Soci dell’UARR siate coerenti fino in fondo: imitate Monicelli !!! |
A maggio 2010 la rivista di apologetica “ Il Timone” ha pubblicato un interessante articolo di Giacomo Samek Lodovici intitolato “ Morte di Dio e suicidio dell’uomo”. Lodovici scrive che nel mondo contemporaneo c’è una piaga sociale enorme, ma quasi sconosciuta: il suicidio. I dati dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sono impressionanti: ogni anno nel mondo si suicidano 16 persone ogni 100.000, cioè un milione di persone; ogni 40 secondi una persona si toglie la vita; i tentativi di suicidio sono quasi 20 milioni, cioè uno ogni 2-3 secondi. Ogni anno ci sono più morti a causa del suicidio che per la somma delle guerre e degli omicidi messi assieme (cfr. bibliografia). Il suicidio è la seconda causa di morte nella fascia di età 10-24 anni; in molti Paesi è la terza causa di morte nella fascia di età 15-44 anni. Ancora, i suicidi sono aumentati del 60% negli ultimi 45 anni (molto più tra gli uomini che tra le donne), e, secondo alcune stime, potrebbero salire ad un milione e mezzo ... ... nel 2020. Sono dati drammatici e le loro cause sono molteplici: biologiche, climatiche (per esempio la mancanza di luce), sociali, culturali, storiche, ecc.) Certo, l’estrema povertà può indurre al suicidio, ma non è di per sé la sua causa principale: due Paesi molto benestanti, la Svezia e, soprattutto il Giappone, con 13,2 e 24,4 suicidi ogni 100.000 persone, dimostrano che non è la povertà ciò che spinge al suicidio. Per quanto concerne le cause culturali, si pensi di nuovo al Giappone (non per nulla Kamikaze e Harakiri sono due parole giapponesi molto conosciute al mondo). Per l’OMS la causa principale dei suicidi consiste nei disturbi psicologici, in particolare la depressione. In effetti, come ha messo in luce specialmente un pensatore e psicoterapeuta come Viktor Franfl (1905-1997), la motivazione principale dell’uomo non è il principio di piacere (Freud), né la volontà di potenza (Nietzsche), bensì la “volontà di significato”, il desiderio di trovare un senso, uno scopo della propria vita. Il male del nostro tempo, spesso, è proprio la frustrazione esistenziale, che può anche portare alla disperazione ed alla depressione, la mancanza di un senso che costituisca una solida ragione per vivere. Si noti che Frankl è stato internato per diversi anni nei lager nazisti e proprio lì ha verificato che gli uomini fisicamente gracili potevano sopravvivere all’abominio del campo di concentramento più frequentemente di quelli robusti se avevano una motivazione più forte, se lo scopo della loro vita era più solido. Ma che cosa può dare un senso globale e solido alla vita e rendere sopportabile la sofferenza? Ebbene, Dio è un forte e robusto senso ultimo per la vita, e credere in Dio è consolante e rasserenante per chi attraversa una prova, è un eccellente antidoto alla disperazione. Per comprovarlo proviamo a considerare la tragica classifica dei suicidi. Al primo posto in questa triste classifica si trova la Bielorussia, con 35,1 suicidi ogni 100.000 persone; al secondo posto viene la Lituania con 30,4; al terzo posto la Russia con 30,1; al quarto il Kazakistan con 26,9; al quinto l’Ungheria con 26; al settimo la Guyana con 22,9; all’ottavo l’Ucraina con 22,6; al nono la Corea del sud con 21,9; al decimo lo Sri Lanka con 21,6; all’undicesimo la Slovenia con 21,5; al dodicesimo l’Estonia con 20,3; al tredicesimo la Lettonia con 19,9; al quattordicesimo la Serbia con 19,5. Ebbene, forse non è un caso (almeno è questa l’ipotesi che avanziamo) se nei primi quattordici posti della classifica dei suicidi ci sono ben 8 Paesi ex comunisti, dove 50-70 anni di ateismo sono probabilmente una delle cause (beninteso insieme ad altre: il fenomeno è complesso, lo ripetiamo) dell’elevato tasso di suicidi. In questi paesi il comunismo ha prodotto e lasciato delle enormi macerie spirituali (i dati sui Paesi attualmente comunisti nel caso cinese, o mancanti, per esempio quelli concernenti la Corea del nord; a Cuba il numero dei suicidi è alto- con 12,3 suicidi- sebbene non altissimo, ma c’è da chiedersi se qui i dati siano affidabili e non modificati al ribasso dal regime per motivi di propaganda). Per contro, i Paesi con il tasso più basso di suicidi sono quasi tutti di tradizione culturale cristiana, come Grecia, Cipro, Gran Bretagna, Georgia e Armenia (dove il comunismo sembra aver inciso meno), specialmente di tradizione cattolica, per esempio Perù, Brasile, Venezuela, Colombia, Paraguay, Messico, Filippine, Haiti, Santo Domingo, Malta ed Italia. La quale, con 6 suicidi ogni 100.000 persone, grazie a Dio è molto indietro in questa triste classifica. Ci sono alcune eccezioni. Tra i Paesi cristiani, per esempio, l’Austria e la Francia, dove del resto la secolarizzazione è molto avanzata: infatti- si noti bene-, non basta che la tradizione di un popolo sia cristiana, bisogna che la religione sia vissuta; tra quelli non cristiani l’Iran (i dati sui Paesi islamici sono raramente disponibili, ma si può presumere che la condanna coranica del suicidio sia un forte deterrente). Del resto, troviamo solo conforme della nostra ipotesi nei dati che connettono direttamente il suicidio all’ateismo: il suicidio aumenta dove l’ateismo è diffuso. Qualcuno afferma che la fede religiosa è fonte di nevrosi. Questa tesi andrebbe discussa a lungo, ma una breve risposta è possibile svolgerla. In effetti, è vero che ad alcuni esseri umani la religione determina delle nevrosi se è vissuta in modo legalistico, come una sequela di estenuanti doveri ed una sottomissione continua a pesanti norme. Ma questo modo legalistico di coltivare la religione è sbagliato, almeno nel cristianesimo. Il discorso sarebbe lungo. Inoltre, se la religione fosse di per sé la causa delle nevrosi, la secolarizzazione dovrebbe incidere positivamente sulla salute mentale degli esseri umani quando invece, per contro, sempre secondo l’OMS, le patologie psichiche sono in crescita e (come abbiamo detto all’inizio) i suicidi sono aumentati del 60% dagli anni Cinquanta, in un periodo in cui la fede in Dio si è indebolita nel mondo. In fondo già solo questo dato fa pensare ad una correlazione tra la morte di Dio e il suicidio dell’uomo. Ancora, come riferisce Tonino Cantelmi diversi studi degli ultimi anni hanno mostrato gli effetti benefici della coltivazione della religiosità: la religione rappresenta un fattore protettivo per la salute in generale, e per quella mentale in particolare. Il 29 novembre il regista Mario Monicelli, non credente, all’età di 95 anni si è suicidato gettandosi dal quinto piano dell’ospedale in cui era ricoverato. Il sito dell’unione degli ateisti italiani ( UAAR) ha dato la notizia e decine di ateisti l’hanno commentata esaltando Monicelli per questo gesto da vero ateo. Come rileva l’ottimo sito antiuaar: “ non è un caso che alcune persone vicine a Monicelli parlino di “ gesto di coerenza con la sua vita”, confermando il fatto che un ateo, per essere davvero coerente, deve suicidarsi ( ma non per questo va giustificato), mentre per il cristiano si parla invece di “ incoerenza”. Questa comunque è proprio la cultura della morte e della vita disperata che cerca negli ultimi secoli di prendere il posto della visione cristiana… I radicali dicono che la morte di Monicelli dovrebbe servire per discutere dell’eutanasia, in realtà noi pensiamo che servapiù per prendere coscienza della frustrante e disperante cultura dei profeti della Cultura della morte”. Don Marcello Stanzione |