Gli Angeli nel Giudaismo |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Il monoteismo ebraico, tale come si manifesta in quegli scritti biblici che la tradizione cristiana chiama l’Antico Testamento, sta progressivamente elaborando una credenza ferma e chiara nell’esistenza degli angeli in quanto messaggeri mediatori tra il Dio unico, trascendente ed inaccessibile, e gli uomini. Per la prima volta, in modo incontestabile è affermata l’esistenza di esseri creati, puramente spirituali e appartenenti al mondo di Dio, e da lui inviati per esercitare un’azione reale e significativa nel mondo e nella storia degli uomini. L’angelo è essenzialmente messaggero. La lingua ebraica lo chiama mal’ak (termine che il greco tradurrà con aggelos ed il latino con angelus). Questo termine viene dal cananeo laaka, inviare, e designa l’ambasciatore od il corriere che invia il monarca per far conoscere la sua volontà od il suo desiderio. Ma si può seguire lungo i testi biblici lo stabilirsi e la precisazione sempre più netta di questa credenza negli angeli, che ... ... una riflessione sempre più rigorosa accompagna. Per riassumere brevemente la storia di questa credenza, si può dire ch’essa si stabilisce assumendo in maniera critica l’eredità delle religioni medio orientali, che ho appena ricordato, e che si sviluppa in due gradi tappe, prima e dopo il 586 a.C., data della distruzione del tempio di Salomone e della deportazione in esilio del popolo d’Israele. Durante il primo periodo, la dottrina della credenza negli angeli non è strutturata, se non dall’impiego o dalla presa di espressioni di immagini o di simboli lavorati dall’interno con l’affermazione di un monoteismo sempre più esigente e scrupoloso dell’unica trascendenza del Dio d’Israele YHWH. Nelle più antiche tradizioni, l’angelo è presentato come mal’ak elohim o mal’ak YHWH, l’angelo di Dio, messaggero divino, inviato a degli individui od al popolo intero per proteggerlo o guidarli nelle loro peregrinazioni (cfr per esempio Es 14, 19). Questo messaggero di cui non si sa mai se è uno o più di uno ( si traduce generalmente con l’angelo di YHWH ma si potrebbe anche ben tradurre con un angelo di YHWH), s’identifica quasi con Dio che l’invia, ed è essenzialmente la manifestazione della presenza di Dio sotto parvenza umana rivestita di maestà e di bellezza. E’ detto messaggero, poiché è prima di tutto ed essenzialmente portatore della Parola di Dio, dietro la quale, o piuttosto nella quale egli si cancella e scompare. In numerosissimi testi, il soggetto dell’azione o della parola riportata è indifferentemente Dio o l’angelo di Dio, come se si trattasse della stessa persona (Gn 18, 1-15; Es 3, 2). Questa relazione alla Parola e con Dio stesso conduce del tutto naturalmente a pensare l’essere dell’angelo in relazione con la luce ed il fuoco, come in Es 3, 2 od ancora Gd 6, 21-23. ma si vede anche quest’angelo o questi angeli avere un ruolo attivo: egli guida il servo di Abramo verso Rebecca (Gn 24, 7) o colpisce i neonati egiziani (Es 14, 19). A partire da questa affermazione centrale, si sviluppa l’idea d’un mondo angelico, popolato da numerosi angeli, e che sono contemporaneamente della corte regale e dell’esercito celeste. In Gn 32, 2-3, Giacobbe parla del campo di Dio, e numerosi salmi parleranno degli eserciti celesti evocando gli angeli. Ma si tratta sempre di esseri spirituali che appartengono al mondo di Dio (il Salmo 103 li chiama “i santi”, “i forti”) e che hanno in carico le relazione di Dio con gli uomini, come ben l’illustra il racconto della Genesi nel quale Giacobbe vede una scala che collega la terra col cielo e sulla quale salgono e scendono gli angeli (Gn 28, 12). L’affermazione di quel “campo di Dio” o di quel mondo angelico, nel quale gli angeli sono presentati come dei “beney elohim” (figli di Dio) permette alla fede d’Israele di assumere le antiche credenze cananee in un dio regnante in cielo circondato dai suoi figli, allo stesso modo ch’essa riprende in suo conto un’immagine di esseri piuttosto mostruosi, di origine mesopotamica od assira, come i cherubini od i serafini (“i brucianti”) di cui essa fa dei servitori di Dio, sostegno del suo Trono od angeli della sua Gloria. Tutti questi esseri sono convocati alla corte di YHWH, il Dio unico, per assicurarvi la celebrazione della sua Gloria, in una liturgia senza fine, e il cammino del mondo fisico e della storia degli uomini, in una vigilanza anch’essa senza fine. Incessantemente i salmi, che rinviano alla liturgia del tempio di Salomone od alla vita della corte reale, si riferiscono a quella liturgia celeste di cui gli angeli sono i celebranti, ed a quel cammino del mondo e dei cieli di cui gli angeli sono gli infaticabili agenti. Con la distruzione del tempio di Gerusalemme e l’esilio d’Israele, la presenza di Dio al suo popolo diventa sempre più problematica e si fa come lontana. Così si vede uno sviluppo accentuato dell’angelologia. Gli angeli sono massicciamente convocati per assicurare, nell’assenza risentita di Dio, la presenza della sua Gloria. Il profeta Ezechiele è a questo riguardo un formidabile testimone nelle sue descrizioni un po’ allucinate della gloria di Dio, nei capitoli 1 e 10 del suo libro. Ed egli moltiplica gli angeli interpreti ed esecutori delle opere di Dio. Ed il profeta Zaccaria ancor di più. Comunque sia, si può dire che la figura dell’angelo si precisa e si stabilizza: sempre portatore della parola di Dio, l’angelo è incaricato d’annunciare la sua volontà, ma anche di guidare il popolo nella realizzazione di quella volontà scongiurando i pericoli che lo minacciano, e talvolta portando il castigo ordinato dalla collera di Dio. Così l’angelo non è più un semplice messaggero che reca la parola, ma è anche garante dell’azione di quella parola nel mondo, custode dell’uomo e del popolo tutto nella fedeltà a quella parola. In questo contesto, a partire da origini molteplici e diverse, si mette a posto una demonologia, che è come il rovescio notturno del mondo angelico. Mischiando tradizioni relative allo spirito dei morti, agli dei pagani stranieri, ai demoni di origine animale e a degli angeli decaduti, i testi biblici stanno per descrivere un mondo del male e del peccato gestiti da angeli cattivi (Tutto un esercito di angeli di disgrazia” dice il Salmo 78, 49) da cui a poco a poco emerge la figura di Satana. Questo personaggio è una creazione dell’ebraismo post esilico. All’opposto dell’angelo intercessore, egli è la figura dell’Avversario, del Nemico, l’accusatore. E’ presentato come uno dei membri della corte di YHWH, in cui egli appare come una specie di procuratore soprannaturale, accusando instancabilmente gli uomini davanti al tribunale di Dio (Gb 1-2; Zc 3, 1-5). La sua personalità finirà poco a poco con l’evolversi per diventare il tentatore e l’avversario d’Israele e di ogni credente (1Cr 21, 1). Ed è solamente nel tardivo Libro della Sapienza , scritto in greco nel I secolo a.C., che Satana è identificato al serpente che aveva tentato Eva nel paradiso e per colpa del quale la morte è venuta in questo mondo (Sap 2, 24). Questa personificazione del male e delle forze del male e del peccato all’azione nel mondo si diffonde nei racconti apocalittici, da cui si possono vedere nelle aggiunte al libro di Isaia (cap 34-35: la piccola apocalisse, e cap. 24-27: la grande apocalisse) od ancora il libro di Daniele. Questa personificazione sta per trascinare nella pietà e nel pensiero ebraico una dominazione delle forze del bene. Si inizia col dare dei nomi agli angeli più importanti: Raffaele, l’angelo guaritore del libro di Tobia (12, 15), Gabriele l’interprete delle visioni nel libro di Daniele (8, 16; 9, 21-23), od ancora Michele, il principe degli angeli, l’angelo di YHWH che conduce una lotta vittoriosa contro Satana e le milizia del male. Nei libri che non saranno ritenuti nel canone ebraico, come il libro di Enoch, si spingerà ancor più lontano la personificazione attribuendo agli angeli delle funzioni cosmiche precise, come un angelo del vento, della pioggia, della grandine, del tuono, ecc. Si sarà notato, leggendo questo sunto molto veloce dell’insegnamento vetero-testamentario, che i testi biblici non presentano una dottrina strutturata sugli angeli. Al contrario, ci si ritrova davanti ad una documentazione molto variegata, eterogenea e talvolta anche un po’ contraddittoria, soprattutto d’altronde in quello che riguarda il mondo degli angeli cattivi, i demoni, che appare più pittoresca e più folcloristica. In questo senso, le note che ho fatto rischiano di falsare le prospettive, lasciando credere ad una dottrina sugli angeli coerente, o che diventa sempre più coerente. Ciò è vero su taluni punti precisi, come il fatto che gli angeli sono delle creature di Dio dipendenti da lui. ma sarebbe un errore pensare che nell’Antico Testamento, il mondo degli angeli si divide, come per noi, in un mondo di angeli buoni ed un mondo di angeli decaduti, dei demoni. Israele, in taluni epoche, ha certamente creduto nell’esistenza dei demoni, ma questi non erano obbligatoriamente degli angeli, essi avevano poco posto nella religione ufficiale d’Israele, allorché ne occupavano molto nella religione popolare. Gli angeli appartenevamo al mondo di Dio ed alla relazione che il credente aveva con Dio. In effetti i testi dell’Antico Testamento testimoniano a diversi livelli la coscienza religiosa, ed essi rinviano a fonti spesso differenti. Si potrebbe dire che quei testi attestano la coscienza più o meno evoluta della fede monoteistica. Questa appare più chiaramente stabilita nella predicazione dei gradi profeti, il cui pensiero è il risultato d’una lunga evoluzione. Questa inizia coi Patriarchi che, nell’ambiente politeistico, affermano che YHWH è il più grande di tutti gli dei, e si precisa con Mosé che accentuerà ancora il privilegio accordato al Dio d’Israele. La credenza negli angeli segue la stessa evoluzione, con quella precisione che la fede vetero-testamentaria si squarcia non solamente una strada lottando contro delle credenze preesistenti o straniere, ma anche affrontando (e/o accomodandosi a) quello che si può chiamare la religione popolare debordante da un’immaginazione sovente primitiva. E sono questi diversi livelli di coscienza religiosa che si ritrovano nei testi biblici che parlano degli angeli e dei demoni. Studi precisi dimostrerebbero anche che fonti od influssi diversi vengono a precisare o diversificare quella credenza negli angeli. Ho già detto che quella credenza diventava più viva e più importante dopo l’esilio. Essendo chiaramente affermata la coscienza monoteistica in quell’epoca, alcuni vedono nell’affermazione degli angeli le vestigia di antichi dei abbandonati e rifiutati del politeismo, che diventano gli angeli delle nazioni (Dt 32, 8, nella versione greca). Come pure pare indiscutibile che l’angelologia biblica abbia subito l’influenza della Persia, quanto all’importanza accordata agli angeli, alla loro gerarchizzazione e la loro specializzazione. E’ in ogni caso fuori di dubbio che Israele abbia creduto all’esistenza degli angeli, messaggeri di YHWH, alla loro azione nel mondo, con una fede a quel punto tranquilla e certa che sembrerà necessario a San Paolo di mettere in guardia contro il culto degli angeli (Col 2, 18). Rimane comunque che quella fede d’Israele sugli angeli è relativamente sobria e che lascia sospeso numerose questioni, come l’origine e la natura degli angeli e dei demoni, questioni che stanno per appassionare spesso le tradizioni posteriori, ebraiche, cristiane o mussulmane. Nei dintorni della nostra era, il giudaismo intertestamentario, conosciuto per mezzo degli apocrifi, elabora vertiginose speculazioni che noi leggiamo oggidì come favole abbastanza oscure. Compare un insegnamento esoterico, presso gli Esseni per esempio, nel 1° secolo prima di Cristo, che attribuisce agli angeli un ruolo nei rituali d’iniziazione. Il viaggio mistico dell’iniziato, attraverso i palazzi celesti e le prove collegate alla porta di ognuno di questi palazzi, è guidato allo stesso tempo che sorvegliato da degli Angeli di cui l’iniziato deve imparare i nomi. Allorché l’insegnamento rabbinico resta relativamente sobrio sulla questione, questo gusto pronunciato per gli angeli condurrà nella religione popolare a delle derive superstiziose e magiche. E’ ancora la tradizione ebraica di quest’epoca che sta per dare delle ali agli angeli, che sta per fare di quegli esseri un po’ mostruosi qual erano i Cherubini ed i Serafini, interamente degli angeli, e che sta per assimilare i demoni a degli angeli che si sono ribellati contro Dio sotto la guida di Satana e che sono caduti. Giungendo nella nostra era ed all’alba del pensiero cristiano, occorre sottolineare l’importanza del pensatore ebreo Filone d’Alessandria che parla molto degli angeli nel suo pensiero di conciliare l’assoluta trascendenza di Dio con la sua azione nel mondo, e che è portato a sviluppare la fede tradizionale d’Israele in degli angeli messaggeri di Dio e guide ed interpreti degli uomini. di don Marcello Stanzione |
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