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La bottega delle spezie di santa Ildegarda
LEONE XIV: UN PAPA CHE AMA I SANTI MONICA E AGOSTINO Di Cosimo Cicalese PDF Print E-mail
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lunedì, 16 giugno 2025
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LEONE XIV: UN PAPA CHE AMA I SANTI MONICA E AGOSTINO“Sono un figlio di Sant’Agostino, agostiniano” ha affermato papa Leone XIV nel discorso pronunciato la sera dell’8 maggio scorso, dalla loggia della basilica vaticana, in occasione della sua prima benedizione Urbi et Orbi, a coronamento dell’elezione a 267° successore di Pietro. Proprio partendo da questa dichiarazione del papa di essere “figlio di sant’Agostino” l’editrice Gribaudi di Milano ha stampato il libro “Santa Monica e sant’Agostino: i santi preferiti di papa Leone XIV” scritto da don Marcello Stanzione. Anche nell’omelia di intronizzazione di domenica 18 maggio il nuovo pontefice citò più volte alcuni pensieri di sant’Agostino.  ...

 

Il ventiduenne Robert Francis Prevost era entrato il 1° settembre 1977 nel noviziato degli Agostiniani della loro Provincia religiosa degli Stati Uniti medio-occidentali e, emessa la professione solenne il 29 agosto 1981, due decenni più tardi sarebbe stato eletto priore generale dell’Ordine, restandone alla guida per ben due sessenni, dal 2001 al 2013. L’Ordine degli Agostiniani, oggi diffuso nei cinque continenti con circa tremila religiosi, affonda le proprie radici nell’effervescente religiosità medievale delle regioni dell’Italia centrale e scaturisce da tre polle che ne irrorano una spiritualità tradizionalmente attenta all’attualità della Chiesa, delle differenti culture e delle mutevoli realtà sociali di ogni tempo. Questi tre elementi costituiscono il nucleo profondo e il segreto della longevità di una famiglia religiosa che dal XIII secolo è incamminata, nel terzo millennio dell’era cristiana, verso gli ottocento anni di esistenza: il carisma contemplativo e missionario del grande pensatore e pastore di popolo Agostino d’Ippona (354-430), l’esperienza religiosa eremitico-missionaria di ispirazione agostiniana capillarmente diffusa tra Toscana, Umbria, Marche e Lazio tra il XII e il XIII secolo, un genetico e reciproco legame di fidelitas con la Sede apostolica. Nel suo Catalogus ufficiale, l’Ordine ravvisa la propria istituzione da parte della Sede apostolica tra il dicembre 1243 e il marzo 1244: Innocenzo IV (1195-1254) nel 1243 nomina l’influente cardinale Riccardo degli Annibaldi protettore delle congregazioni eremitiche della Toscana e sancisce nel 1244 la cosiddetta parva unio – piccola unione –, ovvero la federazione degli eremiti agostiniani della Tuscia. Sarà, poi, Alessandro IV (1199-1261) a confermarne definitivamente l’esistenza regolare il 9 aprile 1256, approvando la magna unio, la grande unione di ben cinque congregazioni eremitiche – Eremiti della Tuscia, Guglielmiti, Giamboniti, Eremiti di Monte Favale, Eremiti di Brettino – che avrebbero da quel momento tutte seguito la regola composta da Agostino tra i decenni finali del IV e il primo ventennio del V secolo. Così nacque l’Ordine dei Frati eremiti di sant’Agostino, universalmente noti come Agostiniani, che salutano in Leone XIV il primo pontefice romano proveniente dalla loro famiglia religiosa. A livello istituzionale, la vicinanza dell’Ordine ai successori di Pietro avrebbe condotto anche all’assunzione da parte dei frati agostiniani, a partire dagli anni Cinquanta del Trecento, di un delicato compito nell’ambito curiale romano, quello di Sacrista del Palazzo apostolico, ecclesiastico che aveva l’incarico di conservare i vasi sacri, gli arredi e le reliquie custodite nel Sacrario apostolico, cui venne conferita la dignità episcopale dal pontificato di Clemente VIII (1592-1605) e dal 1968 al 1991 anche la funzione di Vicario generale del Sommo Pontefice per la Città del Vaticano. Radicati in una esigente comunione di fede e di idealità secondo il dettato della regola agostiniana – cor unum et anima una in Deum –, i frati agostiniani modulano la loro ascesi personale e articolano il loro poliedrico impegno pastorale ricercando l’equilibrio sapienziale tra contemplazione e azione suggerito da Agostino anche nel De Civitate Dei: “Otium sanctum quaerit charitas veritatis, negotium iustum, scilicet vitae activae, suscipit necessitas charitatis (la carità della verità richiede un santo riposo-disimpegno, il dovere della carità assume su di sé un giusto impegno” (lib. 19, cap. 19). L’eredità di Agostino ha conosciuto, grazie ai ‘suoi’ frati eremiti di matrice originariamente laicale, una notevole rinascenza medievale, decisiva anche per la conoscenza scientifica dell’opera filosofico-teologica dell’Ipponense nei secoli successivi, con l’approdo alla fondazione, per il decisivo impulso del grande cultore di scienze patristiche P. Agostino Trapè O.S.A. (1915-1987), dell’Istituto Patristico Augustinianum di Roma nel 1969, e alla cui inaugurazione, il 4 maggio 1970, desiderò intervenire personalmente papa Paolo VI. Ma già dal Trecento, gli Eremitani Agostino da Ancona (?-1328) e Bartolomeo da Urbino (?-1350) si distinsero il primo per il coraggioso avvio e il secondo per il completamento del pionieristico Milleloquium veritatis Augustini, offerto a Clemente VI fra il 1343 e il 1344: una monumentale concordanza di circa quindicimila estratti dagli scritti di Agostino, raggruppati sotto circa mille parole chiave ordinate alfabeticamente (ad es. abstinentia, ecclesia, fides, haeresis, iustitia, lex, praedestinatio, ecc.) e che illustrano le dottrine di Agostino su ogni singola tematica. Dall’osmosi agostiniana, elaborata dai frati dal punto di vista sia spirituale che dell’affinamento filologico-letterario, tra un’interiorità solida, coltivata alla luce del Vangelo e custodita quale forma primaria ed essenziale di ascesi, e lo slancio generoso in una missionarietà a tutto campo – il 22 maggio 1533 i primi sette missionari agostiniani sarebbero sbarcati a Veracruz in Messico e tra Cinque e Seicento l’Ordine avrebbe fondato case anche in Perù, Colombia e Cile –, a partire dal Medioevo la famiglia agostiniana ha annoverato santi e sante cari ai fedeli di tutto il mondo e caratterizzati dal felice connubio tra la solitudine di un eremo interiore e la prossimità verso gli ultimi e i sofferenti: Nicola da Tolentino (1245-1305) – primo santo dell’Ordine, canonizzato da Eugenio IV nel 1446 –, Rita da Cascia (1381-1447) – la santa degli impossibili e avvocata nei casi disperati –, Tommaso da Villanova (1486-1555), Alonso de Orozco (1500-1591), fino al beato Stefano Bellesini (1774-1840), il primo parroco elevato agli onori degli altari nel 1904 da S. Pio X. Questa è la famiglia agostiniana e questi sono i compagni di viaggio di p. Robert Francis Prevost O.S.A.-Papa Leone XIV. Rimanda a Maria e Sant'Agostino lo stemma di Leone XIV, che riprende gli elementi e il motto già scelti dal vescovo Robert Francis Prevost al momento della nomina episcopale, nel 2014, ma ora "aggiornati" al ministero assunto l'8 maggio scorso al momento dell'elezione al soglio di Pietro. Essendo uno stemma papale presenta infatti: «una mitra d’argento, ornata di tre fasce d’oro unite da un palo dello stesso, con le infule svolazzanti, foderate di rosso, crocettate e frangettate d’oro, e accollato alle chiavi petrine decussate e addossate, quella in banda d’oro e quella in sbarra d’argento, legate da un cordone di rosso», spiega don Antonio Pompili, vicepresidente dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano. 
Lo scudo «innalza in una campitura d’azzurro, colore che richiama le altezze dei cieli e si caratterizza per la sua valenza mariana, un classico simbolo in riferimento alla Beata Vergine Maria, il giglio (flos florum)», mentre nella campitura bianca c'è il cuore trafitto dalla freccia, emblema dell'Ordine Agostiniano, ispirato a un passo delle Confessioni: «Sagittaveras tu cor meum charitate tua», («Hai ferito il mio cuore con il tuo amore»). Agostiniano è anche il motto episcopale di Leone XIV: «In Illo uno unum» («Nell’unico Cristo siamo uno»).
C'è un vero e proprio programma di santità episcopale celato nella croce pettorale indossata dal Papa il giorno in cui è stato eletto, l'8 maggio. I frammenti delle ossa che vi sono custoditi appartengono a testimoni di santità legati all’Ordine agostiniano che incarnano fedeltà, riforma, servizio e martirio

Al centro della croce pettorale una reliquia di Sant'Agostino, il grande padre della Chiesa, che insegna a percorrere la via dell’interiorità per trovare Dio e a comprendere la sua Parola con fede e ragione per poi condividerla con gli altri. C'è un prezioso e profondo messaggio da cogliere nella croce pettorale indossata da Leone XIV l'8 maggio, giorno della sua elezione, quando si è presentato al mondo affacciandosi dalla Loggia Centrale della Basilica di San Pietro. Al suo interno si trovano oltre a un frammento delle ossa del vescovo di Ippona, padre spirituale dell’Ordine di Sant'Agostino, che con la sua Regola e i suoi scritti ha ispirato frati, monache, suore e laici ad abbracciare il Vangelo come costruttori di comunione e promotori del bene comune, altre quattro reliquie: di Santa Monica, sulla parte alta, di San Tommaso da Villanova, sul braccio sinistro, del beato Anselmo Polanco, sul braccio destro, e del venerabile Giuseppe Bartolomeo Menochio alla base. Queste reliquie dei santi agostiniani le ha scelte il postulatore generale dell'ordine agostiniano padre Josef Sciberras per il dono che la Curia generalizia ha voluto fare al confratello Robert Prevost il giorno in cui è stato creato cardinale, il 30 settembre 2023, ed evocano figure di santità legate alla famiglia agostiniana che incarnano fedeltà, riforma, servizio e martirio. Il religioso, che ai media vaticani non nasconde la gioia per l'elezione del nuovo Pontefice, racconta che l'allora cardinale Prevost "era emozionato" quando gli è stata consegnata la croce pettorale, durante la festa preparatagli nel refettorio del Collegio internazionale Santa Monica, consapevole che avrebbe avuto al petto le reliquie di Sant'Agostino e della madre Monica. Per le notizie sulla vita di santa Monica e per la ricostruzione della sua personalità possiamo dirci veramente fortunati, perché ci vengono tutte di prima mano dalle Confessioni e dai Dialoghi, scritti a Cassiciaco (che corrisponde oggi, con molta probabilità, a Cassago Brianza) dal figlio Agostino. I ricordi di Sant’Agostino sulla madre Monica hanno il merito di essere certamente veritieri. Hanno il pregio del ricordo sincero, affettuoso e riconoscente di sua madre. Agostino, nell’opera La vita beata, scrive che a lei deve tutto ciò che stava vivendo, cioè l’intelligenza, la memoria, la volontà, la cultura, la conversione, tutto ciò insomma, che possedeva in abbondanza. Riflettiamo al solo fatto che tutte le generazioni che si sono succedute da quando è nato fino ad oggi, si sono nutrite del suo vasto e profondo pensiero. Gli studiosi del nostro tempo lo ritengono il pensatore che ha influito sulla cultura contemporanea. Tutto, proprio tutto Agostino deve a sua madre Monica. Le opere di Agostino poi hanno anche il pregio di essere state scritte con uno stile inimitabile, limpido e appassionato, che viene fuori dalla profondità inesauribile del suo cuore. Ma ritorniamo alla croce pettorale di papa Leone XIV.

 "Il giorno prima del Conclave, martedì scorso, gli ho fatto pervenire un messaggio raccomandandogli di portare la croce che gli avevamo regalato, per avere la protezione dei santi Agostino e Monica - confida l’agostiniano padre Sciberras -. Non sono certo che la portasse per il mio suggerimento, ma quando ho visto che l'ha indossata per il giuramento e che l'ha tenuta per affacciarsi dalla basilica vaticana, preferendola ad altre che poteva scegliere ero molto contento". Quel frammento delle ossa del vescovo di Ippona nella croce pettorale di Leone XIV vuole ricordare anche l'ordine di Sant’Agostino, che, fondato dalla Sede Apostolica nel 1244, ha progressivamente assimilato il suo ideale di vita, producendo frutti di santità nei secoli attraverso la vita comune, una intensa attività apostolica, dello studio, e di una profonda spiritualità, spiega il postulatore dell'ordine agostiniano. La reliquia di Santa Monica, è segno, anche, del legame di Agostino con la madre, donna forte e tenace che con le sue lacrime e la sua instancabile preghiera ha ottenuto la conversione del figlio. Nelle Confessioni, il santo vescovo ne esalta le virtù come doni di Dio. Era particolarmente devoto Papa Francesco, che spesso ha visitato la tomba nella basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio a Roma, sia quando era cardinale che da Papa. Per l’ordine agostiniano, la figura di Monica è inscindibile dall’esperienza di conversione e consacrazione del figlio, fondamento della spiritualità agostiniana.

Le reliquie dei santi Agostino, Monica, Tommaso da Villanova, del beato Polanco e del venerabile Menochio erano conservate nella lipsanoteca della postulazione generale agostiniana, e padre Sciberras le ha affidate al reliquiarista Antonino Cottone per farle collocare nella croce pettorale poi donata al confratello ora Papa. Cottone ha realizzato una croce adornata a sua volta con una doppia croce in stoffa moiret, decorazione a Paperoles, ponendovi le reliquie. "Non è una semplice decorazione - specifica - ma una professione visibile di fede e un vero e proprio orientamento pastorale. Le reliquie che vi sono all'interno evocano figure di santità legate all’Ordine Agostinano che incarnano fedeltà, riforma, servizio e martirio: tutti elementi che illuminano e sorreggono il ministero del nuovo Pontefice".

Interno della croce pettorale di Leone XIV

 
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