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VARIE INTERPRETAZIONI SUL NUMERO 666
E’ NELLE LIBRERIE CATTOLICHE PREGHIERE A SAN MICHELE PDF Drucken E-Mail
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E’ NELLE LIBRERIE CATTOLICHE PREGHIERE A SAN MICHELECon l’avvicinarsi del 29 settembre, memoria liturgica di san Michele Arcangelo, le edizioni Segno di Tavagnacco - Udine hanno diffuso in tutte le librerie cattoliche il testo composto da don Marcello Stanzione intitolato “ Preghiere a san Michele Arcangelo”, euro 15,00.

La venerazione e il culto dell’Angelo sono entrati nel Cristianesimo provenendo dal Giudaismo. Già Paolo trova ragione per ammonire i Colossesi sul culto dell’Angelo (Col. 2,18). Il Kerigma Petri  (Predicazione missionaria di Pietro) ugualmente: “Non adorate questo Dio come fanno i Greci. E neppure adoratelo alla maniera degli Ebrei… costoro servono angeli ed arcangeli…”.

Ma una testimonianza rispetto agli Angeli ci viene anche da fonti cristiane. L’Apocalisse impetra per le sette Comunità grazie e pace da Dio, dai sette Spiriti che stanno dinanzi al suo trono, cioè i sette Arcangeli e da Gesù Cristo (Ap. 1,4). Con l’eguale triade di esseri divini solo con trasposizione del secondo e terzo membro, Paolo in I Timoteo (5, 21) supplica Timoteo di osservare i suoi comandamenti: “Ti scongiuro davanti a Dio a Gesù Cristo e agli Angeli eletti…”. ...

... Come grave peccato è considerato nella lettera di SA Giuda e nella II di Pietro il disprezzo delle glorie (dòxai) degli Angeli, ai quali appartiene anche Michele. Giuda 8,10: “In egual modo, anche costoro, allucinati dai loro deliri…ingiuriano le glorie angeliche. Or, persino l’arcangelo Michele quando  contendeva col diavolo e gli disputava il corpo di Mosè, non ardì pronunziare contro Satana un giudizio ingiurioso, ma disse: “Ti punisca il Signore!”. Costoro, invece, oltraggiano tutto ciò che ignorano…”. I Pietro (2, 10-.11): “Audaci e arroganti non temono di insultate le glorie dei cieli, mentre gli stessi angeli ribelli… non osavano portare le glorie contro di esse un giudizio ingiurioso davanti al Signore”.

Che i cristiani venerino l’Angelo, lo dicono gli apologeti Giustino e Atenagora espressamente nei punti in cui si prefiggono di respingere come ingiustificato il rimprovero, mosso dai pagani, della  atheotes: “Noi cristiani non siamo atei. E’ chiaro che noi non adoriamo gli dei pagani, bensì il vero Dio… noi veneriamo e adoriamo (sebòmetha haì proskynoumen). Lui, il Figlio è venuto …e l’esercito degli altri, buoni Angeli che li seguono ed a Lui simili, e lo Spirito profetico” (Giustino, Apologia I in PG 61).

Atenagora introduce gli Angeli solo al quarto posto, dopo aver nominato il Dio uno, il Figlio e lo Spirito profetico: “i cristiani hanno ancora più di questi tre, che possono essere chiamati Dio, e cioè la quantità degli Angeli e Spiriti serventi, per mezzo dei quali il Creatore fa amministrare il mondo” (Atenagora Supplicatio pro Chr. 10).

Tuttavia  questa venerazione degli Angeli si è mantenuta dapprima in modesti limiti. Ireneo, almeno dice che la Chiesa non invoca alcun Angelo; soprattutto , non per qualsiasi scopo di Magia (Adv. Haer.). Per contro ai suoi avversari Ireneo rimprovera che essi pregano gli angeli. Anche Tertulliano rimprovera agli gnostici  (De praescriptione hereticorum, 33) il servizio degli angeli. Di qual genere fosse questo servizio degli angeli diventa chiaro in Epifanio (Haer. 21, 4 e Cost. Apost. 6,16): Nei loro numerosi libri apocrifi, sotto il nome di Mosè, Enoc, Adamo, Isaia … hanno espresso l’idea di diversi cieli che sono sottoposti alle potenze degli angeli e si occupano particolarmente dei nomi barbari di questi angeli (in verità sono demoni, dicono le Cost. Apost.) e dei sacrifici che debbono essere indirizzati ad essi, e solo per il loro tramite, al Padre di tutto, per raggiungere la beatitudine.

Si tratta evidentemente delle misteriose formule che l’anima, nella sua ascesa attraverso i cieli, deve indirizzare alle potenze degli angeli che impediscono il passaggio, il cui nome è reso noto dalla gnosi. Di questa rappresentazione e di queste formule veniamo a conoscere nel mondo più esauriente in ciò che Origene (contro Celso 6,30-31)  riporta sugli Ofiti (legati al culto del serpente, simbolo della sapienza primordiale). Anche Origene non vuole che si renda agli angeli l’onore che si rende solo a Dio: tuttavia una sorta di preghiera, una particolare esaltazione; spetta loro quindi una sorta di preghiera, una particolare esaltazione (c. Celso 8,57); in un altro punto (8, 13) egli sembra voler andare alquanto oltre: se si dà il suo vero significato al termine therapeyein (lat. Colerere), si può certo concedere venerazione ai veri servi di Dio, gli angeli come (c. Celso 6,30). “Gabriel, Michael et alii angeli et arcangeli”.

Invero, anche a lui è assai familiare il pensiero che gli angeli portino dinanzi a Dio le preghiere degli uomini, che essi pregano per preghiere (c. Celso 8, 36); a Michele particolarmente Origene assegna più volte il compito di offrire a Dio le preghiere degli uomini (De princip . 1. 8,1).

La stessa specie di venerazione subdivina concedono agli angeli i successivi Padri della Chiesa. Per esempio, Eusebio, parla di una dovuta venerazione che giudei e cristiani rendono agli angeli (Praeparatio Evangelica VII 15,18 in PG 19-24). Teodoreto non vuole che l’adorazione venga divisa tra Dio e gli angeli. Egli eiferisce ripetute volte (in Col. 2,18 e 3, 17) della decisione del sinodo di Laodicea can. XXXV; “Quod non oportet Chrhsitanos, relicta Dei Ecclesia, abire; et angelos nominare , vel congregationes facere, quae sunt prohibita. Si quis ergo inventus fuerit huic facere, quae sunt prohibita. Si quis ergo inventus fuerit huic occultae idolatria evocare, sit anathema, quia reliquit  Cristum Filium Dei et accessiti ad idolatriam”.

Ai teologi successivi questa disputa crea difficoltà, perché, mentre i capi della teologia occasionalmente valutavano quanto potesse rendersi di venerazione agli angeli senza nocumento della maestà di Dio, nella cristianità sussistette in molti luoghi un ricco culto di queste potenze.

Nel IV secolo uno di tali posti viene attestato in Egitto dall’alessandrino Didimo ( De Trinit. Lib. II). Dietro le chiese delle città, ma anche in alcune strade, case e campi, venivano costruiti luoghi di preghiera adornati d’argento e d’avorio, dedicati agli arcangeli Michele e Gabriele. Non era solo l’intercessione degli angeli che si cercava in questi luoghi sacri, bensì, e prima di tutto, la guarigione dai più diversi mali corporali, così come i loro antenati avevano fatto nei santuari degli dei:” nec eos piget lingu,m quoque, si opuid sit, pelagus trajicere, ac multo rum deinceps dierum iter”.

Il concilio di Laodicea tentò di opporsi a queste riunioni festose (synàxiis). Ma ciò malgrado già nella prima metà del V secolo sentiamo parlare di eucteria  del santo Michele in Frigia e Psidia. Con i secoli, sempre più il culto dell’arcangelo Michele entrò nella devozione generale dei cristiani.

A luglio di quest’anno 2013 il papa Francesco ha benedetto una statua di san Michele nei giardini vaticani ed ha consacrato la Città del Vaticano a san Michele in quanto patrono universale della Chiesa Cattolica.

Carlo Di Pietro (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

 
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