LE RELIQUIE DI SAN GIUSEPPE MOSCATI A CAMPAGNA IL 12 FEBBRAIO Di don Marcello Stanzione |
Scritto da Amministratore | |
giovedì 08 febbraio 2018 | |
Lunedì 12 febbraio 2018 vi è grande festa a Campagna in provincia di Salerno dove alle ore 19 alla parrocchia di Santa Maria La Nova arriveranno per una sera le reliquie di san Giuseppe Moscati portate dal padre gesuita Vincenzo Sibilio. Prima della Messa padre Sibilio benedirà una statua grande di san moscati che rimarrà nella chiesa di santa Maria La nova come ringraziamento al santo per una guarigione dalla leucemia e sarà benedetto pure un mezzo busto del santo che ogni giorno durante la quaresima sarà portato in una famiglia diversa della parrocchia che ospiterà un incontro di preghiera familiare. ...
Giuseppe Moscati nasce a Benevento il 25 luglio 1880, settimo di nove figli del giudice Francesco e dalla marchesa Rosa del Roseto. A Napoli, sua patria di adozione, nel 1887 si iscrive alla facoltà di medicina e si laurea nel 1903. Nel 1908 diventa assistente ordinario nell’istituto di chimica fisiologica . E agli ammalati che, sempre più numerosi si rivolgono a lui, spesso non chiederà mai di essere pagato. “ Il dolore – egli diceva – va trattato non come un guizzo o una contrazione muscolare, ma come il grido di un’anima a cui un altro fratello, il medico, accorre con l’ardenza dell’amore”. In un momento di sofferenza e di opposizione di qualche collega da lui beneficiato scrive per se stesso: “ Ama la verità; mostrati quale sei e senza infingimenti, senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, tu accettala; e se il tormento tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, tu sii forte nel sacrificio”. Muore il 12 aprile 1927 a Napoli, a soli 47 anni mentre sta visitando gli ammalati. Il Moscati si alzava molto presto al mattino, benché la sera, per ragioni di studio, andasse a letto a mezzanotte. Prima di recarsi all’ospedale o all’università ascoltava immancabilmente la Messa nella chiesa di Santa Chiara o del Gesù Nuovo e faceva la comunione. Era convinto che “chi fa la comunione ogni giorno ha una forza colossale da poter resistere ai dolori della vita e alle tentazioni”. Se non la poteva fare al mattino prolungava il digiuno fino a tarda ora, pur di non privarsene. In chiesa pregava con una concentrazione tale da sembrare astratto, estatico, tanto che sovente non avvertiva quello che gli capitava intorno. Talora, anche mentre studiava, lavorava o passeggiava fu visto rimanere assorto per alcuni istanti con io volto in fiamme. La sorella gli chiedeva il motivo di quei “soprapensieri” ed egli ingenuamente le rispondeva: “Pensavo al Signore”. Tutti i giorni recitava il rosario e faceva varie visite a Gesù Sacramentato; tutti i venerdì digiunava in onore della Passione del Signore; tutti i sabati e tutte le novene della Madonna non assaggiava frutta in onore di lei; tutte le sere, prima di andare a letto, s’inginocchiava davanti a una statua dell’Ecce Homo, faceva l’esame di coscienza e domandava perdono a Dio delle mancanze commesse durante la giornata. Di frequente faceva celebrare messe per i defunti, e al rosario recitato in famiglia, aggiungeva altre preghiere in suffragio delle anime del purgatorio. Nei giorni festivi, dopo aver espletato il suo servizio, non s’accontentava di prendere parte alla messa, ma vi conduceva anche i suoi alunni, ai quali illustrava la liturgia e il Vangelo del giorno. Il Moscati fu pure un contemplativo. In casa teneva sullo scrittoio libri di meditazione, di cui si serviva per elevare il suo spirito al Signore. Nel suo Diario lasciò scritta questa preghiera: “Mio Dio, il tuo amore mi rende sublime, il tuo amore mi santifica e mi volge non verso una sola creatura, ma verso tutte le creature, alla infinita bellezza di tutti gli esseri creati a tua immagine e somiglianza”. Sovente sapeva trovare l’occasione per ricordare ad allievi e a malati che noi siamo alla presenza di Dio, che Dio è padrone della vita e della morte, che Dio è il creatore di tutte le cose e il datore munifico di tutti i beni. Un giorno, un padre gesuita, che si era trovato con lui nella stessa affollata tranvia, gli chiese a che cosa avesse pensato durante il tragitto. Gli rispose: “A Dio e al cielo: sono una gran cosa”. Ad una persona amica scrisse: “Non dimentichiamo di fare ogni giorno, anzi ogni momento offerta delle nostre azioni a Dio, compiendo tutto per amore”. Soleva pure dire: “Amiamo il Signore non per paura dell’inferno, non per timore, non per ricevere consolazione e dolcezza, ma perché egli solo merita il nostro amore, bellezza e bontà infinita”. Sospirava: “come è bello morire e morire presto per vedere il Signore svelatamente!”. Fu esaudito il 12-4-1927 mentre verso le tre pomeridiane attendeva alle visite dei malati nella propria casa. Morì improvvisamente forse per un attacco di Angina pectoris. Pare assodato che una certa previsione della morte egli l’abbia sicuramente avuta. Nel registro delle visite un anonimo ha lasciato scritto: “Non ha voluto fiori e nemmeno lacrime: ma noi lo piangiamo, che il mondo ha perduto un santo, Napoli un esemplare di tutte le virtù, i malati poveri hanno perduto tutto!”. La salma del Moscati fu trasportata al cimitero tra una marea di popolo. I suoi resti mortali dal 1930 sono venerati a Napoli nella chiesa del Gesù Nuovo. Paolo VI il 10-3-1973 ne riconobbe l’eroicità delle virtù, il 16-11-1975 lo beatificò e Giovanni Paolo II il 25-10-1987 lo canonizzò. |