Santa Giacinta Marescotti e gli Angeli |
Questa straordinaria penitente del terz’ordine francescano nacque nel 1585 da Marcantonio Marescotti e dalla principessa romana Ottavia Orsini nel castello di Vignanello (VT). Al fonte battesimale le fu dato il nome di Clarice. Fin dall’infanzia ricevette un’educazione profondamente cristiana ma, contrariamente ai due fratelli e alle due sorelle, crebbe altera e vanitosa, insofferente alla disciplina. I genitori, preoccupati del suo avvenire, decisero di affidarla all’educazione delle Clarisse di san Bernardino in Viterbo, dove aveva già abbracciato la vita monastica sua sorella maggiore, ma rimasero delusi per il comportamento ribelle della ragazza. Clarice sdegnata perché il padre aveva provveduto a maritare prima di lei la sorella minore, per ripicca a 19 anni decise di farsi monaca. Entrò tra le Clarisse di san Bernardino e prese il nome di suor Giacinta con il fermo proposito non certo di diventare santa ... ... ma di fare i suoi comodi, come conveniva a persona ricca e nobile quale ella era. Nel monastero si era fatta costruire a proprie spese un appartamento che arredò di tavoli, tappeti e quadri di gran lusso. Faceva uso di posate d’argento e di stoffe di gran pregio. A 30 anni suor Giacinta fu tormentata da una lunga malattia. Un giorno padre Antonio Bianchetti, confessore straordinario del monastero, alla vista del lusso dell’appartamento della malata si sdegnò a tal punto che non esitò a dirle: “A nulla gioverà il confessarvi. Il paradiso non è fatto per quelle monache che si lasciano trascinare dalla superbia e dalla vanità come voi!”. In quell’istante suor Giacinta comprese il disordine che esisteva nella sua vita. Si alzò dal letto, si vestì di una rozza tonaca, calzò due zoccoli e fece la sua confessione generale. Poi si recò in refettorio, s’inginocchiò davanti alle consorelle e, flagellandosi, domandò loro perdono degli scandali dati e promise di ripararli con la più rigorosa povertà e le più aspre penitenze. Siccome mantenne tale promessa per tutto il resto della sua vita divenne effettivamente una grande santa. A quelle penitenze volontarie si aggiunsero infermità, tentazioni e calunnie da parte delle consorelle; ma suor Giacinta sopportava tutto serenamente, perché aveva una particolare devozione verso la Madonna e verso l’arcangelo Raffaele. Un giovane desiderava servire Dio nella purezza del cuore, ma era molto combattuto ed esitava a prendere una decisione. Santa Giacinta gli scrisse: “L’Angelo Raffaele le otterrà la vittoria, come so aver fatto con altre persone che sono come morte sulla terra, anche se vivono fra i mortali”. A chi le chiedeva consiglio per questioni temporali, santa Giacinta rispondeva: “Lasciamo fare a Dio, che è un Padre pieno d’amore, e non facciamoci prendere dalla preoccupazione. Invochi però lo Spirito Santo con fiducia per qualche giorno; reciti il Veni Creator Spiritus ed Egli le ispirerà il da farsi; si raccomandi alla Santa Vergine e all’Arcangelo Raffaele: lui troverà una soluzione”. Un giorno un pio fedele, andò a farle visita. La santa gli affidò allora questo compito: “Avrei bisogno da qui ai prossimi otto giorni che lei salga per me la Scala Santa di Roma”. L’uomo rispose: “Sono tornato da Roma dieci giorni fa e devo tornarci fra una ventina, come può pretendere che ci vada nei prossimi otto giorni, quando i miei affari non me lo permettono? Quindi voglia scusarmi se non posso renderle questo servigio”. La santa disse allora: “Se ci andasse, però mi farebbe questa cortesia?”. Lui assentì e promise ancora, su richiesta della santa, che se fosse andato a Roma nel periodo che Giacinta desiderava, pur non essendo nei suoi piani, l’avrebbe accontentata. Tre giorni dopo, un amico pregò quell’uomo di accompagnarlo a Roma per degli affari urgenti. Lui trovò la scusa di dover restare a Viterbo per alcuni gironi, ma l’amico insistette tanto che alla fine rispose: “Prima di stasera, ti darò una risposta”. Andò a consultarsi con la santa, che lo spinse a partire, dicendogli che gli avrebbe affidato alcune lettere da recapitare nella capitale. Così, l’uomo andò dall’amico a dirgli che lo avrebbe accompagnato. La partenza fu fissata per il giorno seguente. Quel mattino, l’uomo tornò dalla santa, che gli ricordò di andare alla Scala Santa in tal giorno, come le aveva promesso. Il suo consiglio venne a proposito, perché lui aveva già dimenticato l’impegno. Dietro nuove insistenze di Giacinta, però, ribadì la sua promessa. Allora santa Giacinta aggiunse: “Vada con gioia, voglio mandarle il mio angelo Raffaele a proteggerla”. Partì dunque con l’amico. Giunti a Roma, l’uomo concluse i suoi affari nel giro di due giorni e nel terzo – quello che la santa gli aveva indicato – pensò di andare alla Scala Santa dove con fervore pregò. Tornato a casa verso mezzanotte si sentì chiamare da una voce chiara e forte che lo svegliò; credette di vedere l’arcangelo Raffaele assieme al giovane Tobia e la sua meraviglia fu tale che gridò, svegliando tutta la famiglia. Il girono seguente, si mise in cammino verso Viterbo. Appena arrivato si recò subito da santa Giacinta, lei gli disse di andare alla chiesa di san Giuseppe e gli consegnò un pacchetto che teneva nella manica della tunica. Giunto alla chiesa indicatagli, aprì il pacchetto e vi trovò un’immagine dell’arcangelo Raffaele assieme a Tobia, proprio come era apparso ai suoi occhi due giorni prima a Roma. La santa morì nel 1640 e la sua canonizzazione sarà celebrata da Pio VII nel 1807. Don Marcello Stanzione (Ri-Fondatore della M.S.M.A.) |