Mons. Guido Maria Conforti e gli Angeli |
San Guido Maria Conforti, canonizzato recentemente da Benedetto XVI e festeggiato il 5 novembre, nasce a Casalora di Racadese nel comune di Cortile S. Martino (Parma) il 30 marzo 1865, da Rinaldo e Antonia Adorni, ottavo di dieci figli. A Parma, presso i Fratelli delle Scuole Cristiane, completa la buona educazione avuta dalla madre. Soleva attribuire la sua vocazione alla catechesi di questi religiosi lasalliani, oltre che ad una singolare esperienza avuta nella contemplazione del Crocifisso. Entrato in seminario a 11 anni, giunto al sacerdozio nel 1888 nonostante una costituzione fisica gracile che gli preclude la scelta di essere un missionario, fonda nel 1895 fonda la Congregazione di san Francesco Saverio per le missioni estere e nel 1899 invia in Cina i primi due missionari saveriani. Nel 1902 diviene arcivescovo di Ravenna ma nel 1904 è costretto a lasciare l’incarico per gravi problemi di salute. Nel 1907 il papa san Pio X lo nomina vescovo di Parma. Nel 1916 collabora alla nascita ... ... della Pontificia Unione Missionaria del clero di cui è il primo presidente. Invia altri missionari in Cina dove egli stesso si reca nel 1928. Muore a Parma il 5 novembre 1931. Viene beatificato da Giovanni Paolo II il 17 marzo 1996 e canonizzato da Benedetto XVI il 23 ottobre 2011. Nell’omelia del giorno di Natale del 1918 nella splendida Cattedrale di Parma e gli si sofferma sugli spiriti celesti e dichiara: “La pagina di Vangelo che oggi la Chiesa dispiega al nostro sguardo e ci fa udire disposato alla dolcezza del suo canto liturgico, ci mostra una schiera numerosa di spiriti celesti che inneggiano al nato Redentore che inizia l’era novella vaticinata dai profeti ed attesa con ansia febbrile dall’umanità dolorante. E questo fatto che ci vien narrato con una semplicità divinamente sublime da allontanare ogni sospetto di menzogna e di inganno è per noi che ammettiamo la divina ispirazione dei libri santi, una povera evidente dell’esistenza di quel mondo spirituale, superiore a questo nostro, che gli odierni positivisti rigettano come parto d’immaginazione puerile. E’ una prova evidente dell’esistenza di questi esseri puramente spirituali che noi chiamiamo Angeli e che si vorrebbero oggi-giorno considerare come leggende e favole mitologiche. Io quindi dopo d’avervi parlato nell’ultima mia Omelia della creazione di questo mondo visibile, che rivela la potenza e la sapienza del suo fattore, del mondo angelico, supremo fastigio dell’opera divina della creazione. Che cosa sono gli Angeli secondo la dottrina Cattolica? Essi sono le creature più perfette uscite dalla mano onnipotente di Dio; essi sono puri spiriti scevri d’ogni mescolanza di materia, per quanto si voglia sottile ed eterea. Le sembianze materiali sotto le quali l’arte, la poesia e la stessa Scrittura Santa ce li rappresentano, non sono che immagini escogitate per aiutare i nostri sensi, e la nostra immaginazione. Essi sono pure intelligenze, non ragionano al par di noi, pensando più o meno rapidamente dal più noto al meno noto, ma intuiscono la verità: e la loro intuizione è si pronta, sì viva e sì acuta che a loro torna impossibile l’essere sorpresi dall’errore. E la loro volontà eguaglia in perfezione la loro intelligenza. Essi amano necessariamente il bene in Dio, in se stessi, in tutte le creature; essi non sentono e non possono sentire il turbamento delle passioni, come purtroppo sentiamo noi in questa carne di peccato. Sono chiamati nei libri ispirati i veloci ministri di Dio, perché essendo puri spiriti, pure intelligenze, il loro operare è più celere della folgore, del suono, della luce; solo la velocità del nostro pensiero che in un attimo si trasporta da un’estremità all’altra del globo, può darci un’idea della celerità del loro operare. Quando pure la divina rivelazione nulla ci dicesse dell’esistenza e della natura degli Angeli, la ragione umana potrebbe intravedere tutto questo e dirò di più ancora, divinarlo, perché senza l’esistenza degli Angeli verrebbe a mancare alcunché al creato, che sarebbe da considerarsi come imperfetto, non altrimenti che un edifizio a cui mancasse il coronamento. Dio non era tenuto a creare alcuno dei tanti esseri che costituiscono quest’universo. Li ha creati liberamente, tutti ordinandoli alla manifestazione della sua gloria. Ed in qual modo ottiene egli il conseguimento di questo fine supremo? Unicamente, dice l’Angelico, col comunicare alla creatura la somiglianza di se stesso. Giacché creando non può creare a sua immagine. Le creature quindi tutte quante sono imitazioni riverberi più o meno perfetti di Dio creatore. Nella materia inorganica, ultima eco dell’azione creatrice, non apparisce che l’esistenza; nei vegetali apparisce la vita nell’infimo suo grado; negli animali apparisce la vita che sente e che si muove; nell’uomo apparisce con l’esistenza, colla vita vegetale, colla vita sensitiva, la vita razionale che si attua nell’intendere e nel volere. Qui splende in modo particolare l’immagine di Dio eterna verità ed eterno amore. Per questo la scrittura santa allorché ci parla della creazione dell’uomo, ci presenta la triade augustissima come a consiglio, che delibera di fare l’uomo a sua immagine e somiglianza ond’egli abbia il dominio della terra. “Faciamus nomine ad immagine et similitudinem nostram”. Ma l’uomo per quanto nobile e grande può egli chiamarsi l’immagine più bella e perfetta di Dio creatore spirito purissimo? Qualora Dio nella creazione delle cose si fosse fermato all’uomo, invano noi cercheremmo l’immagine più perfetta di lui spirito purissimo. In questa scala meravigliosa degli esseri nella quale senza balzi, e con ordine ammirabile si procede dall’infimo al sommo, mancherebbe a nostro modo di intendere un gradino per salire sino a Dio; mancherebbe in questa catena un anello che congiungesse senza offesa dell’estetica divina del creato il finito coll’infinito. L’uomo congiunge in sé la materia e lo spirito; tra questo e Dio ha necessità e la convenienza logica ci portano ad ammettere la esistenza di un regno di puri spiriti, quasi ponte di passaggio tra l’essere materia-spirito e lo spirito perfettissimo infinito che è Dio. Non ci deve quindi recar meraviglia che l’antichità più remota ne abbia ammessa l’esistenza chiamandoli con i nomi di geni, di rabdofori, di anime degli astri, di lumi viventi, di coni, coi quali nomi però ha voluto significare l’identica cosa: esseri spirituali invisibili, inferiori a Dio e superiori agli uomini. Di essi parlano Omero, Esiodo, Talete, Pitagora e i sommi filosofi orientali erano in grande venerazione. Tutto questo oltre trovare fondamento in una rivelazione primitiva fatta da Dio ai nostri progenitori, rivelazione che più o meno fedelmente si osservò attraverso le aberrazioni del paganesimo, trova pure grande corrispondenza nella ragione umana che non esita ad ammettere ciò che riconosce giusto e conforme ai più elementari dettami. Ma in quale giorno furono creati gli Angeli? Se noi consultiamo i Padri della Chiesa noi troveremo che vi ebbero riguardo tre diverse sentenze. Alcuni pochissimi ammisero la creazione degli angeli posteriormente a quella dell’uomo. Altri opinarono che fossero creati semplicemente prima dell’uomo, altri finalmente che fossero creati prima del cielo e della terra e che perciò di loro Mosè non faccia menzione alcuna né diretta né indiretta. La sentenza comune e certa e che senza temerità non si potrebbe porre in dubbio, è quella chiaramente contenuta nel capo “firmiter” del Concilio IV di Laterano in cui è detto: Dio a principio in egual modo creò dal nulla l’una e l’altra creatura spirituale e corporale, cioè l’Angelica e terrestre. Questa asserzione però non toglie che si possa ammettere colla sentenza più comune dei dottori che gli angeli siano stati creati prima di noi. A questo siamo indotti dalle parole che leggiamo in Giobbe, degli angeli: “Figli raggianti dell’Altissimo, essi si letiziano alla sua presenza, mentre l’esercito degli astri sul mattino della vita, fa udire le sue armonie”. Nel capo primo del Genesi Mosè non ha fatto menzione degli angeli perché lo scopo del suo racconto era l’ordinata menzione del mondo sensibile e perché, al dir dell’Angelico, egli aveva ragione di temere che il popolo ebreo, la cui tendenza all’idolatria gli era nota, prendesse da questo occasione di abbandonarsi a qualche culto superstizioso. Ma benché non parli della loro creazione e tanto meno delle eccelse loro prerogative, essi non tardano ad esserci additati dalla sua penna divinamente ispirata. E ce li mostra sulla porta del paradiso terrestre chiuso per sempre ai nostri Progenitori dopo la loro colpa. Ce li presenta sotto le tende del patriarca Abramo nunzii di lieto evento; sopra l’infame Sodoma ministri della divina giustizia; al fianco di Giacobbe per difenderlo dall’odio del fratello, attraverso il deserto a guida d’Israele pellegrinante. Si può dire che la vita dei patriarchi è in continuo rapporto con questi spiriti eletti dei quali il Signore si serve per far conoscere a questi giusti dell’antico patto i suoi divini voleri. E se oltre il Pentateuco, noi consulteremo gli altri libri ispirati troveremo conferma a questa stessa verità. E’ un Angelo che manifesta a Gedeone la sua missione di liberatore; che annuncia il nascimento di Sansone; che nel deserto nutre il profeta Elia. E’ un Angelo che di nottetempo percuote l’esercito di Sennacheribbo e costringe gli Assiri a precipitosa fuga. E’ un Angelo che purifica le labbra d’Isaia con ardente carbone preso dall’Altare fumante. E’ un Angelo che visita la casa del giusto Tobia e conduce il di lui figlio attraverso il paese dei Medi e lo riconduce al domestico tetto. E’ un Angelo che all’ora della preghiera scende presso il profeta Daniele e gli discopre i grandi misteri dell’Altissimo. E giunta finalmente la pienezza dei tempi è un celeste messaggero, un Arcangelo dei più eletti che annunzia alla più pura delle vergini il mistero ineffabile dell’Incarnazione del divino Verbo, termine fisso d’eterno consiglio. Anche gli scrittori ispirati del nuovo patto tutti quanti fanno eco in questo a quello dell’antico e ci mostrano gli angeli attorno alla culla del nato Redentore del mondo cantando osanna, ce li mostrano a difesa dello stesso dalle insidie di Erode; nel deserto dopo le vittorie riportate da Lui sul tentatore, nel Getsemani a conforto delle sue mortali ambasce, sull’orlo del sepolcro, nunzii della sua gloriosa resurrezione. Ed anche lungo il corso dei secoli cristiani essi hanno continuato la loro benefica azione in pro della Chiesa e degli eletti come ce ne rende luminosa testimonianza la storia ecclesiastica, la vita dei Santi, la sua liturgia. Essi infatti perché sterminati per numero che sfugge certamente al calcolo umano hanno tra di loro un ordine il più perfetto ed una subordinazione meravigliosa. Si dividono in tre Gerarchie ed in nove cori ad ognuno dei quali è commessa una missione da compiere che compiono con fedeltà maggiore che non gli astri del cielo e i loro movimenti di rotazione e di rivoluzione. La prima Gerarchia comprende i Troni, i Cherubini, i Serafini. La seconda le Potenze, le Virtù, e le Dominazioni. La terza gli Angeli, gli Arcangeli ed i Principati. Ognuno di questi cori, come ho detto, ha una missione speciale da compiere; che così viene compendiata nel libro ammirabile de Sacra Gerarchia, attribuita a Dionigi, l’Areopagita. I Serafini, egli scrive, sono quelli cui lega Dio più stretto vincolo d’amore ed ardono d’incessante fiamma. I Cherubini con una scienza sovraeminente penetrano, per quanto è possibile ad intelligenza finita, i segreti di Dio. I Troni ricevono le intime comunicazioni del Re dei Re per trasmetterle ai cori inferiori. Le Dominazioni con impero sovrano stabiliscono ciò che si ha da fare. Le Virtù danno la forza, l’energia di operare. Le Podestà stabiliscono i mezzi per eseguire le leggi del governo divino. I Principati intimano l’esecuzione dei ministeri sacri. Gli Arcangeli annunziano i grandi avvenimenti ed adempiono le missioni più alte. Gli Angeli toccano il lembo estremo della nostra natura e su tutti i punti del mondo fanno sentire la loro invisibile azione. Ed è con questo ultimo coro angelico che noi abbiamo rapporti intimi continui, quasi di fratellanza e di amicizia. In ogni tempo si è creduto fermamente che la Divina Provvidenza governasse il mondo col ministero degli Angeli e che questo loro ufficio si estendesse benanche negli elementi corporei e nelle creature inanimate. I Pagani stessi perdurarono in simile persuasione la quale del resto, fu a noi trasmessa dall’unanime testimonianza dei padri della Chiesa. Gli Angeli, scrive il grande Origene, presiedono a tutte le cose visibili, ai principali elementi, come all’aria, all’acqua, al fuoco, ed anche agli animali ed agli astri del cielo. I loro ministeri sono partiti: alcuni imperano ai fiumi, alle fonti; gli uni attendono ai venti, gli altri al mare. Ma in modo particolare agli Angeli è affidata la cura di procacciare la santificazione degli eletti e di seguire la volontà di Dio in ordine all’uomo. E’ indubitato che Iddio quasi sempre si è servito di loro nelle meraviglie operate, nelle grazie concesse, nei giusti giudizi esercitati a favore della Chiesa. Oltre i fatti non pochi surricordati, noi sappiamo che essi fin da principio vegliano a proteggere la Chiesa nascente e gli Apostoli. Questi sono cacciati in carcere e un Angelo apre loro le porte e li ridona alla libertà. Il diacono Filippo è mandato da un Angelo sulla via che da Gerusalemme mette a Gaza per istruire e battezzare l’inviato della regina Candace, la cui conversione doveva promuovere moltissime altre nell’Etiopia. Per comando di un Angelo Cornelio Centurione manda a chiamare l’Apostolo S. Pietro dal quale riceve l’istruzione e il Battesimo. Questo solo che ho accennato basta a farci comprendere che alle celesti intelligenze è principalmente affidato il custodire il genere umano. Iddio, dice Lattanzio, ha inviato i suoi Angeli per tutelare ed indirizzare gli uomini, essi sono le nostre guide, i nostri protettori. Ad essi è commesso il patrocinio dei regni e degl’imperi. Nel Capo 10 del profeta Daniele si ragiona di un principe del regno dei Persiani e di un Principe dei Greci, i quali personaggi come apparisce dal contesto della versione sono evidentemente gli Angeli destinati da Dio a custodire quei popoli. Da questo e da altri tratti della Scrittura Sacra ne deducono concordi i sacri interpreti ed i Padri della Chiesa esser fuori d’ogni dubbio che tutti i regni e tutte le nazioni possiedono un Angelo tutelare. E quello che essi asseriscono dei regni e degli imperi non esistano ad asserirlo pure delle singole Chiese, delle singole Diocesi. Iddio vuole, scrive Eusebio di Cesarea, che ogni Angelo custodisca e protegga quella Chiesa che gli fu destinata. Ed il grande Ambrogio asserisce che Iddio ha non solo stabilito dei Vescovi per reggere il proprio gregge, ma ha pure destinato un Angelo per custodirlo. Che se tutte le Chiese particolari hanno un Angelo tutelare, non possiamo dubitare che ad un gran numero di essi non sia commesso da Dio l’ufficio di assistere incessantemente la Chiesa universale. Le potenze celesti, scrive Eusebio, stanno pronte per custodire la Chiesa di Dio. Ed il grande Dottore di Poitiers li rappresenta simili a soldati prescelti a difendere una città; circondano da ogni parte il gregge di Cristo e si adoperano per salvarlo. Ed il Nazianzeno li paragona alla torre di cui è parola nel Cantico dei Cantici dalla quale pendevano gran numero di scudi, armatura di forti invincibili guerrieri. Ma Dio vuol salvi tutti quanti gli uomini ha disposto che a tutti giunga in modo più o meno perfetto la corrente della vita, della verità e dell’amore, quella vita che muove da Dio, investe gli Angeli, gli uomini, le cose tutte e ritorna a Dio. Ritorna a Dio non nel senso panteistico, ma perché viene spesa in servire, in amare, in glorificare il Creatore. Per questo ad ogni uomo egli ha destinato un Angelo per illuminarlo, difenderlo, condurlo durante questa vita mortale. Una verità così consolante è, dopo i dogmi espressamente definiti, una delle meglio fondate nella Scrittura e nella tradizione. E benché essa non costituisca dogma di fede è ricevuta nondimeno con unanime consenso dalla Chiesa universale, e non può essere rigettata senza nota di temerità. Tali sono le parole del Suarez il quale osserva inoltre che Calvino fu il primo che osasse porre dapprima in controversia questa verità e poscia recisamente negarla. L’Altissimo, canta il reale Salmista, ha commessa di te la cura ai suoi Angeli, ed eglino in tutte le vie saranno i tuoi custodi. I sacri interpreti riferiscono questo versetto non solo al messia, ma ancora a tutti gli uomini e più particolarmente ai giusti. E nel Vangelo Gesù Cristo stesso pronuncia queste memorande parole: Guardatevi dal disprezzare alcuno di questi piccoli, impressocché vi fo sapere, che i loro Angeli vedono perennemente la faccia del Padre che sta nei cieli. Ogni uomo dunque sin dalla sua infanzia ha un Angelo tutelare che compie in ordine a lui con amorosa sollecitudine l’ufficio suo, di difesa e protezione. Sì, non ve n’ha neppur che sia privo di questo amico invisibile, il quale secondo le commoventi espressioni della Scrittura santa: non riposa giammai al suo posto, ci protegge nel nostro cammino, ci porta nelle sue mani, affinché il nostro piede non inciampi nella pietra lungo la via; svia la freccia volante nel giorno e la malizia che s’aggira nelle tenebre. Egli ci ricevette dalle mani di Dio il dì che nascemmo e noi possiamo contare nella fedele sua custodia. Nell’afflizione ci consola, nel pericolo ci ammonisce, nella lotta ci protegge, nel dubbio ci consiglia e dopo il fallo amorosamente ci rimprovera. Egli offre a Dio le nostre preghiere e vi aggiunge le proprie come leggiamo dell’Angelo che conduceva Tobia al quale esso diceva: Ho presentato le tue preci al Signore. Come leggiamo nel misterioso libro dell’Apocalisse in cui è detto: E venne un altr’Angelo e fermossi avanti all’Altare, tenendo un turibolo d’oro, e gli fu data gran quantità d’incenso, affinché offrisse delle orazioni di tutti i Santi sopra l’altare d’oro che è dinanzi al trono di Dio. E salì il fumo degl’incensi delle orazioni dei santi dalla mano dell’Angelo davanti a Dio. Quanto è consolante, o fratelli e figliuoli direttissimi, la suesposta dottrina, che trova il suo fondamento inconcusso nella scrittura santa e nella tradizione. Come ci rivela la nobiltà della nostra natura e la grandezza della nostra dignità! Pel corpo collocato l’uomo al sommo della scala delle creature materiali, egli vede di sotto a lui e tendere a lui migliaia e migliaia di creature, le une alle altre concatenate. Dal filo d’erba sino al cedro del Libano, dalla gocciola di rugiada all’immenso oceano, dall’atomo al sole, dall’insetto all’elefante, tutte le terrestri creature si riportano a lui, Re della terra egli è vassallo del cielo. Collocato per l’anima sua sul primo gradino del mondo spirituale, egli è il legame, l’anello di congiunzione dei due mondi. Di sotto a lui non esistono che creature materiali; di sopra a lui non si trovano che sostanze spirituali, e queste stesse sostanze, benché di natura superiore alla sua, si riportano a lui, ed a lui prestano la loro assistenza ed i loro servizi”. Don Marcello Stanzione |