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La beata Maria Alexandrina da Costa e l’Inferno PDF Drucken E-Mail
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La beata Maria Alexandrina da Costa e l’InfernoLa beata Alexandrina Maria da Costa , una donna semplice, povera ed umile del Portogallo, è stata beatificata il 25 aprile 2004. Questa donna costretta a letto per la maggior parte della sua vita, ha ricevuto le stigmate ed ha sofferto la Passione del Signore, ogni venerdì per anni, finché il mondo venne consacrato al Cuore Immacolato di Maria, nel 1942. Alexandrina infatti, sotto l’ispirazione del Signore, è stata la messaggera di Dio che ha chiesto questa consacrazione. Uno dei suoi padri spirituali, il salesiano don Umberto M. Pasquale, ha ricevuto molte delle sue confidenze e lettere e ha pubblicato la sua autobiografia in edizione extracommerciale nel 1973. Ecco una testimonianza da un’estasi alla quale don Umberto fu presente il 23 giugno 1944: “Se io Ti amo, o Gesù, come tante volte affermi , se io amo Te e la mia cara Mammibna e sono da Lei amata come dici, ed io credo e confido, che altro posso desiderare, se non amarti e salvarti i peccatori? Crocifiggimi , o Gesù! Non risparmiarmi, ...

... mio Amore, ma risparmia loro dalle pene dell’inferno. Tieni chiuse, o Gesù, le porte dell’inferno. Mettimi quale sbarra contro quelle soglie, lasciami là fino a quando il mondo esisterà, fino a quando vi saranno peccatori da salvare. Oppure lasciami nel mondo finché esisterà. Toglimi tutti i miei, toglimi coloro che mi sono cari, lasciami sola. Tu solo mi basti, o Gesù”.

Vediamo qui che per Alexandrina, come per tanti Santi, l’amore per Gesù e Maria è inseparabile dall’amore per le anime. Si può distinguere logicamente questi due amori, ma non si può separarli. Da notare anche come la Beata vuol essere una “sbarra contro le soglie” dell’inferno.

Il 5 aprile 1945 scrive sullo stesso argomento nel suo diario dopo un’esperienza “infernale”: “Continuo a sentire due cose contemporaneamente: la perdita di Gesù e quella delle anime. La prima mi causa tale orrore e rivolta da non potersi dire: volontà di maledire questa perdita e di maledire la terra. Mi pare che mi tormentino tutti gli orrori dell’inferno. Sento che era meglio soffrire tutto, perdere tutto, piuttosto che perdere Gesù. Mi basta questo per massimo martirio del corpo e dell’anima. Mio Gesù, perderti! E su questo grande dolore cade il peso della giustizia divina. Tormento e dolore senza pari”. E la perdita delle anime, ah, quanto costa! Il mio cuore le rincorre, dispensa loro tenerezza e amore. La mia anima ne vede la fuga e agonizza. Non vi è amore che le fermi, non vi sono parole che le commuovono: corrono, corrono, verso la perdizione. Quale dolore per Gesù e per me che sento questo! Non posso rassegnarmi che le anime si perdano”.

Queste sofferenze infernali sono continuate e nel suo diario in data 13 agosto dello stesso anno lascia scritto: “Che il Cielo sia con me! Mi sento come fossi condannata all’inferno. L’anima mia sente quegli orribili supplizi; i suoi occhio vedono i demoni tormentatori; in tutto il corpo mi pare di sentire quel fuoco nero e distruttore; le mie orecchie odono le urla dei demoni e tutta quella disperazione infernale… Mio Dio , condannata all’inferno! Spero che per la Tua bontà infinita non sia così. Quando mi sento in quella disperazione eterna, mi schiaccia il peso della giustizia divina. Volere vedere Dio e no potere! E’ di gran lunga il più doloroso tormento dell’inferno. L’anima mia trema sgomenta per la paura. Quali indicibili sofferenze vi sono in me!”. Anche la nostra beata portoghese offre qui la testimonianza: “Volere vedere Dio e non potere! E’ di gran lunga il più doloroso tormento dell’inferno”.

Ovviamente per permissione di Dio, ha sperimentato non solo la sofferenza dell’inferno, ma, come pure santa Gemma Galgani, almeno in un certo modo, un tipo di comportamento infernale contro la sua volontà,come scrive più tardi nel suo diario sotto la data del 21 agosto 1945: “ Le fiamme dell’inferno si estendono su di me. Colà tutto è orribile ma il maggiore e più doloroso tormento è la perdita di Dio. Lo potessi almeno vedere! Nonostante il peso della sua divina giustizia, vorrei amarLo. Almeno Lo amassi qui: voglio dire che in mezzo a queste sofferenze che lacerano l’anima non perdessi la serenità e la pace. A volte mi pare di disperare […] Ebbi con il demonio due attacchi violenti e di lunga durata… - O Gesù, o Mammina , amarvi sempre, riparare sì, peccare no, piuttosto l’inferno. […]. Venne Gesù e pose termine alla lotta: - Maledetto, maledetto, sia tu maledetto ancora, maledetto nell’eternità. Vieni, figlia mia, mia vittima…sono testimonio della tua riparazione, non Mio hai offeso”. La differenza fra l’esperienza di Alexandrina e quella dei dannati è che durante tuta la sua sofferenza lei vuole amare Dio e, poi, alla fine vede come Gesù viene per chiudere questa tremenda esperienza.

Qualche giorno dopo, il 24 agosto 1945, la beata ebbe un’esperienza simultanea dell’inferno e della Passione di Gesù: “Vivevo simultaneamente due stati d’animo: sentivo i tormenti dell’inferno e quelli della Passione. Nelle sofferenze dell’inferno sentivo il fuoco negli occhi, nella lingua, nel cervello, nelle orecchie, tutto il mio essere era incandescente; maledicevo la croce avuta nella vita perché non ne avevo tratto profitto per salvarmi. Mentre soffrivo questo, percorrevo le strade del Calvario, tanto oppressa dal dolore che non potevo pronunciare parole. Le lacrime dei miei occhi erano di sangue. Schiacciata sotto il peso della croce, curva fin quasi a terra, cadevo sfinita […].- Nel mare tempestoso della vita, nella notte tremenda di perdizione eterna, sei tu il faro, sei tu l luce dell’umanità intera. Coraggio! In te ci sono Io. La tua notte, le tue tenebre e il tuo martirio aumenteranno, perché si avvicina il tuo cielo. Non vi sarà luce capace di illuminarti, né parole che ti possano confortare davvero. Giorno per giorno sentirai sempre meno in te il mio divino amore e ti parrà privata di Me e quindi condannata all’inferno, è per soccorrere le anime…”.

L’ultimo paragrafo è costituito dalle parole del Signore alla sua serva. Gesù sarà presente durante tutta la sua sofferenza della notte, delle tenebre e del martirio. Anche se lei sente alcuna consolazione, il Signore dichiara: “Ma ci sono sempre: confida! Se tu ti senti privata di Me  e quindi condannata all’inferno, è per soccorrere le anime”. L’esperienza di Alexandrina è un’esperienza vicaria. La beata soffre le pene dell’inferno per impedire che altre anime le soffrano. E’ un caso sconvolgente. Nonostante le parole di consolazione da parte di Gesù, la notte, le tenebre e il suo martirio aumentato e si sente sola e condannata.

Così scrive nel suo diario sotto la data del 6 settembre 1945: “Mi sono perduta,  mi sono perduta! La mia vita è inferno, il mio letto è inferno, la mia morte è inferno, la mia eternità è inferno. Mi sento bruciare in esso, tormentata in tutti i sensi dal demonio. Che antri spaventosi! Odori nauseanti tormentano perfino l’anima! E la perdita di Dio! Non più vedere quella Perfezione che affascina cielo e terra! E perderla per sempre! Solamente la sua Potenza , solamente la sua Giustizia sono presenti anche nell’inferno e mi annientano. E la mia rivolta contro di esse è disperata. Non ho parole che mi soddisfino per poter maledire tutto”. Queste parole sono sufficienti per esporre le sofferenze vicarie della Beata.

Don Marcello Stanzione

 
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