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Atanasio di Alessandria e San Michele PDF Stampa E-mail

Atanasio di Alessandria e San MicheleAtanasio, il cui nome in greco significa “immortalità”, è uno dei più grandi dottori greci della Chiesa. Nato ad Alessandria intorno al 300 da una famiglia cristiana, riceve con la fede una buona formazione letteraria. Conosce bene la cultura ellenistica e copta, la filosofia e la teologia come s’insegnavano nel prestigioso “didascaleion” della città. Vive l’infanzia e l’adolescenza mentre infuria la persecuzione di Diocleziano, e ammira il coraggio dei martiri. In gioventù Atanasio conosce Antonio e stabilisce con lui un’amicizia spirituale profonda. Non sappiamo se ha trascorso un periodo nel deserto, ma certamente assimila i valori del carisma antoniano e cerca di incarnarli nella vita quotidiana, vivendo da asceta. Quando scoppia l’eresia ariana, Atanasio è già diacono a fianco del vescovo Alessandro, che accompagna al Concilio di Nicea nel 325. Un’esperienza indimenticabile, in cui i Padri possono esprimere chiaramente e liberamente quanto lo Spirito ispirava alla Chiesa, proclamando che il ...

...  Figlio è “consustanziale al Padre”, generato non creato dal Padre. Atanasio sostiene l’eternità del Figlio e, più tardi, l’eternità e divinità dello Spirito Santo. Morto Alessandro, Atanasio è acclamato suo successore, essendo riconosciuto come un autentico cristiano, un asceta, un vero vescovo. In qualità di patriarca di Alessandria, è anche patriarca dei monaci d’Egitto.

 Legato da grande amicizia con il monaco Pacomio, quando si porta in visita pastorale nella Tebaide, questi va a nascondersi nel timore che l’amico vescovo a Treviri nelle Gallie. Atanasio ne approfitta per far conoscere all’Occidente l’esperienza dei monaci dell’Egitto. Costretto più volte all’esilio, viene invitato da papa Giulio I a Roma, dove rimane dal 339 al 346.

Atanasio, con la testimonianza e la parola, fa prendere coscienza a tutti del pericolo costituito dall’arianesimo, che svuotava la fede cristiana del suo contenuto, riducendola a una dottrina puramente umana. Scrive varie opere tra cui la famosissima “Vita di Antonio abate”. Ritenuto da tutti i vescovi di fede nicena “anima grande e apostolica”, muore ad Alessandria d’Egitto il 3 maggio del 373. Il suo corpo, conservato e venerato a Venezia, è privo della testa e forse per questo Atanasio è invocato per guarire dall’emicrania.

Atanasio che riteneva San Michele il suo personale protettore  nella omelia ritrovata in dialetto saidico e riportata quasi integralmente dal codice di Hamuli per la festa di san Michele Arcangelo del 12 Athor afferma:

“La traduzione di Michele è : la pace di Dio. Nessuna infatti delle schiere del cielo è pari a lui come grandezza. Insomma, nessuno ha un dono che Dio gli abbia concesso pari al suo.  Volete conoscere la grandezza della gloria di Michele, l’arcangelo, il capo supremo che sta presso Dio? Uditemi, che vi narrerò un episodio della sua gloria meravigliosa, che apparve a me, Atanasio, che vi parlo ora. Accadde a me, Atanasio, al tempo in cui l’imperatore mi perseguitava ed io erravo da un posto all’altro a causa dei maledetti ariani, che andai nel sud dell’Egitto, inseguito da loro. Andai a Panopoli, cioè Shmin, e rimasi lì tre anni nascosto. Andai (da un santo monaco e stetti presso di lui, servendolo in tutto) senza alcuna esitazione affatto, mescendogli l’acqua sempre per il suo lavoro ed obbedendogli in ogni cosa che mi dicesse, senza alcuna esitazione o negligenza. E quando c’era bisogno (di lavorare) perché degli uomini portavano della lana da tingere per loro, lo facevamo con cura e la tingevamo. Oppure, quando compravano qualcosa da noi, secondo maestro, e mi chiamava, e mi ordinava che prendessi cura del luogo dove mangiavano, e quando entravano (…mi) mandava via ( e soltanto servivo loro da mangiare mettendo in tavola e portando alle loro case. Allora mi alzavo, prendevo il mio po’ di cibo, e stavo quieto nella stanza dove dormivo. Non mi mostrai a nessuno per tre anni, servendo quell’artigiano, né a chierico né a laico, salvo solo a Dio, che conosce e capisce il cuore di ciascuno. Dopo che passai tre anni in quel luogo, Dio misericordioso volle che mi mandassero a cercare, ed in tre giorni mi raggiunsero al sud i fratelli che erano stati mandati alla mia ricerca. Io mi alzai secondo la mia abitudine, aprii le  mani e pregai sul tesoro pieno di ogni misericordia, pregandolo con lacrime :

“Signore Iddio onnipotente, abbi pietà per la tua sposa, la Chiesa, scaccia i lupi rovina tori di anime, e risparmia il tuo gregge, Signore mio Dio”.

Mentre ancora stavo dicendo ciò, pregandolo e scongiurandolo, di avere pietà di me, allora colui che disse: “Ancora stai parlando e dirò: ecco, sono qui”. (Is. 58,9), mandò da me il grande arcangelo Michele, affinché mi consolasse nell’esilio. Sollevai i  miei occhi al cielo, e vidi l’arcangelo Michele, col viso molto in alto e con le ali aperte, e ciascuna delle sue (splendevano) come fuoco; ed indossava un mantello di fuoco, ed i suoi piedi erano come oro liquefatto in una fornace, ed aveva un grande bastone luminoso nella mano destra, ed una spada nella mano sinistra, ed il suo viso ed i suoi occhi mandavano lampi di fuoco. Io, dopo che vidi tutto ciò che appariva nell’arcangelo, caddi col viso a terra. Tanto che non mi rimaneva più respiro in petto. Ma il grande arcangelo Michele mi si avvicinò, mi rialzò e mi disse:

“Non temere, io sono Michele, inviato da Dio. Sii benedetto, o custode) della  Chiesa, contro cui le porte dell’inferno, non prevarranno! Salve, contadino che lavora nel campo del Signore, per dare buon frutto! Ecco, è venuto il tempo della piena; è questo il tempo della semina, affinché tu semini il seme buono, cioè le parole sante di Dio, con cui tu ammaestrerai gli uomini. Dio mi mandò a te, affinché ti consolassi in queste tribolazioni ed in questo esilio nel quale ti trovi. Io infatti sono il comandante dell’esercito del Signore.

Io sono colui che si prostra ai piedi del Signore (per chiedere misericordia per gli uomini. Ancora pochi giorni passeranno) finché giungano i fratelli chierici che hanno mandato da te per riportarti alla tua città in pace. Occorre infatti che tu vada dal re della terra e lo fortifichi  nella fede di Cristo, e quindi torni alla tua città in pace, e quindi potrai gli uomini che sollevano tempeste contro la Chiesa. Tu vincerai e sarai forte; io sono con te dovunque tu sarai”.

Dopo che ebbe detto queste cose l’arcangelo Michele, che oggi festeggiamo, sparì alla mia vista e cessai di vederlo. E in capo a tre giorni giunsero i fratelli che mi cercavano, secondo le parole dell’arcangelo santo Michele. Avete visto, o miei cari, quanta sia la misericordia di questo grande intercessore presso Dio. Preghiamolo, affinché egli preghi per noi e ci mandi la sua misericordia. Michele infatti è il messaggero dell’Onnipotente, che intercede per noi presso Dio”.

Don Marcello Stanzione

 
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