L’ANGELO CONSOLATORE DI GESU’ NEL GETSEMANI Di COSIMO CICALESE
Scritto da Amministratore   
sabato 04 marzo 2023

L’ANGELO CONSOLATORE DI GESU’ NEL GETSEMANILe edizioni Segno di Udine in preparazione alla Quaresima hanno stampato il libro scritto da don Marcello Stanzione ed intitolato “l’angelo consolatore di Gesù nel Getsemani”. Tutti e quattro gli evangelisti concordano nell’affermare che dopo l’ultima cena Gesù si recò, come era solito fare, al di là del Cedron, nell’Orto degli Ulivi, per pregare. Gesù uscì “nella notte”, simbolo dell’oscuramento della verità, del potere del principe delle tenebre, della morte. Colui che è la Vita e la Luce entrò, dunque, nell’oscurità per affrontare la lotta suprema contro il maligno. Notte di solitudine, notte di agonia, in cui fu in atto al massimo grado il mistero d’iniquità. ...

 
Avvicinandosi la sua “ora”, Gesù sentì la necessità del loro sostegno, del loro conforto, perché l’anima sua era “triste fino alla morte”. Si incamminò con loro cantando i salmi dell’Hallel pasquale, ma a un certo punto disse loro: “Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare…Restate qui e vegliate con me” (Mt 26,36-37). In quel momento, Gesù passò una frontiera che gli apostoli non potevano varcare. Ora era solo. In quella solitudine, allontanandosi quasi il tiro di un sasso, Gesù cadde a faccia a terra e pregava, dicendo: “Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!”. Poi si alzò, tornò dai tre discepoli e li trovò addormentati, perché appesantiti dalla tristezza, incapaci di vegliare con lui. Eppure li aveva condotti fin là proprio per quello, quasi come i suoi speciali angeli consolatori. Nella loro estrema debolezza, però, a loro modo i tre hanno partecipato all’agonia del Maestro. La loro stessa incapacità a stare svegli vicino a Gesù, a confortarlo, fu la loro estrema umiliazione, la loro partecipazione alla passione del Cristo. Tornato lontano da loro, Gesù ripeté ancora, una seconda e una terza volta, la sua accorata implorazione: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42). E’ lunga questa notte d’angoscia sul monte degli ulivi! Notte di lacrime e sudore di sangue. Gesù potrebbe ancora dire no alla Passione…E’ la grande tentazione che gli sta davanti. Satana, che si era allontanato dal deserto per ritornare al momento opportuno, è lì per sferrare l’ultimo attacco. Gesù lo sa e non ha altra arma per difendersi che la preghiera, l’invocazione del padre che egli chiama “Abbà” come un bambino che implora fiducioso il suo papà. E il Padre teneramente risponde. “Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo” (Lc 22,43). Nell’ora della prova il padre – che pure non esaudisce la richiesta del Figlio di essere preservato dall’amaro calice – non lo lascia solo, come già non aveva abbandonato il profeta Elia nel momento della sua angoscia mortale, ma gli aveva inviato il suo angelo a incoraggiarlo e a fargli riprendere il cammino (1 Re 19, 1-8). Dio non abbandona mai l’uomo che nella tentazione grida a lui e a lui si affida. La presenza silenziosa dell’angelo infonde a Gesù un così grande conforto a fargli affrontare vittoriosamente la lotta benché ardua, fino al sudore di sangue.

“S. Luca, narrando dell’ultima dimora che fece Gesù in Gerusalemme, scrive: “Durante il giorno insegnava nel tempio, la notte usciva e pernottava all’aperto sul monte detto degli Olivi (Lc. 21,37). Così il Divin Maestro, compiuta la sua giornata di predicazione, usciva dalla città, passava il torrente Cedron e saliva i pendii dell’Oliveto per cercare ospitalità presso gli amici di Betania (Mt. 21, 17) ovvero si recava più vicino, ai piedi del monte, in un orto detto Getsemani che senza dubbio apparteneva a qualcuno dei suoi discepoli. S. Luca ci dice che Egli, dopo la cena al Sion, venne qui secondo il solito (Lc. 22,39) e parimenti s. Giovanni ci avverte che Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli (Gv. 18,2). Possiamo raffigurarcelo, questo orto, come una rustica proprietà con alberi di olivi, recinto con un muro a secco e con una grotta sistemata ad abitazione dove era un frantoio da cui prendeva il nome di Getsemani (= pressoio per olio). Da quel momento divenne un santuario. Infatti appena passarono i secoli della persecuzione e il culto cristiano poté liberamente espandersi alla luce del sole, subito un monumento sacro sorse qui a ricordare la straziante agonia del Cristo. L’Itinerarium Egeriae, prezioso documento sull’antica liturgia gerosololimitana, ci narra che nella notte del giovedì al venerdì santo, il clero dopo aver officiato nel santuario dell’Ascensione discendeva seguito dalla moltitudine dei fedeli “in quello stesso luogo dove pregò il Signore, come è scritto nel Vangelo: Et accesit quantum iactus lapidi set oravit, etc. qui vi è una chiesa elegante, nella quale entra il vescovo e il popolo. Si recitano una preghiera e un inno adatti alla circostanza e si legge il passo del Vangelo…Vigilate, ne increti in tentationem…Poi tutti, salmodiando, discendono col vescovo nel Getsemani…Qui giunti, si recita prima un’orazione, poi un inno, quindi si dà lettura del tratto di vangelo ove è narrato l’arresto di Gesù…Dunque, come appare da questo documento confermato in tutti i suoi particolari dai posteri itinerari di pellegrini, esisteva nel IV secolo ai piedi dell’Oliveto una chiesa sacra al ricordo della preghiere di Gesù e poco lontano un altro santuario , “una grotta”, che veniva più particolarmente designata con il nome di Getsemani. E questa la grotta chiamata oggi, in seguito ad un equivoco avvenuto nel sec. XIV, la grotta dell’agonia, mentre con più ragione gli antichi la indicavano come luogo della cattura. Ciò nulla toglie all’importanza di questo santuario perché, come abbiamo detto sopra, Gesù di frequente deve aver passato qui la notte insieme ai suoi discepoli; qui presso, nella sera del giovedì santo, Egli ricevette il bacio traditore di Giuda e qui fu circondato dalla schiera dei soldati del Sinedrio.   La grotta che si apre a pochi passi a Est della basilica dell’Assunzione è di forma irregolare, lunga circa m 17 su 9 di lunghezza e 3,50 di altezza. Nel 1955 un’irruente alluvione riempì la grotta di poltiglia cosicché ne rimase distrutto tutto il mobilio sacro. Nei restauri compiuti dalla Custodia di Terra Santa nel 1956 furono fatti scavi regolari per conoscere meglio il venerando santuario. Vennero alla luce le linee primitive della grotta frequentata da Gesù con ingresso naturale a Nord e cisternetta per l’acqua a Ovest. la grotta fu trasformata in chiesa rupestre fin dai primi tempi del cristianesimo. Dell’epoca più antica sono i resti di pavimento musivo scoperto in tutta la grotta. Questo pavimento fu tagliato in molti punto per poter ospitare nel sottosuolo decine di tombe; anche la cisternetta dei tempi del Signore venne convertita in sepolcreto. L’ingresso della chiesa rupestre fu aperto ad Ovest. I crociati poi decorarono la grotta con pitture ed affreschi.