VERONICA DA BINASCO E GLI ANGELI |
Una delle più genuine mistiche italiane e figlia delle terra di Binasco, la beata veronica, vergine dell’Ordine di Sant’Agostino, godeva, se non sempre, almeno quasi giornalmente, della visita di un angelo. Egli le apparve per impedirle di nascondersi in un deserto e le assicurò che per lei la vita in solitudine non corrispondeva alla volontà di Dio. Da quel giorno la beata Veronica rimase in rapporto assiduo con lui. Quando chiese di entrare in monastero la superiora la respinse a motivo della sua ignoranza – era infatti una contadina abituata solo al lavoro duro dei campi – e le impose, come condizione per la sua accettazione, di imparare a leggere i Salmi e l’Ufficio divino. Un giorno, mentre era curva sulle sudate carte, la Madonna le apparve e le rivelò in visione i colori delle uniche tre lettere che era necessario conoscere: la prima bianca, simbolo della purezza del cuore che fa amare Dio sopra ogni cosa; la seconda nera, per impedire di scandalizzarsi delle colpe del prossimo e per pregare per chi le commette; la terza rossa, per meditare quotidianamente la Passione ... ... Intervenne poi l’anglo ad aiutare Veronica nella recita dell’Ufficio divino secondo il rito romano, poiché lei era di Milano dove per la liturgia si seguiva il rito ambrosiano; egli le segnava i fogli con delle cordicelle usandole come segnali, e spesso recitava l’Ufficio divino con lei. L’angelo la nutriva durante i suoi digiuni, dandole un piccolo pane tutto bianco che nonostante il suo piccolissimo volume la sosteneva meravigliosamente; siccome pregava per la guarigione di un’amica malata, lo spirito celeste le portava un duplice pane. Veronica donava un pane alla sua amica che ne mangiava e vi trovava la salute. Un giorno l’a gelo inflisse ala beata una reprimenda per un attimo di curiosità al quale si era lasciata andare durante la Santa Messa; ne fu così terrorizzata che pensò di morire e per tre giorni non fece che piangere. Veronica descrive così quell’angelo: “Era così brillante di luce che mi serviva da fiaccola durante la notte, e che potevo fissarlo e saziarmi dei suoi tratti a piacere. Aveva sulla fronte un piccolo corno, una stola pendeva dal suo collo, sulle sue spalle erano legate delle ali come i pittori hanno l’abitudine di darne agli spiriti angelici”. Un altro giorno l’angelo le portò la santa comunione essendo la serva del Signore impossibilitata. Veronica Negroni da Binasco, al secolo Giovanna Negri, era nata a Binasco nel 1445 nella Cascina Cicognola di Binasco. Suo padre Zanino e sua madre Giacomina la chiamavano Nina, da Giovannina. Ha vissuto al tempo di Ludovico il Moro e Beatrice d’Este, in una delle corti più fastose d’Italia, m la vita mondana non era fatta per lei. ben presto scelse di farsi monaca: conobbe prima il monastero francescano di Sant’Orsola di Milano e poi quello agostiniano di Santa Maria, il più importante monastero dell’Ordine agostiniano , dove entrò nel 1466. Qui visse tutta la sua vita, che si spense nel 1497. La beata, fisicamente bruna quando era in vita, da morta diventò molto chiara e bella. Le cronache riferiscono che morta già da quattro giorni mosse inspiegabilmente un braccio. E ancora: dopo tredici giorni dal decesso, il suo corpo era incorrotto e sembrava ancora bello e fresco come appena dopo la morte. la sua popolarità e la sua beatificazione sono opera in modo particolare del teologo domenicano padre Isidoro Isolani, dedicata ai reali di Francia che influirono positivamente nel divulgare la devozione alla beata agostiniana. La sua vita non è stata facile. Dalla meditazione della Passione di Cristo ebbe l’aiuto nell’esercizio costante per l’acquisto delle virtù e nell’impegno nelle opere spirituali. per alcuni anni soffrì di forti dolori alla testa a motivo della tensione nervosa; in seguito soffrì di mal di stomaco e di altre malattie che sopportava con pazienza. Nel 1485 il Signore le concesse la prima delle estasi che nel tempo si moltiplicarono. le comparve Cristo in Croce, circondato da gran luce, insanguinato e sofferente, e le lasciò il cuore trafitto di grandissimo amore e dolore. la suora, digiuna di trattati e di summae teologiche, raggiunse presto le più alte vette della mistica, stupendo tutti coloro che avevano l’occasione di avvicinarla. Si racconta che ella dovendo uscire come al solito dalla città per la questa necessaria per sostenere le sorelle del monastero, temesse il manifestarsi delle estasi, ma Cristo la rassicurò che, quando ciò fosse avvenuto, non sarebbe stata più mandata fuori dal monastero. Così mendicò di porta in porta, di palazzo in palazzo in una Milano sforzesca sempre meno sensibile alle necessità degli umili e dei poveri. Un altro episodio avvenne a Binasco nella casa monastica della su amica suor Antonia, terziaria francescana; il demonio le aveva sfasciato la scala a pioli, così che non poté più scendere da solaio, dove si era rifugiata a pregare. Ed ecco che sempre il demonio la fa nuovamente cadere da un ponte in un fosso mentre tornava in monastero; ma inspiegabilmente dopo la caduta le uova che teneva sulle braccia rimasero intatte. Si racconta che, due anni prima di morire, dal 28 settembre al 5 ottobre 1495, la beata soggiornò otto giorni a Roma e che l’ottavo giorno fu ricevuta da Alessandro VI, con grande stupore di tutti coloro che attendevano da più giorni di essere ricevuti dal papa. Il pontefice ha per lei parole di grande stima ed ella è costretta a fuggire dagli onori, e in particolare dalla popolarità che l’avrebbe costretta a restare in quel luogo. Dopo quel colloquio segreto con il papa, forse da lui investita quale sua messaggera, parte immediatamente verso Milano. Si ferma a Firenze per incontrare prelati importanti e si ritira in un monastero, dove dimora per alcuni giorni. Avvenne che da Piacenza a Milano lei e tutta la sua Compagnia, guardando il fiume Po, furono coinvolti in un incidente, ma rimasero tutti illesi: fatto miracoloso subito attribuito alla serva di Dio. In periodo napoleonico, sotto l’onda del laicismo, il monastero venne soppresso e l’urna della beata Veronica venne abbandonata all’incuria. temendo una possibile profanazione le suore agostiniane fecero traslare la sua salma a Binasco, suo paese natale, nella chiesa di santo Stefano dove era stata generata alla fede. Era il 13 giungo dell’anno 1812. Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |