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LA BEATA ANIELA SALAWA E GLI ANGELI PDF Imprimir E-Mail
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LA BEATA ANIELA SALAWA E GLI ANGELILa polacca Aniela (ossia Angela) Salawa è un’umile donna di servizio che, nei mesi precedenti la sua morte, il 12 marzo 1922, riceve dal suo angelo custode le ultime consolazioni. Era nata il 9 settembre 1881 a Siepraw presso Cracovia in Polonia, penultima dei dodici figli di Bartolomeo ed Ewa Bochenek; al battesimo le fu dato il nome di Angelo (Aniela). Fu educata dalla famiglia secondo i sani principi della fede cristiana. A quindici anni andò a servizio presso una famiglia del suo paese dove pascolava le vacche, faceva la contadina curava bambini. Rientrata in famiglia non accettò, nonostante le insistenze del padre, varie proposte di matrimonio. A Cracovia andò a servizio presso la famiglia Klok ma poiché il padrone di casa la insidiava, lasciò l’occupazione. dopo varie esperienze lavorative, ritornò di nuovo a Cracovia, dove assistette, il 25 gennaio 1899, alla morte della sorella maggiore Teresa. Aniela soffrì molto per quella perdita e ne rimase molto scossa. ...

... Dentro di sé incominciava così a maturare l’idea di donarsi al Signore seguendo la  via della consacrazione a Dio mediante il voto di castità perpetua. Esercitava il suo apostolato fra le domestiche di Cracovia che riuniva per la catechesi e la preghiera. Nel 1900 s’iscrisse all’associazione di santa Zita che animava l’assistenza spirituale delle domestiche e in tal modo organizzò sempre meglio i suoi interventi. Nel 1911 fu colpita da una gravissima infermità. Al dolore fisico si aggiunse quello dovuto alla perdita della sua mamma e della giovane signora alla quale prestava la sua opera con affetto e dedizione. Fu un periodo di profonda sofferenza a tutti i livelli durante il quale il Signore le fece dono di esperienze mistiche come quando, nel 1912, ebbe la visione dell’incontro con Cristo. Essa aderì al Terz’Ordine francescano prendendone l’abito ed emettendo regolare professione. Durante la prima guerra mondiale si prodigò nel soccorso dei feriti e dei malati in ospedale. Per aver rimproverato l’amante del suo padrone fu licenziata e seguirono alcuni anni senza lavoro stabile e con malattie sempre più incalzanti. Nel 1918, molto debilitata nel corpo, si ritirò in una piccola soffitta e lì trascorse gli ultimi cinque anni della sua vita in unione con Dio che la gratificava di frequenti visioni mistiche. Morì il 12 marzo 1922 in estrema povertà e dopo aver ricevuto i sacramenti. Ella fin dall’adolescenza lavorava tantissimo, condividendo, con i poveri tutto ciò che guadagnava. La profonda pietà, le insolite manifestazioni spirituali che l’hanno accompagnata, in più di un’occasione le hanno procurato l’accusa di simulazione, e le sue estasi sono state qualificate come frutto d’isteria. Eppure, tutti quelli che l’hanno conosciuta lodano senza riserva la sua rettitudine, la sua discrezione e la sua inesauribile bontà. A causa della guerra, e anche della sua salute instabile, perde il suo impiego e riesce a sopravvivere grazie a lavoretti e alla generosità di alcuni amici che le rimangono. Ora che dispone di un po’ di tempo in più, che molti dei suoi vicini l’hanno abbandonata, amerebbe darsi ancor di più, se possibile, all’adorazione eucaristica e alla contemplazione della Passione di Gesù. Le cinque o sei ore di preghiera continua che poteva dare a Dio la domenica e i giorni di congedo le sembrano poca cosa. brucia di offrirsi maggiormente al Signore, ma non sempre è facile a causa della tubercolosi che la mina, costringendola a letto giornate intere. La sera del 15 giugno 1921, ha alcuni minuti a disposizione, prima che la chiesa di San Nicola chiuda. La notte cala su Cracovia. Come giunge in chiesa, la sacrestana si appesta a chiuderne la porta: “Ho visto Aniela, che da mezz’ora già si trascinava lungo la via Radziwill. Mi sono sentita contrariata vedendo ch’ella veniva in chiesa precisamente nell’istante in cui stavo per chiuderla. La fissai duramente, per farle comprendere che mi apprestavo a chiudere la chiesa. Ma essa non parve rendersene conto”. Come Aniela entra nel santuario, la sacrestana le chiede di non attardarsi. la povera malata va in silenzio a inginocchiarsi in un posto discreto, nella cappella di sant’Anna. Quanto alla sacrestana, si pone alla porta d’entrata, pregando Dio che la preghiera non si prolunghi troppo. Finalmente, impaziente, va a chiudere la porta della sacrestia, agitando bene le chiavi, poi va verso il posto dove si trova Aniela: più nessuno. Corre alla porta d’entrata della chiesa. nessuno sul sagrato, né nella lunga via Radziwill: “Ho fatto almeno venti volte il giro della chiesa. Mi sembrava ben certa che ella non è più in chiesa, la sacrestana chiude la porta e rientra a casa sua: “L’indomani mattina, io aprii la chiesa ed osservai se vi si trovava qualcuno. Non vi era nessuno. C’impiegai cinque minuti a farne il giro e ad aprire la porta della sacrestia. Ritornata nel santuario, vidi Aniela inginocchiata davanti al Santissimo Sacramento vicino alla statua di san Giuseppe. Era tutta radiosa e sembrava priva di sensi. Mi chiedevo allora da dove era entrata, perché, aprendo la porta della chiesa, non l’avevo vista né nella via né nei dintorni del santuario. E pensate che, ogni volta che la vedevo, camminava lentamente, trascinandosi appoggiandosi ai muro”. Aniela ha riportato lei stessa nel suo Diario – scritto per obbedienza al suo direttore spirituale – quello che è accaduto quella notte: per permetterle di restare così per molto tempo, come si augurava, davanti al santissimo sacramento, verso il quale la esortava frequentemente a volgersi, e che la incoraggiava a visitare frequentemente, il suo angelo custode l’aveva resa invisibile, molto semplicemente! Aniela Salawa è stata beatificata nel 1991 da papa Giovanni Paolo II a Cracovia durante il suo viaggio apostolico in Polonia.

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

 
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