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Convegno di Crescita e di Formazione Cristiana
PREGHIAMO L’ANGELO DELLA NOSTRA PATRIA Di Annamaria Maraffa PDF Stampa E-mail
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mercoledì 01 maggio 2019
PREGHIAMO L’ANGELO DELLA NOSTRA PATRIAL’editrice Segno di Udine ha stampato l’opuscolo di don Marcello Stanzione intitolato “  Invochiamo L’angelo della nostra Patria”. A questo riguardo don Stanzione ci ricorda che tutti i grandi eruditi dei primi tempi del cristianesimo sono del parere che, nell'economia divina, ogni popolo ha il proprio angelo custode. Quindi l'individuo non è l'unico ad avere un angelo personale protettore, ne ha uno anche il popolo di cui fa parte. Ecco, in questo senso, un passaggio significativo dell'opera di Basilio il grande (IV secolo): "Sappiamo dal tempo di Mosé e dei profeti che esistono degli angeli protettori per tutte le nazioni… questi capi e governatori posti per difendere sorvegliare i popoli di cui hanno la responsabilità sono innumerevoli". ...
 
Origene ha ragione a dire, a sua volta, che quest'opinione si basa sulla testimonianza diretta dei testi sacri. Il profeta Daniele (10,13-21) parla dell'angelo della Grecia e della Persia, che si affrontano ogni volta che i loro popoli entrano in conflitto. Si trovano dei testi simili negli Atti degli Apostoli, in diverse fonti giudaiche o nel Deuteronomio: nella traduzione dei Settanta (Dt 32,8-9), si apprende che Dio ha affidato a ogni popolo un angelo protettore, conservando per lui stesso la responsabilità del popolo di Israele. I commentatori ebrei della leggenda della torre di Babele (Testamentum Nephtali) precisano che la dispersione sulla terra dei discendenti Noè si è compiuta con l'aiuto delle armate dei settanta angeli che hanno insegnato agli uomini settanta lingue differenti. Anche Origene pensa che gli angeli sono all'origine delle lingue nazionali. Siamo così autorizzati ad immaginare che alla base di ogni comunità etnica si trova un principe spirituale, un angelo territoriale, che si esprime alla maniera d'essere della suddetta comunità, nella sua storia, nella sua lingua e la sua cultura. Ogni sorta di speculazioni sono state elaborate durante i secoli sugli eventuali protettori di ogni paese. Si è visto che Israele si sente sotto la protezione diretta di Yahvè. Risulta da altri testi che il ruolo di Yahvè è tenuto, a volte, dall'arcangelo Michele, definito come "angelo del Signore" (mal’ak Jahveh). È interessante, e non privo di ironia storica, apprendere che tra le nazioni moderne, quella che rivendica, come Israele, lo spirito tutelare di san Michele arcangelo è la Germania. In una delle sue opere dedicata agli spiriti celesti, pubblicata a Lucerna,  il già citato teologo cappuccino padre Otto Hophan parla anche di un angelo della Svizzera: "Anche il territorio del mio paese, la Svizzera, ha il suo angelo custode; un così piccolo paese non ha bisogno di un arcangelo. Ma il nostro angelo è quanto vi è di necessario, e si direbbe che egli sorrida dolcemente, con umorismo, ai suoi "compagni" sovradimensionati…". Gli angeli delle nazioni si identificano con i popoli che essi ispirano, a tal punto che saranno chiamati allo stesso tempo, dice la tradizione, per rispondere dei loro atti nel giudizio finale.
Il fatto che ogni nazione si trovi sotto la protezione di un angelo dovrebbe ispirarci un sentimento di tranquillità fiduciosa. Le realtà dovrebbero confermarci questa impressione, in modo che la storia del mondo rassomigli a una festa campestre ininterrotta. Ciò nonostante, come noi oggi, i Padri della Chiesa si domandavano come spiegare le guerre, gli odi tra le etnie, la decadenza temporanea di una o l'altra nazione verso la disumanità.
Si possono citare tre grandi risposte possibili. Una di queste è quella di san Paolo: ci sono anche degli angeli caduti che, in un certo momento, si sostituiscono come spiriti territoriali maligni ai protettori buoni iniziali dei popoli. Diventano i "maestri di questo mondo" come appunto spiriti territoriali maligni e si impegnano ad allontanare gli uomini da Dio. Una seconda risposta si riferisce alla strategia generale degli angeli (che siano associati ad un individuo o a una collettività): questi hanno dei grandi poteri, ma non quello di manipolare la volontà dell'uomo. Il dono supremo, offerto dal Creatore alla sua creatura preferita, è la libertà. E perché l'uomo sia libero, deve avere la possibilità di scegliere tra il bene e il male, con il rischio implicito di scegliere il male. La stessa cosa vale per i popoli. Il loro angelo non ha in alcun modo il diritto di restringere il loro libero arbitrio. Questo significa che ogni popolo può disdegnare, se lo vuole, la sua tutela angelica buona, e lasciarsi tentare dalle pulsioni infernali e farsi ingannare dagli spiriti territoriali malvagi. Ma la più interessante delle risposte, è senza dubbio  la terza. Si può sbagliare non solamente volgendo le spalle all'angelo, ma anche al contrario, con l'idolatria, accordandogli una sottomissione e un culto che normalmente non sono accordati che a Dio. Questo errore ripete in un certo senso quello degli angeli caduti. La causa della loro caduta fu un eccesso d'orgoglio che li condusse ad usurpare il trono del Padre, a sentirsi suoli eguali. Anche l'errore dei nazionalismi aggressivi riguarda l'importanza esagerata data all’istanza nazionale, il porre i suoi valori al di sopra di tutti gli altri. La nazione prende allora il posto dell'amore verso il prossimo, della saggezza, e alla fine di Dio stesso. Quando la nazione diventa un assoluto, l'assoluto con la A grande diventa relativo. Dimentichiamo che "la nostra patria è nei cieli" come dice l'apostolo Paolo, e facciamo della nostra residenza terrena un tempio da adorare, un limite opaco, la sola ragione d'essere della nostra vanità. Per quanto riguarda l’Italia non esiste alcun culto o immagine dell’angelo protettore dell’Italia, come invece esiste per l’angelo protettore del Portogallo, la cui festa è il 10 giugno o del Messico o della Spagna.  Padre Hopan scrive che gli italiani hanno il loro angelo tutelare , che deve essere angelo focoso quanto amabile, in conformità al carattere del suo popolo.. Riguardo a tale angelo “italico”, il compianto mons. Giuseppe Del Ton con toni lirici così lo descriveva nel suo libro “ Verità su angeli e arcangeli”: “ L’angelo della gaiezza, anche della nostalgia di un passato glorioso, dello slancio verso il vero, il bene, il bello, si trova di fronte Asmodeo, il demone della discordia, dell’odio fra i classi, e l’esito della lotta non sempre è favorevole: ora è rattristante. Mi sono talvolta chiesto quale forma visibile vorrei preferibilmente per l’Arcangelo nostro, o Etnarca. Passeggiando una sera nei Giardini Vaticani, contemplavo il tramonto del sole. Il cielo era di un azzurro-cobalto sempre più languido e sfumato. Il sole, velato da un leggero strato di nubi, appariva come una fornace ardente, un blocco d’oro, un ammasso di mille topazi; ora si allargava, ora si restringeva e per lo più prendeva forma ovale, ma sempre maestoso, sovrano. Intorno all’ astro lentamente si spostava qua e là una nubecola di colore violaceo-carminio. Rapportai questo spettacolo di celeste bellezza alla angelofania del profeta Daniele, così da lui descritta: “ Alzati gli occhi, vidi un uomo vestito di lino; portava alle reni una cintura d’oro. Il suo corpo era come di topazio, il suo volto pareva fulgoreo, i suoi occhi come fiaccole accese è il suono delle sue parole come il fragore di una moltitudine” ( Dn. 10,5). Con riferimento a questo spettacolo di tramonto romano, così oso raffigurare l’Arcangelo nostro. Statura elevata, fronte spaziosa, nero l’occhio penetrante, fiero il capo giovanile aureolato di luce fulva; ali robuste, raccolte e quiete, ma pronte al volo immediato dall’uno all’altro mare italico. La sua veste: una tunica succinta rosa- azzurrognola; i calzari, d’oro; nella mano destra, un libro in cui si legga una sentenza a caratteri marcatamente impressi su sfondo di zaffiro: Italorum spes innoccidua Maria x u y . Così ritratto da esperto pennello, egli s’imponga non tanto per il valore estetico, quanto per la sua espressione simbolica, come è propria alle icone sacre. Onorato, invocato dai suoi fedeli sia in privato, sia in assemblea, riesca egli fattore quasi sacramentale di religiosità viva e operosa, diretta sempre al bene pubblico, e col suo beneficio influsso di mediatore prepari all’Italia nuova età, in cui i fortunati posteri, meno infelici, possano con grato animo salutarlo.

A noi venìa la creatura bella,
bianco vestito e nella faccia quale
par tremolando mattutina stella.
    ( Dante, Purg. XII,88-90)


Ahimè! Tale archetipo ideale della grazia italica che si rivelò nel sorriso di Beatrice, e si rivelava ancora nelle donne di terra italica, nella gaiezza dei bimbi innocenti, nell’espressione del volto virile, amico, accogliente, va scomparendo. Passando per le vie delle città, raro è lo scambio del saluto, più raro il lampo della frase saggia e gentile; sfiducia e sconforto seminano tristezza e l’ avvenire si prospetta peggiore del presente”.
 
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