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In ricordo di mons. Grimaldi che mi ordinò Prete PDF Stampa E-mail

In ricordo di mons. Grimaldi che  mi ordinò PreteIl 14 novembre 2010 ho festeggiato con i miei parrocchiani di Santa Maria La Nova A Campagna in Diocesi di Salerno venti anni di ordinazione sacerdotale. E’ doveroso un ricordo affettuoso all’arcivescovo Grimaldi che nella mia parrocchia di origine di San Domenico a Salerno nel 1990 mi ordinò presbitero.S.E. Mons. Guerino Grimaldi nacque a Casali di Roccapiemonte (Sa) l’11 Settembre 1916. Fu battezzato nello stesso giorno coi nomi di Guerino e Luigi nella sua parrocchia di S. Maria delle Grazie. Frequentò il ginnasio nella Badia Benedettina di Cava de’ Tirreni; il liceo nel Pontificio Seminario Regionale di Salerno, e la teologia nella facoltà di teologia a Posillipo – Napoli - conseguendovi la licenza. Fu ordinato Sacerdote il 13 luglio 1941 da S. E. Mons. Nicola Monterisi, arcivescovo di Salerno. Insegnò Lettere al Seminario arcivescovile e Religione nel Liceo Scientifico e nell’Istituto Magistrale di Salerno. Dapprima fu viceparroco nella parrocchia di S. Maria delle Grazie in Salerno e ... 

...   poi parroco di S. Pietro in Camerellis in Salerno, dal 15 agosto 1946 fino alla ordinazione episcopale. Da parroco ricostruì completamente la chiesa parrocchiale e la casa canonica, e svolse un’intensa attività pastorale. Contemporaneamente ricopriva molti incarichi a livello diocesano e dirigeva il quindicinale interdiocesano “Presenza”.

Il 2 febbraio 1968 fu nominato vescovo titolare di Salpi e ausiliare e vicario generale dell’arcivescovo D. Moscato. Alla morte di Mons. Moscato, fu eletto Vicario Capitolare e resse la diocesi fino alla venuta di Mons. Gaetano Pollio, del quale fu ausiliare e vicario generale. Il 19 marzo 1971 fu nominato vescovo di Nola. Tornò a Salerno nel 1982 come coadiutore di Mons. Pollio; il 20 ottobre 1984, in seguito alle dimissioni di Mons. Pollio, divenne arcivescovo Metropolita di Salerno, vescovo di Campagna e Amministratore Apostolico di Acerno. Dal 7 luglio 1986 il suo titolo era: Arcivescovo Metropolita di Salerno-Campagna-Acerno. Tornò alla Casa del padre il 12 aprile 1992. Il 14 aprile furono celebrate le solenni esequie nella Chiesa Cattedrale di Salerno, con la partecipazione di una folla di fedeli e di autorità. La celebrazione eucaristica fu presieduta dal Sua Em.za il Cardinale Michele Giordano; concelebrarono i Vescovi della Campania e numerosi Sacerdoti diocesani e religiosi.

Dopo le esequie la Salma, per volontà espressa dall’Arcivescovo, fu portata a Casali per essere tumulata nella tomba di famiglia. Là attende la risurrezione finale. Il sottoscritto è  uno dei 25 sacerdoti diocesani ordinati da mons. Grimaldi durante il suo episcopato salernitano. Se il 14 novembre 1990 fui ordinato presbitero, lo debbo in gran parte alla sua pazienza e alla sua fiducia nei miei riguardi. Lo conobbi la prima volta quando avevo 19 anni. Era estate e da poco avevo terminato il primo anno di teologia. Mons. Grimaldi era coadiuvatore di mons. Pollio e mi lesse la relazione del primo anno di semiario maggiore.

Passai un brutto quarto d’ora, perché la relazione fattami da mons Vallini, attuale cardinale vicario del Papa a Roma era negativa, inoltre, mons. Grimaldi da quando aveva incominciato a parlarmi non mi aveva mai guardato in faccia e avevo l’impressione che stesse da un momento all’altro per dirmi di cambiare strada e che il sacerdozio non faceva per me.

Ad un certo punto, sempre senza guardarmi, mi chiese la mia versione su alcuni fatti che gli erano stati riferiti a mio sfavore. Mentre tutto mortificato cercavo di parlare per giustificarmi, avvertii che mi guardava profondamente negli occhi. Il suo sguardo fu come un lampo, non durò più di tre o quattro secondi e sentii che mi penetrava fin nelle profondità dell’anima. Il Vescovo si dovette convincere che ero sincero, perché continuò a parlare lui dicendomi per filo e per segno tutte le mie difficoltà. Alla fine del suo discorso mi sentii risorgere e toccati il cielo con una mano e con slancio da ragazzo gli dissi che era stato l’unico fino ad allora a capirmi veramente. Gli occhi di mons. Grimandi si commossero e mi congedò con affabilità dicendomi di stare sereno e di andare avanti perché, disse, anche lui da giovane non era stato un “seminarista modello”.

Da quel primo incontro nacque tra noi un profondo affetto e non ho vergogna a dire che, dopo i miei genitori e mia sorella, mons. Grimaldi è stata la persona che ho amato di più e che di più ha inciso nella mia vita. Dopo tanti anni ricordo le sue battute ironiche, piene di saggezza. Una volta, vedendomi abbattuto, mi disse che nella mia vita, quando avevo i problemi avrei dovuto mettermi a studiare, a scrivere o a leggere e così non avrei avuto “brutti pensieri”. Mi disse: “Io mi sono salvato così, tu fa lo stesso”.

Quando andavo a trovarlo e gli chiedevo come stava, mi rispondeva sempre: “Sto come sta un vecchio e un vescovo”. Era un uomo di un intelligenza e di una cultura fuori dal comune, a cui si univa una forza di volontà nel lavoro a dir poco prodigiosa. Alla fine del quinto anno di teologia, chiesi a mons. Grimaldi un ulteriore tempo di discernimento vocazionale e con il suo permesso scritto me ne andai a Roma presso i Fratelli delle Scuole Cristiane, per capire meglio quale era la volontà del Signore su di me. In quasi due anni che stetti a Roma, mi mantenni sempre in contatto con il mio Vescovo, anzi proprio allora il nostro reciproco affetto aumentò ancora di più.

I religiosi che mi ospitarono si meravigliarono che un Arcivescovo, così oberato di lavoro pastorale e di responsabilità, trovasse il tempo per scrivermi delle lettere. Io stesso, quando ricevevo le lettere di mons. Grimaldi, mi stupivo come un personaggio di tal genere tra tanti impegni e problemi trovasse il tempo di scrivermi. Solo un cuore di padre e di pastore fuori dal comune poteva fare tanto! Quando ritornai da Roma, deciso a diventare sacerdote diocesano, mi misi a sua disposizione. Mons. Grimaldi non volle rimandarmi in seminario, dicendomi che avrei sofferto inutilmente, ma volle che continuassi a studiare Catechetica all’università salesiana di Roma, dicendomi che avrebbe pagato tutto lui, anzi mi fece ospitare in un pensionato per sacerdoti e diaconi. Mons. Grimaldi ascoltava i diversi pareri sui seminaristi, ma alla fine decideva lui, in base all’idea personale che si era fatta del giovane. Dopo un paio di settimane dall’ordinazione, mi fece chiamare in Curia e, quando lo incontrai, con un sorriso sornione mi disse: “Ti sei dato alla macchia. Ti mando a fare il parroco in uno dei posti più belli della Diocesi come panorama, ma pastoralmente c’è da ricominciare quasi da zero”.

Arrivato in parrocchia venti giorni dopo l’ordinazione, mi sistemai alla meglio in alcune stanzette accanto alla chiesa. La casa canonica era disabitata da oltre dieci anni ed era inabitabile. Andai da mons. Grimaldi e gli dissi che volevo risiedere là in mezzo alla gente, dove mi aveva mandato a fare il pastore, e non volevo fare il prete a mezzo servizio andando in parrocchia solo la domenica o per fare i funerali. Mons. Grimaldi  mi fece prelevare quaranta milioni dalla banca per ristrutturare la casa canonica e, sei mesi dopo, venne egli personalmente ad inaugurarla. Non avevo neppure le sedie per far sedere tutti i bambini del catechismo e la gente in chiesa e mons. Grimaldi mi diede cinque milioni per acquistare duecento sedie. In parrocchia, dopo le prime settimane di entusiasmo o di curiosità per il nuovo prete, tutto rientrò nella normalità e, passata la novità, i parrocchiani mi lasciarono solo. Inoltre si creò un gruppo di facinorosi che accampavano pretese sulle proprietà parrocchiali, in particolare il campo sportivo, cercando di mettermi tutta la popolazione contro. Furono mesi molti difficili: tutte le iniziative pastorali sembravano fallire, la mia famiglia con il suo affetto stava lontano, io non sapevo cucinarmi e andavo avanti con panini o vaschette di cibo congelato.

Quel primo inverno in parrocchia fu particolarmente rigido e mi arrivò una bolletta di oltre 2 milioni di gasolio. Non avevo neanche una lira, anzi, poiché la chiesa era stata riaperta al culto dopo dieci anni dal terremoto, ero pieno di debiti per l’arredamento della chiesa. Andai da mons. Grimaldi e anche quella volta il Vescovo mi diede i soldi per pagarmi il riscaldamento.

So che mons. Grimaldi non solo con me, ma con molti altri giovani sacerdoti in difficoltà, elargiva notevoli somme di denaro o per i loro studi o per le necessità delle parrocchie. Mons. Grimaldi amava tutti i suoi sacerdoti, anche quelli meno degni, ma aveva un affetto tenerissimo per noi che eravamo stati ordinati da lui. L’Arcivescovo era un uomo che aveva sofferto molto e aveva esperienza sulla sua pelle della malvagità del mondo. Ci diceva che quando ci ordinava preti e ci mandava a fare i parroci, ci mandava come pecore in mezzo ai lupi. A noi giovani sacerdoti da parte sua per quanto gli era possibile, nonostante le carenze di clero e la difficile situazione in cui oggi i preti sono costretti ad operare, cercava di farci evitare esperienze brutte. Mons. Grimaldi mi disse con tutto l’affetto di un padre: “Stà attento e sii prudente, te lo avevo detto che ti mandavo in una zona difficile.

Mi hanno mandato un sacco di lettere anonime contro di te. Hanno visto che non li pensavo e adesso hanno scritto addirittura a Roma! Tu fai finta di niente, così non gli dai nemmeno questa soddisfazione”. Mi raccontò che una delle croci del Vescovo erano le lettere calunniose e che ormai, quando gli arrivava la posta , guardava prima se c’erano le firme e appena percepiva che la lettera era contro qualcuno non la continuava a leggere, ma la cestinava immediatamente. Nel mio primo anno di sacerdozio il Vescovo Grimaldi fu il mio vero padre spirituale, quasi ogni settimana andavo da lui per chiedergli consigli. Grazie a lui superai momenti tremendi per un novello sacerdote. Mons. Grimaldi per sostenermi in quella difficile situazione, in meno di un anno venne per ben sei volte in parrocchia.

Non ricordo mai che mons. Grimaldi mi abbia fatto dei complimenti in privato o in pubblico e così anche ai miei amici sacerdoti, anzi privatamente ricordo che più di una volta mi ha fatto delle ramanzine, una volta mi disse: “Se continui così, non imparerai mai a campare”, e un’altra volta: “Senti, già ho dei mal di testa grossi così, non ti mettere anche tu”. Ma al di là delle battute ironiche, che rivelavano sempre una personalità dall’arguzia tenerissima sensibilità e che solo per difendersi assumeva un aspetto burbero e severo.

Un ultimo ricordo: Mons. Grimaldi venne in parrocchia per la benedizione di un grande dipinto della Madonna di Fatima, in quell’occasione distribuì delle immaginette del Cuore Immacolato di Maria. Dopo pochi giorni andai a trovare mons. Grimaldi e vidi sulla scrivania del suo studio privato la mia immaginetta del Cuore Immacolato accanto al ritratto di sua madre.

Feci finta di niente e parlai di altro. Da allora capii dove mons. Grimaldi prendeva tanta pazienza, tanto affetto e comprensione per noi giovani sacerdoti. Il suo amore per noi nasceva dal ricordo del cuore della sua santa mamma Maria Polichetti e dal cuore della Mamma Celeste Maria “Alma Redemptoris Mater, quae pervia coeli porta manes”.

Don Marcello Stanzione

 
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