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La santissima Vergine Maria. Figlia, sorella e regina degli angeli
GLI ANGELI E IL SONNO Di don Marcello Stanzione PDF Stampa E-mail
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domenica 14 agosto 2022

Sant'Agostino gli Angeli e il sonnoIl sonno - spiegava Sant'Agostino ai suoi fedeli - conviene ai mortali ma in nessun modo agli angeli. Questi non dormono mai; non hanno nessuna necessità di recuperare le loro forze con il sonno, ma tutta la loro vita è veglia su veglia sulla vita. E il santo conclude con questa pratica conseguenza: “Per questo, colui che con assiduità si mantiene casto e innocente nelle astinenze, sperimenta la vita degli angeli”. Essendo il sonno l'immagine della morte, risulta inconcepibile che qualcuno desideri vivere per sempre e non provare a vegliare. ...

 
Questo tale, stando a quanto si dice, non vorrebbe morire, nemmeno vuole abbreviare l'immagine della morte, che è il sonno. Ma i cristiani che non vogliono mostrarsi irriflessivi, per il fatto che desiderano vivere eternamente, devono esercitarsi spesso in sante e salutari veglie. Non è solo Sant'Agostino che discorre in questo modo. Sono simili gli argomenti invocati da San Cipriano nel raccomandare la pratica cristiana di vegliare nella preghiera: “Rinnovati e rigenerati spiritualmente dalla misericordia di Dio, nel regno avremo solo giorno senza intervento della notte, veglieremo di notte come se avessimo la luce”. Esercitarsi per la vita futura, imitare il modello degli angeli; Paradiso e vita angelica: i due temi si mescolano di continuo, e in ultima analisi stanno a significare la stessa cosa. Imitare quello che saremo in Paradiso, dice San Cipriano; esercitarsi nella vita degli angeli - che sarà la nostra vita in Paradiso - dice Sant'Agostino. Identico al vocabolario del vescovo di Ippona è quello usato da San Gerolamo: Daniele (4, 10) chiama l'angelo ‘colui che veglia’, ‘ vigilante’; questo nome si addice agli spiriti celesti “visto che vegliano sempre e sono sempre pronti a ricevere gli ordini di Dio”; perciò anche noi, vegliando con frequenza, imitiamo il lavoro degli angeli”.

Il sonno, come la morte, le infermità, le attività sessuali, ecc. è una manifestazione della vita animale. Le veglie, al contrario, significano che l'anima ci ha guadagnato, sottraendosi a questa vita terrena. Il vegliare molto spesso è proprio di quelli che desiderano anticipare in qualche modo la vita ventura. Questo spiega perché i religiosi, “occupandosi già da adesso della professione degli angeli”, “non dormono eccessivamente” e nemmeno mangiano eccessivamente, bensì digiunano e vegliano frequentemente. I grandi monaci, i maestri della spiritualità monacale, soprattutto quelli dei tempi antichi, hanno richiamato l'attenzione su questo elemento dell'ascetismo che sono le veglie con notevole insistenza. Ascoltiamo per esempio il linguaggio austero del siriano S. Efrem: “Crocifiggi il tuo corpo durante tutta la notte. […] Se non soccombi al sonno, passa e collocati tra i martiri. Non lasciarti vincere dal sonno durante la notte; non gettare la tua vittoria; fatti martire delle veglie, e che questo martirio avvenga fra te e Dio. […] I martiri furono testimoni del giorno, gli asceti della notte […] La spada fece diventare illustri i martiri; il lavoro divino gli asceti. I martiri soffrirono la fame; gli asceti l'afflizione”. E’ possibile attribuire più importanza ad una qualunque pratica della vita ascetica? Tutta la tradizione dei padri concorda su questo punto. L’abate Arsenio diceva che un'ora di sonno era sufficiente al monaco che si vantava di essere atleta; lo stesso Sant'Arsenio, stando a quel che si racconta, passava la notte a vegliare e “solo verso l'alba, arrendendosi alla natura, diceva al sonno: ‘vieni, servo cattivo’ e, seduto, dormiva un poco”. Secoli più tardi Alcuino, gran consigliere dei monaci, insisteva in queste idee: “Tutta la vita angelica in cielo consiste nel vegliare e lodare il Re eterno; per questo, colui che veglia di più nel lodare Dio fra gli uomini, conduce una vita più simile a quella degli angeli”. I monaci, come gli spiriti puri, meritano il nome di vigilanti. A chi insisteva perché si stendesse un momento sulla misera stuoia, il santo abate Doroteo rispose: “Se persuadete gli angeli a dormire, persuaderete anche l'uomo coscienzioso.” Uno dei maggiori elogi che S. Efrem tributa ad uno degli eroi dell’ascetismo è il seguente: “La veglia angelica restava attaccata ai suoi occhi e al suo spirito”.

 

 
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