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La credenza popolare nei vampiri secondo l’Abate Calmet PDF Stampa E-mail

La credenza popolare nei vampiri secondo l’Abate CalmetL’esistenza dei vampiri è stata nel corso dei secoli una delle più strane credenze che sempre dominavano le menti di una larga parte di popolo. Questa credenza ha alimentato un filone di films di grande successo e recentemente il sociologo cattolico Massimo Introvigne per l’editore Sugarco di Milano ha pubblicato un importante testo su tale tematica. Essa appartiene piuttosto al regno dello spiritismo che non a quello della demonologia. E costituisce in realtà un’estensione delle credenza delle apparizioni dei defunti o dei fantasmi. Ma in quanto molti popoli primitivi hanno creduto che gli spiriti dei morti malvagi divenissero demoni, e che tormentassero e divorassero, è bene dedicare qualche parola al soggetto specialmente in quanto i fenomeni di vampirismo vengono da qualche autore del passato esplicati come dovuti alla diretta cooperazione del Diavolo. Il vampirismo consiste nel credere che il morto e sepolto lasci per qualche tempo la sua tomba, visiti la sua antica dimora, ... 

...  succhi il sangue dei viventi e arrechi loro male  in altri modi. Tali spiriti ritornanti da morte vengono chiamati “vampiri” o “Oupiri”. Il nome è di origine serba o ungherese e la credenza è maggiormente diffusa nelle zone dell’Ungheria, Slesia, Boemia, Romania, Moravia e Polonia.

Incontriamo tale credenza nei vampiri con tratti simili anche in Babilonia e Assiria, dove le Sacre Tavolette di quelle religioni parlano di demoni che infieriscono contro gli uomini “divorando la loro carne e succhiando le loro vene”. Nei secoli XVI e XVII la prova di questa credenza nei vampiri diviene più dettagliata, specifica e singolare. Diversi riferimenti a questo soggetto si riscontrano nella letteratura di tali periodi. Forse il riassunto più conveniente e fornito di autorità circa la prova dell’esistenza di tale particolare credenza si trova nell’opera del sacerdote cattolico Born Austin Calmet, Abate di Senones, che nel 1751 pubblicò una lunga esposizione sul vampirismo. Registrando molti fatti, che oggi sarebbero rifiutati dalla maggior parte della gente come appartenenti alle più oscure superstizioni del Medioevo,  comunque egli considera ciascuno fatto con  spirito ragionevole e filosofico, ammettendo le difficoltà che essi coinvolgono, mentre afferma la sua fede in ciò che egli ritiene indubitabile quanto alle prove che li rafforzano.

Dobbiamo pertanto accettare queste, egli dice, in quanto rappresenta la seria credenza di una  gran quantità di cristiani del periodo sunnominato.

Il fatto che defunti siano ritornati alla vita è affermato tanto nel Nuovo Testamento come dai primi padri della Chiesa e , si dice avvenuto ancora in quei giorni. Molte storie di resurrezioni si incontrano nel periodo Medioevale. “ Tutte le vite dei Santi” dice Don Calmet, “sono piene di resurrezioni di morti: e se ne può comporre lunghi volumi”. Ora noi, afferma Calmet, non ci vogliamo occupare delle prove addotte a conforto di tali storie. La resurrezione che ha a che fare con la credenza nel vampirismo è di differente genere.

In questo caso si sostiene che i  morti tornino alla vita, ritornino nelle loro antiche dimore, divorino i viventi succhiando loro il sangue e poi ritornino ancora nel loro sepolcro. Ciò può accadere più volte, finchè effettive misure non vengano prese per prevenire una tale dannosa resurrezione per i viventi. Quando poi si aprono le tombe di tali “spiriti ritornanti da morte”, il corpo si trova sempre fresco, come se fosse appartenuto a persona recentemente deceduta. Le guance sono rosee e il sangue non ancora solidificato ecc. Il metodo migliore per porre fine a tali depredazioni è di infilare un ago nel loro cuore, o di tagliar loro la testa e bruciare il corpo. Lo spazio di questo breve articolo non mi permette di riprodurre molti esempi di vampirismo presi da don Calmet. Basti il dire che Calmet riproduce molti casi che egli pretende ben attestati dal punto di vista del numero e della qualità delle persone che  fanno fede della loro verità.

Egli cita per esempio il caso di Arnold Paul occorso soltanto cinque anni prima che egli scrivesse. Si trattava secondo il sacerdote di un evento particolarmente grave di vampirismo. Il vampiro si riteneva che avesse ucciso quattro persone trenta giorni dopo la sua morte e indirettamente molte più ancora cinque anni dopo. Don Calmet afferma che tutte le investigazioni vennero condotte nella debita forma. I fatti vennero attestati da diversi ufficiali dell’esercito regio, dai sergenti maggiori dei reggimenti e dai più importanti abitanti del posto.

Il rapporto ufficiale fu spedito al Gran  Consiglio di Guerra a Vienna, che istituì una commissione militare per esaminare la verità di tali rapporti. Essi vennero sottoscritti dal primo tenente del reggimento, dal sergente maggiore e da altri tre sergenti e furono anche attestati da altri. Questo è soltanto un semplice caso fra i tanti riportati dal nostro abate. Molti più esempi vengono descritti da Calmet in modo circostanziato, con le più salde affermazioni di veridicità da parte dei relatori. Fra gli altri casi, egli fa un resoconto di ciò che fu riportato a lui da una commissione dell’imperatore Carlo VI a seguito del duca Carlo Alessandro, vicerè del Wurtenberg. La commissione si componeva di mezza dozzina di ufficiali dell’esercito e di un’altra mezza dozzina di ufficiali civili, insieme con l’uditore generale del re.

I membri erano uomini di carattere irreprensibile e posti sotto giuramento. Questa commissione venne inviata per investigare un caso orribile di vampirismo che viene descritto in dettaglio e che si dice pienamente provato. Calmet riferisce queste credenze con uno spirito non ciecamente superstizioso. Mentre la sua attitudine non è naturalmente così chiaramente scettica come quella che prevale oggi giorno nel ventunesimo secolo nei riguardi di tali materie. Riconosce tuttavia pienamente la difficoltà di accettare credenze che appaiono così contrarie al senso comune.

Egli ragiona su di ciò in uno stile completamente moderno e soppesa le spiegazioni alterative. Il sacerdote detective sui vampiri dopo aver considerato tali casi,  dice, noi possiamo negare la verità delle storie puramente e semplicemente. Questa è la più semplice maniera di occuparsene. Tuttavia l’evidenza e le prove di cui tali storie si avvalgono è totalmente forte, che taluni trovano impossibile il fare ciò. Inoltre noi possiamo ritenere che i cosiddetti vampiri non sono realmente morti; e che conservino certi nuclei vitali, onde le loro anime riescano di tempo in tempo a rianimare i corpi, ottenere che essi lascino le loro tombe e appaiano fra gli uomini succhiando il sangue della gente. Riferendosi a tale teoria Calmet cita le opinioni di molti medici, riguardanti il numero delle persone che sono state per errore sepolte vive.

Ma anche supponendo che i così detti vampiri non siano realmente morti, argomenta egli, come possiamo noi spiegare il modo come essi possano lasciare la tomba, fare tutto ciò che si dice, e poi rientrarvi e riprendere la loro posizione primitiva? E’ possibile che si possano penetrare attraverso la terra senza aprirla così come fanno le acque e i vapori, senza scomporre in modo sensibile le varie parti? Un’altra supposizione è che questo ritorno dei vampiri sia opera del diavolo, che rianimi realmente il corpo e ottenga che questo si muova durante il periodo e nel modo sostenuto in tali storie o fascini o streghi gli occhi di coloro a cui il vampiro appare.

L’abate Calmet riconosce che entrambe queste supposizioni sono piene di difficoltà secondo la dottrina cattolica. E’ per lui un principio fondamentale che Dio soltanto possa far risuscitare i morti. Né il diavolo può condurre tale fascinazione come si dice, o può avvenir ciò in modo a noi ignoto, e allora noi dobbiamo sospendere ogni giudizio sulla questione. La spiegazione più probabile di queste storie di vampiri, pensa Calmet, è che tali fatti siano dovuti a una violenta e disordinata immaginazione. La gente immagina di venir succhiata dai vampiri: la credenza causa in essi una tale rivoluzione di emozioni che la sua violenza produce morte. Essendo le loro menti occupate durante tutta la giornata con tali storie di spiriti ritornanti, non è straordinario che questi fantasmi si presentino alla loro immaginazione durante il sonno e causino loro un terrore così violento da far sì che taluni muoiono istantaneamente e di altri in modo  più lento.

E’ un fatto ben noto che v’è della gente che in  tal modo è stata spaventata fino a morirne. V’è tuttavia, egli pensa, un sostrato di fatti nelle storie dei corpi che sono stati disinterrati, e che hanno conservato per lungo tempo dopo la morte un aspetto vitale. Quando egli scriveva v’erano secondo lui molti luoghi dove si trovavano corpi così conservati in tutta la loro freschezza per un tempo molto lungo.

A Tolosa per esempio v’è, egli dichiara, una grotta in una chiesa dove da una parte di essa, un corpo resta come se fosse vivo per due secoli ma sviene posto dall’altra parte della grotta i vermi lo consumano in pochi giorni. Inoltre egli nota che la crescenza delle unghie, dei capelli e della barba, che figura così largamente in queste storie, è un fenomeno naturale e frequente dovuto all’umidità del terreno.

La credenza nei vampiri, così come descritta appare basata sopra una fede ben diffusa e stabilita nelle apparizioni, specialmente per quanto riguarda i fantasmi che si aggirano fra le tombe e che ritornano alle loro antiche abitazioni; tutto ciò congiunto col fatto che una sottile immaginazione può agire talmente sull’organismo da produrre la morte o istantaneamente o gradualmente. La sensazione di angoscia che si accompagna alla posizione sul fianco nel sonno, come anche il senso di svenimento supposta originalmente dovuta ad un mostro seduto sul dormiente, servirà, conclude don Calmet, assai a spiegare molte delle storie popolari riferite intorno ai vampiri.

Don Marcello Stanzione

 
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