Geova, il nome sbagliato di Dio: i "Testimoni di Geova" lo sanno benissimo! |
Molti, conoscendo o sentendo parlare i Testimoni di Geova, sono venuti a sapere che “Geova” è il nome di Dio. O meglio, che Geova è l0adattamento italiano del nome di Dio “Jehova”. L’argomento non meriterebbe di essere affrontato, se non fosse enorme la disinformazione che regna ancora all’interno degli stessi Testimoni di Geova. Forse sarebbe più appropriato parlare di informazione confusa, che i dirigenti dei testimoni di Geova astutamente continuano a tenere in piedi, per potersi arrogare il privilegio di appartenere all’unica “vera religione”: “ Esigenza della vera religione è che deve santificare il nome di Dio” (la verità che conduce alla vita eterna, 1968, pag.127). La confusione è documentabile in tante pubblicazioni dei Testimoni di Geova e per tutte è sufficiente mettere a confronto due opposte dichiarazioni, prese da una stesso libro: I dichiarazione:”Il nome di Dio è rappresentato migliaia di volte dalle quattro lettere ebraiche YHWH (…). Il problema è che ... ... oggi non abbiamo nessun modo di sapere con esattezza quali vocali gli Ebrei usassero con le consonanti YHWH. II dichiarazione: “Il nome di Geova(…) appare nel testo originale ebraico quasi settemila volte”. Perché nel secondo passo non si parla più di tetragramma, ma di Geova? E perché, pur riconoscendo che il nome di Dio è sempre rappresentato dal tetragramma nei primitivi testi ebraici, si continua ad affermare che il nome Geova è presente nell’originale testo ebraico? Perché, se non per alimentare confusione nello sprovveduto e convincerlo che il nome di Dio è Geova? Nell’intento di far chiarezza su un problema che per i Testimoni di Geova è di vitale importanza, a tal punto da essere annoverato nel loro “credo”, invito il lettore a seguire quanto esposto in una loro recente rivista. Innanzitutto è significativa l’ammissione che le vocali “e-o-a”, inserite nel tetragramma a formare Geova o Jehova, rappresentano per gli stessi dirigenti dei Testimoni di Geova una scelta “incerta”:”Negli antichi manoscritti il nome di Dio è scritto solo con le quattro con sonanti YHWH o JHVH, che i commentatori biblici spesso chiamano il “Tetragramma”, cioè le “quattro lettere”(…) Nel corso dei secoli l’esatta pronuncia ebraica del nome di Dio è andata perduta. Vi è, perciò, incertezza sulle vocali da usarsi nel nome”. Le ammissioni appena esposte scoraggerebbe chiunque da ogni velleitaria convinzione che il nome di Dio è Geova. Ma il movimento dei Testimoni di Geova, che per tanti versi pone in aperto antagonismo con tutte le religioni, in questa circostanza trova conforto alla sua scelta proprio in vecchie iscrizioni cattoliche e in personalità cattoliche di secoli addietro: ”Il primo a usare la pronuncia “Jehova” fu un monaco spagnolo dell’ordine dei domenicani, Raimondo Martini, nel suo libro Puego Fidei, pubblicato nel 1270, oltre 700 anni fa”. Si tratta, chiaramente, di una documentazione priva di valore, che tende a far dimenticare come l’uso di Geova o di Jehova sia dipeso da un errore che ha coinvolto scrittori e biblisti fino a pochi decenni fa. Sono gli stessi dirigenti dei Testimoni di Geova a ricordarci, infatti, che i copisti masoreti, mentre potettero generalmente utilizzare nel testo biblico consonantico i suoni vocalici tramandati dalla tradizione orale, per il tetragramma non potettero avvalersi della stessa tradizione, interrotasi per via del timore dei soferim ( scribi che operarono prima dei masoreti) di pronunciare il tetragramma di Dio. Questi ultimi, anzi, erano giunti persino a sostituire il tetragramma con le parole Adonaj (Signore) ed Elohim (Dio). I masoreti, da parte loro, non fecero altro che inserire arbitrariamente nel tetragramma le vocali di Adonaj e di Elohim:”Inserendo i segni vocalici delle due parole ebraiche Adonaj (Signore) ed Elohim (Dio) nel tetragramma, si formò la pronuncia Yehowah. Infine si arrivò alla forma latinizzata Geova”. In altre parole “Geova” è un vero e proprio atto di arbitrio commesso dagli uomini dell’antichità (masoreti) e perpetrato dai Testimoni di Geova. Sorge, a questo punto, una domanda: perché non usare altre dizioni, come “Jahve” (o Yahweh), che pur si riconosce come usate da molte traduzioni e considerate “più esatte da molti studiosi di ebraico?” Perché non “Jahve”, che gli stessi Testimoni di Geova riconoscono come un “tentativo di esprimere il nome di Dio in forma più simile all’originale?” Conclude la citata rivista, rispondendo a questi interrogativi: ”Il nome “Geova” “ è molto più conosciuto e usato” e poi come non si può “pretendere che si usino le originali pronunce greche di Gesù e Pietro (Iesous e Petros)”, così “la grafia e la pronuncia del nome di Dio non sono di capitale importanza”. “La scelta delle vocali per completare il nome divino è puramente congettuale”. La risposta, come si può notare, è per lo meno sconcertante. E’ veramente difficile comprendere, da una parte, l’intransigenza con cui i Testimoni di Geova rifiutano le parole “Dio”, “Signore”, “Padre”, in quanto “titoli abbastanza generici”, e dall’altra la facilità con cui accettano la parola Geova solo perché è più conosciuta. Dichiarare che la preferenza data a Geova dipende dal suo uso diffuso (il che è poi inesatto), ci ricorda l’atteggiamento della sprovveduta massaia, che acquista un prodotto non per la sua qualità, ma perché il più reclamizzato. La dichiarazione che “la grafia e la pronuncia del nome di Dio non sono di capitale importanza”, invece, autorizzerebbe indirettamente chiunque a inserire nel tetragramma le vocali che più ritenesse opportuno, con il risultato di coniare decine e decine di parole, tute indicanti (secondo i dirigenti dei Testimoni di Geova) il nome di Dio: Gaevi, Gaevo, Gaevu, Gaeva, Gaeve, GIOVE, ecc. Gli esempi addotti di Gesù e Pietro , poi, non calzano, perché mentre per queste due parole le vocali ci sono pervenute nell’originale greco e sono state trasportate esattamente nella lingua italiana, invece per il tetragramma le vocali sono andate perdute e sono state inserite vocali di altre parole in maniera arbitraria. Comunque la difficoltà nell’accettare Geova (Jehova o Yehowah) non risiede soltanto nella trascrizione, cioè nella pronuncia, ma nel fatto che quella parola manca di una valenza significante: è una pura costruzione umana priva di significato alcuno. Ciò che più conta, riconoscono gli stessi dirigenti dei Testimoni di Geova, è il “profondo e sacro significato racchiuso nel nome divino”, ricordato in Esodo 3:13-14:” Io mostrerò d’essere ciò che mostrerò d’essere”. Ora questo significato è espresso da Geova? Certo no! Perché Geova è la forma latinizzata di Yehowah, che è a sua volta una parola frutto delle consonanti originali più vocali di altre parole. Piuttosto il significato racchiuso nel nome di Dio è espresso da un’altra parola e sono gli stessi Testimoni di Geova a confortarci in questa convinzione, quando dichiarano:”La radice ebraica del nome di Dio significa”Egli fa essere o mostra d’essere riferito a se stesso”. E poi aggiungono altrove:”In ebraico tale significato è espresso da EHYEH”. Il verbo ebraico EHYEH significa ”io sono”, mentre JAHWE significa “egli è”. Jahwe, quindi, non è un modo diverso di pronunciare Geova; tra le due parole esiste una differenza sostanziale: la prima ha un suo preciso significato, Geova non ha significato alcuno. Il tentativo dei dirigenti dei Testimoni di Geova di presentare anche la dizione JAHWE come pura congettura risulta inutile. Jahwe, come si è visto per stessa ammissione dei Testimoni di Geova, non è un semplice tentativo di esprimere il nome di Dio in forma più originale: è invece la parola che più fedelmente racchiude “l’essenza” di Dio, il significato di “essere supremo”. Don Marcello Stanzione |