni ed esterni, dipendono dal moto dl nostro sistema nervoso: ora questo, per quanto vitale e sottilissimo, è pure un elemento materiale; esso può dunque essere direttamente assoggettato al potere che possiede l’angelo sul moto locale della materia»[31].

Nell’uomo, tuttavia, le facoltà sensitive sono intimamente collegate all’intelletto e sono ad esso ordinate; perciò, mentre l’angelo influisce sui nostri sensi, può influire per conseguenza in qualche modo anche sul nostro intelletto.

L’angelo, inoltre, può illuminare il nostro intelletto, sebbene in un modo essenzialmente diverso da quello con cui gli angeli si illuminano tra loro. In rapporto all’uomo l’angelo si serve delle immagini sensibili, che è in suo potere formare, per volgere l’intelletto umano verso ciò che intende fargli conoscere; a questo scopo egli può far uso di quelle energie latenti del nostro sistema nervoso, che sono ordinate alle operazioni della mente.

Sulla volontà umana, invece, l’angelo non ha un potere tale da indurla ad obbedire infallibilmente al suo comando, perché questo è un potere che appartiene solo a Dio, che è autore della nostra natura e quindi causa prima anche di quella nostra naturale inclinazione, che si chiama appunto volontà.

L’influsso che gli spiriti angelici possono esercitare sulla volontà dell’uomo è puramente esterno: possono cioè suggerirci di volere un qualche oggetto determinato, presentandocelo sotto forme attraenti, così da stimolare la nostra volontà al conseguimento di esso. «Inoltre, – aggiunge Lépicier – siccome l’esperienza ci insegna che le passioni hanno un gran potere a muovere la nostra volontà, e d’altra parte il nostro sistema sensitivo è soggetto, nei suoi moti, all’influsso degli altri agenti spirituali, perciò gli angeli possono muovere ancora la nostra volontà, eccitando in noi moti violenti e forti immaginazioni di amore, di odio, d’ira, e simili, le quali passioni hanno tutte la loro sede particolare in qualche organo del corpo»[32].

Dopo aver trattato dell’estensione del potere degli angeli, Lépicier si sofferma ad analizzare i limiti del potere angelico. Prima di affrontare la questione, richiama la differenza tra le diverse tipologie di miracolo secondo la teologia cattolica, che distingue tre ordini di fenomeni straordinari: al primo ordine appartengono i fenomeni quoad substantiam facti, cioè quelli che superano interamente le forze della natura, come ad esempio fermare il movimento del sole; al secondo ordine appartengono le opere quoad subiectum,  la cui produzione cioè non è la di sopra delle forze della natura, ma che però la natura non può effettuare se non in determinati soggetti, naturalmente disposti a ricevere quella forma che si vuole dare loro; al terzo ordine appartengono i miracoli quoad modum, ossia quelle opere che la natura può compiere anche in virtù delle sue forze, ma non con la stessa rapidità e facilità che si riscontra quando gli stessi effetti sono ottenuti per via miracolosa. Così, ad esempio, la natura può far cessare un’infezione all’occhio, ma con l’uso di mezzi adeguati e in un lasso di tempo più o meno lungo; nel miracolo invece lo stesso effetto può essere ottenuto senza alcuno strumento fisico e in modo istantaneo.

L’angelo, chiarisce Lépicier, non può affatto compiere miracoli di primo e di secondo ordine, ma può, di propria iniziativa e con l’esercizio della propria energia, produrre nell’universo effetti corrispondenti a miracoli di terza classe. La ragione è, come già si è detto, che l’angelo, avendo pieno potere sul moto locale degli elementi della materia, può in brevissimo tempo, metterli in opera per produrre istantaneamente quei medesimi effetti che la natura produce solo dopo congrue preparazioni e secondo un ordine determinato.

Gli angeli possono compiere opere visibili miracolose e soprannaturali solo quando operano in qualità di ministri di Dio e sotto i suoi comandi, mentre, «quando agiscono di propria iniziativa, ossia, in altre parole, come agenti principali, allora tali opere sono naturali: tutt’al più possono chiamarsi preternaturali, cioè compiute all’infuori delle forze della natura a noi conosciuta, non però all’infuori delle forze di tutta la natura creata, com’è precisamente quando trattasi di un vero miracolo»[33].

C’è però da fare un’importante distinzione tra gli angeli buoni e quelli cattivi. Infatti, mentre i primi si servono del potere che posseggono sulla materia solo su comando di Dio e come strumenti della sua virtù, e quindi ogni loro intervento è un vero miracolo, i secondi invece, dal momento che operano di propria iniziativa per un fine malvagio, non compiono veri miracoli, tranne nel caso in cui sono costretti ad agire nel mondo visibile quali ministri della giustizia di Dio.

Una questione complessa è quella relativa alla possibilità per l’angelo di produrre il fenomeno della compenetrazione dei corpi. In altre parole, si chiede il teologo servita, può l’angelo far sì che due corpi occupino un medesimo spazio nello stesso tempo?

Apparentemente sembra che tale fenomeno si verifichi di frequente nelle sedute spiritiche, quando per esempio si vedono oggetti uscire fuori da scatole o da cassette interamente chiuse, e rientrarvi nella stessa maniera, senza che quelle scatole o cassette risultino anche minimamente danneggiate. Ma bisogna subito precisare, sostiene Lépicier, che l’angelo non può far sì che due corpi occupino esattamente lo stesso luogo o lo stesso spazio nel medesimo tempo, e perciò la compenetrazione dei corpi, propriamente detta, è del tutto esclusa dalla sfera di azione dell’angelo. Infatti, affinché due corpi occupino attualmente un medesimo luogo, è necessario prima di tutto che in uno di questi corpi venga sospeso l’effetto esterno proprio della quantità, cioè la corrispondenza esatta delle sue proprie dimensioni alle dimensioni dello spazio determinato che dovrebbe occupare. Inoltre, la presenza simultanea di due corpi nel medesimo spazio richiede che il principio distintivo di un corpo dall’altro, principio che in via ordinaria segue immediatamente la relazione delle dimensioni esteriori della quantità alle dimensioni corrispondenti dello spazio, venga supplito da qualcosa di esterno, ossia dalla causalità efficiente di un agente che sia capace di produrre, senza le cause seconde, gli effetti delle medesime cause.

L’angelo, pertanto, non ha il potere di sospendere le proprietà naturali dei corpi, né quello di supplire all’efficienza delle cause seconde, perché questo è prerogativa esclusiva di Dio, che può fare sia l’una che l’altra cosa. Si tratta infatti di fenomeni che appartengono alla prima classe di miracoli, detti miracoli secundum substantiam facti. «L’unica cosa che può fare l’angelo – specifica Lépicier – è di servirsi delle proprietà inerenti agli elementi della materia, proprietà da loro perfettamente conosciute, e di produrre per mezzo di ingegnose combinazioni, effetti sorprendenti, atti appunto a farci credere, che si tratti di compenetrazione dei corpi, mentre in realtà quegli affetti non sono altro che casi di prestidigitazione.

Qualora dunque accada, che nelle sedute spiritiche si veda qualche oggetto uscir fuori da qualche scatola chiusa […], bisognerà conchiudere, o che quel passaggio sia solo apparente, potendo l’angelo con grande facilità sostituire un oggetto ad un altro, o che quella scatola non fosse totalmente chiusa da impedire che quell’oggetto, ridotto in minutissime parti, passasse attraverso le fessure.

Infatti, […] egli può, con grande facilità, ridurre i più puri metalli in parti sottilissime, facendole passare attraverso fori anche piccolissimi, a noi appena percettibili; parimenti l’angelo può ricostruire, con grande prontezza, i corpi così disfatti, e riportarli esattamente allo stato primitivo»[34].

 Tutto questo permette di concludere che i fenomeni spiritici possono spiegarsi facilmente mediante l’azione degli angeli malvagi, che cercano di ingannare l’uomo e allontanarlo da Dio, così come molti strani fenomeni patologici possono essere attribuiti alla causalità angelica.

Lépicier, nell’ambito del volume Il mondo invisibile, ritorna a parlare in generale degli angeli nella sezione seconda del capitolo terzo, in cui tratta delle diverse classi di esseri angelici, partendo dalla loro creazione. Dio infatti, scrive Lépicier, «produsse dal nulla, in un istante, miriadi di sostanze puramente spirituali, distribuendole, conforme un piano sapientemente stabilito, in gerarchie, ed ordini, per formare, così, un immenso coro celeste, ordinato a tributargli gloria e onore, per tutti i secoli»[35].

Egli, inoltre, li dotò, fin dal momento della loro creazione, del dono della divina grazia, rendendoli così partecipi della sua amicizia ed eredi della sua felicità infinita, dimensioni a cui non sarebbero mai potuti giungere senza questo aiuto sovrannaturale, che è la grazia.

Ognuno di questi nobilissimi spiriti possedeva il libero arbitrio, ossia quella straordinaria possibilità di scegliere tanto il bene quanto il male.

Adorni com’erano della grazia di Dio e arricchiti della sua amicizia personale, tutti gli angeli avrebbero dovuto immediatamente ricevere, dalle mani del Creatore, la ricompensa dovuta al loro merito, ossia il possesso della felicità eterna, nella visione della Divina Essenza. Tuttavia alcuni di loro, con un atto di suprema apostasia compiuto in un solo istante, pretesero di ottenere questa ricompensa mediante le loro forze naturali, rigettando la grazia di Dio. Essi, dunque, cercarono la felicità fuori di Lui o, almeno, non attraverso quei mezzi da Dio stesso ordinati e stabiliti. Conseguentemente, mentre la maggior parte degli angeli vennero introdotti immediatamente nella vita eterna, gli altri furono subito precipitati nell’eterna miseria.

La ribellione degli angeli, come insegna il Magistero della Chiesa, ebbe inizio per opera di uno di essi, che suscitò negli altri quello spirito di insubordinazione e di superbia, che è la prima scintilla di ogni disordine. Alcuni di essi furono immediatamente precipitati nel luogo della loro punizione, che è l’inferno, mentre altri, per disposizione divina, rimasero su questa terra, ma continuando a subire i loro terribili tormenti. E questi, appunto, con il permesso di Dio, possono vagare per il mondo,  causando vari mali fisici e provocando gli uomini alla ribellione contro Dio.

La loro scelta, nel bene e nel male, è irrevocabile, poiché la natura stessa dell’operazione intellettuale dell’angelo costituisce un ostacolo invincibile a qualunque cambiamento nel suo stato. Infatti, l’intelletto angelico non procede, come il nostro intelletto umano, con gradualità e in maniera mediata nella conoscenza della verità. Esso non è soggetto alle esitazioni che noi quotidianamente sperimentiamo. Afferma a riguardo Lépicier: «Siccome l’angelo acquista, per così dire, con una sola occhiata intellettuale l’intuizione perfetta delle cose, così egli aderisce, con immobile tenacità, agli oggetti di sua scelta. È impossibile che una sostanza puramente spirituale ritorni sull’oggetto della sua elezione, e venga a scegliere un oggetto a quello contrario.»[36]. Quindi, «come gli angeli buoni, nel loro atto di sottomissione al volere di Dio, consacrarono, per sempre, al suo servizio le loro facoltà, intellettuali e morali, tutti i loro doni di natura e di grazia, ed anche tutto il loro essere: così al contrario, gli angeli caduti, nel loro grido di ribellione, pervertirono una volta per sempre tutte le loro facoltà, perdendo i doni soprannaturali, che Dio aveva loro concessi»[37].

Successivamente Lépicier si chiede quali cambiamenti hanno avuto luogo nella condizione degli angeli ribelli e quale sarà la loro condizione finale.

A questi angeli, che sono separati per sempre dalla fonte della grazia, risulta incomprensibile tutto ciò che appartiene all’ordine della grazia, in primis il mistero della Redenzione, poi tutti i miracoli compiuti dal nostro Salvatore e tutte le operazioni della grazia nelle anime.

Secondo Lépicier, quindi, il demonio non ebbe una conoscenza chiara del meraviglioso mistero dell’Incarnazione e della sua relazione con la salvezza del genere umano. Egli ignora certamente i disegni di Dio intorno alla predestinazione degli eletti e il modo in cui viene compiuta, nel tempo, la nostra adozione a figli di Dio, mediante i meriti di Gesù Cristo.

Egli, inoltre, baldanzoso e orgoglioso delle vittorie parziali riportate sull’umanità e animato dalla speranza di ulteriori trionfi, e nello stesso tempo non curante delle sue vergognose disfatte, continua ostinatamente e stoltamente a portare avanti il suo piano di ribellione di tutte le creature a Dio, cercando di trascinare le anime degli uomini nell’eterna perdizione. Così egli tende continuamente fatali insidie e, per farci cadere nel peccato, adopera una subdola e sottile arte, ora suscitando verso di noi feroci persecuzioni, ora assalendoci più o meno apertamente con le sue tentazioni, ora ritirandosi per qualche tempo, al fine di attaccarci meglio e più efficacemente, quando meno ce lo aspettiamo. La sua arte principale è la menzogna, perché, come dice S. Giovanni, egli è «bugiardo e padre della menzogna»[38].

Nel suo disegno infinitamente sapiente e misericordioso, Dio ha permesso che alcuni angeli malvagi non fossero subito confinati nell’inferno, ma rimanessero sulla terra, allo scopo di purificare i buoni, come il fuoco purifica l’oro e lo separa dalle sue impurità. Dio, inoltre,  ha posto gli spiriti ribelli sotto il dominio dei santi angeli e ha assegnato ad ognuno di noi un angelo buono, perchè ci illumini, ci guidi e ci difenda dagli assalti degli spiriti delle tenebre.

Il potere del demonio e degli altri angeli ribelli ha quindi dei limiti: egli può certamente farci del male, ma non oltre quanto gli sia stato permesso da Dio.

 

[1]Alexis-Henri-Marie Lépicier  nacque a Vaucouleurs il 28 febbraio 1863 e morì a Roma il 20 maggio 1936. A quindici anni entrò a Londra nell’Ordine dei Servi di Maria e a ventidue fu ordinato sacerdote. Fu poi inviato a Roma nell’Ateneo di Propaganda Fide, ove conseguì brillantemente la laurea in filosofia e teologia. Il futuro cardinal Satolli salutò in lui il più acuto tomista tra i suoi discepoli. Ritornato nel 1890 in Inghilterra, come maestro dei novizi, passò nel 1892 a sostituire il Satolli nella cattedra di Teologia Dogmatica dell’Ateneo di Propaganda Fide. Consultore di varie Congregazioni romane, ebbe l’incarico di visitatore apostolico delle diocesi dell’ Inghilterra e della Scozia. Contemporaneamente percorreva tutti i gradi gerarchici dell’Ordine: fondatore e primo rettore del Collegio Internazionale di S. Alessio Falconieri in Roma, poi consultore generale e procuratore generale, nel 1913 priore generale dell’Ordine. Il 22 maggio 1913 veniva consacrato arcivescovo titolare di Tarso e destinato visitatore apostolico nelle Indie orientali; un anno dopo veniva inviato visitatore apostolico in Eritrea e in Abissinia. Cardinale nel 1927 e poco dopo nominato Prefetto della Congregazione dei Religiosi, rappresentò il Sommo Pontefice, quale suo legato, nel 1929 alle feste centenarie di S. Giovanna d’Arco ad Orléans, nel 1930 al Congresso eucaristico internazionale di Cartagine e nel 1935 al Concilio regionale di Malta. Tra le sue numerosissime pubblicazioni meritano di essere ricordate soprattutto le Institutiones theologicae dogmaticae ad textum S. Thomae (25 voll., Roma 1901 sgg.). sulla sua vita e la sua opera di studioso fondamentale è lo studio di  Gabriele Roschini, Il card. Lépicier, Roma 1937.

[2] Alexis.Henri-Marie Lépicier  Il mondo invisibile. Esposizione della teologia cattolica intorno allo spiritismo moderno, Società Anonima Tipografica fra Cattolici Vicentini, Vicenza 1922.

[3] Ivi, pp. 9-15.

[4] Ivi, pp. 16-18.

[5] Denzinger H. (cur.), Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, ed. bilingue, a cura di P. Hünermann, Bologna 1996², 880, trad.: «Dio con la sua forza onnipotente fin dal principio del tempo creò dal nulla l’uno e l’altro ordine di creature: quello spirituale e quello materiale, cioè gli angeli e il mondo terrestre, e poi l’uomo, quasi partecipe dell’uno e dell’altro, composto di anima e corpo».

[6] Alexis.Henri-Marie Lépicier , Il mondo invisibile, op. cit., pp. 19-20.

[7] Ivi, p. 21.

[8] Ivi, p. 22.

[9] Ivi, p. 26.

[10] Cfr. ivi, p. 27.

[11] Con il termine “immaginativa” nella filosofia tomistica si intende una funzione della conoscenza sensitiva, ossia la facoltà di conservare, riprodurre e combinare immagini delle cose sensibili. L’immaginativa è resa possibile da due funzioni: la conservazione delle immagini (o memoria) e la riproduzione delle immagini (o reminiscenza). Alle volte l’immagine è prodotta in assenza dell’oggetto reale e, come tale, sembra quasi essere una continuazione della sensazione. L’ “immaginativa” indica, dunque, propriamente la rappresentazione di oggetti che non sono attualmente presenti e, con maggiore precisione, una qualità sensibile ripristinata in assenza dello stimolo adeguato.  S. Tommaso, ispirandosi ad Aristotele, assegna all’immaginativa un ruolo essenziale, fondamentale: spetta infatti ad essa proporre all’intelletto agente il materiale su cui questo irradia la sua luce per far emergere gli intelligibili (i concetti). Secondo un’immagine che l’Aquinate ama richiamare spesso, l’immaginativa o fantasia è per l’intelletto ciò che è il colore per i sensi: come i sensi vedono il colore, così l’intelletto vede i fantasmi e illuminandoli ne ricava l’idea.

[12] Alexis.Henri-Marie Lépicier  Il mondo invisibile, op. cit.,  p. 28.

[13] È utile precisare che comunemente per intelletto si intende la funzione conoscitiva per cui nei dati dell’esperienza sensibile si coglie l’essenza o quiddità (ciò per cui una cosa è quella che è) prescindendo dalla determinazioni spazio-temporali; pertanto l’intelletto indica una facoltà conoscitiva superiore ai sensi. Aristotele e S. Tommaso distinguono un duplice intelletto: possibile o passivo che, attuato dalla specie intelligibile impressa, produce l’atto formalmente conoscitivo il cui termine immanente è il concetto (specie intellegibile impressa); e l’intelletto agente o attivo che imprime nell’intelletto passivo le specie intelligibili. Mentre per i filosofi neoplatonici arabi e per gli Averrositi latini l’intelletto agente è separato ed unico per tutti gli uomini, per S. Tommaso esso è una facoltà individuale dei singoli uomini. La ragione, benché non sia una facoltà ontologicamente diversa, è il potere discorsivo che presuppone l’intelletto che penetra nell’intimo della realtà e coglie i rapporti immediati tra le essenze (primi principi, immediatamente evidenti).

[14] Alexis.Henri-Marie Lépicier,  Il mondo invisibile, op. cit.,  pp. 29-30.

[15] Ivi, p. 31. S. Tommaso d’Aquino analizza il fenomeno della illuminazione angelica nella Summa Theologiae, I, q. 106.

[16] Alexis.Henri-Marie Lépicier,  Il mondo invisibile, op. cit.,  pp. 33-34.

[17] Alexis.Henri-Marie Lépicier,  Il mondo invisibile, op. cit.,  pp. 38-39.

[18] S. Tommaso d’Aquino riguardo alla conoscenza angelica parla anche di due conoscenze simultanee, quella delle cose attraverso le specie infuse, chiamata «visione vespertina» e la conoscenza del Verbo e delle cose di Lui, che egli chiama, sulla scia di S. Agostino, «visione del mattino». Riguardo a queste sorgono due problemi, che l’Aquinate come sempre risolve in modo magistrale, come risulta dalla sintetica esposizione contenuta in A. Piolanti: Dio nel mondo e nell’uomo, Desclée  & C. Editori Pontifici, Roma 1959, pp. 190-191: «a) Noi sappiamo che l’Angelo conosce sempre, e attualmente almeno, la sua essenza, che assolve il compito di specie; e che la visione beatifica non cessa anche lei di essere attuale. Come può l’intelletto angelico esercitare insieme due operazioni? Nella Summa Theologica q. 58, a. 7, ad 2, S. Tommaso si contenta di notare che una medesima facoltà può simultaneamente produrre due operazioni, quando l’una di queste si riferisce all’altra. Ora la visione della sera si riferisce precisamente a quella del mattino: possono comunque coesistere. b) Sull’esatto rapporto della visione vespertina e quella mattutina S. Tommaso si pronunzia nel De Potentia, q. 4, a. 2. Il Dottore parte dal principio che due operazioni possono sortire nel medesimo istante dalla stessa potenza, quando sono specificate da forme di natura completamente diversa, e sono ordinate al contempo fra loro. Esaminando la visione del mattino e della sera noi ci troviamo di fronte a due conoscenze attuate ciascuna da un medium o forma del tutto diversa, poiché nella prima il mezzo oggettivo è il Verbo, nell’altra invece è la specie infusa.Inoltre la conoscenza mediante la specie non solo non frappone ostacoli alla Visione nel o attraverso il Verbo, che anzi n’è come la disposizione o preparazione materiale: “quasi materiale disposizione a quell’unione o visione beata, per cui si conoscono le cose nel Verbo». Difatti l’essenza divina è la ragione di tutte le forme concreate nello spirito angelico, che derivano da Lui come immagini dall’esemplare. In questo senso le specie infuse dispongono materialmente, remotamente l’Angelo a conoscere l’essenza divina, ossia lo ordinano alla visione beatifica. Poiché c’è rapporto tra queste conoscenze, di cui ciascuno ha un medium speciale e diverso, esse possono esistere contemporaneamente e formare insieme, un tutto armonico».

[19] Alexis.Henri-Marie Lépicier,  Il mondo invisibile, op. cit.,  pp. 44-45.

[20] Ivi, pp. 42-43.

[21] Ivi, p. 48. Su questo punto Lépicier espone fedelmente la dottrina di S. Tommaso, il quale affronta la tematica S. Th, I, q. LI, e seg.; q. CVI.

[22] Alexis.Henri-Marie Lépicier,  Il mondo invisibile, op. cit., pp. 50-51.

[23] S. Tommaso individua un genere speciale di potenza, che chiama «potenza obbedienziale». Essa si distingue dalla potenza naturale, in quanto mentre questa rientra nelle normali possibilità della natura e sta alla natura stessa portarla a compimento, quella obbedienziale dipende esclusivamente dalla volontà di Dio e solamente Dio può realizzarla: «La capacità (capacitas) di una natura si può intendere in due modi: o secondo la potenza naturale (secundum potentiam naturalem) che appartiene alla ragione seminale, e tale capacità della natura generalmente Dio non la lascia mai vuota (vacua), a meno che in casi particolari non intervenga qualche impedimento; oppure secondo la potenza obbedienziale (secundum potentiam oboedientialem), grazie alla quale Dio può trarre da una creatura tutto ciò che vuole; di questo genere è la capacità che la natura umana possiede di essere assunta nell’unità della natura divina. Né è necessario che Dio realizzi tale capacità, come non è necessario che Dio faccia tutto ciò che vuole, ma soltanto quanto corrisponde all’ordine della sua divina sapienza» (III Sent., d. 1, q. 1, a. 3, ad 4). S. Tommaso adduce come esempio l’Incarnazione (l’assunzione della natura umana da parte della Persona del Verbo), per mostrare come la potenza obbedienziale non suppone nella creatura nessuna attitudine, nessuna disposizione, nessuna aspirazione, nessun desiderio. Anche se l’uomo non ha affatto il potere di ottenere la grazia, perché questa è dono assolutamente gratuito, tuttavia, secondo l’Angelico, egli porta nella sua stessa natura un’attitudine obbedienziale: «Nella natura che riceve non c’è un ordine naturale alla recezione della grazia e della gloria, ma solo una potenza obbedienziale» (IV Sent., d. 17, q. 1, a. 5, sol. 1). Mentre la potenza obbedienziele è basata esclusivamente sull’assoluta potenza di Dio, indipendentemente dalle qualità insite nelle creature, la grazia per contro, è perfettamente in linea con le aspirazioni più profonde della natura umana e col fine ultimo a cui si sente intimamente orientata, la visione beatifica.

[24] Alexis.Henri-Marie Lépicier,  Il mondo invisibile, op. cit., p. 55.

[25] IV Sent., d. 11, q.1, a. 3, sol. 3. La parola mutatio adoperata in questo passo dall’Aquinate per indicare l’Incarnazione, viene utilizzata in senso improprio, dal momento che l’Incarnazione, come anche la creazione, non sono propriamente delle mutazioni.

[26] Alexis.Henri-Marie Lépicier,  Il mondo invisibile, op. cit., p. 57.

[27] Cfr. ivi, p. 58.

[28] Ivi, pp. 61-62. Secondo la filosofia scolastica, mentre la disposizione al cambiamento intrinseco implica in un corpo uno stato di imperfezione, in quanto mostra che tale corpo deve ancora raggiungere il suo pieno compimento intrinseco, la trasferibilità da luogo a luogo suppone in questo corpo medesimo uno stato di intrinseca perfezione, essendo l’acquisto di un  novo luogo nell’universo un bene puramente estrinseco.

[29] Ivi, pp. 64-65.

[30] Ivi, pp. 66-67.

[31] Ivi, p. 75.

[32] Ivi, p. 79.

[33] Ivi, p. 86.

[34] Ivi, pp. 91-92.

[35] Ivi, pp. 224-225.

[36] Ivi, p. 229.

[37] Ibid.

[38] Gv, 8,1.

Ultimo aggiornamento ( luned́ 03 ottobre 2016 )