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IL NATALE VISTO DAL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI

Carlo Maria Martini (15 febbraio 1927 – 31agosto 2012), gesuita e biblista, è stato arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002. unanimemente considerato voce tra le più ascoltate e seguite da cattolici e laici, nel 2002, dimessosi da ogni incarico, decide di ritirarsi a Gerusalemme per riprendere gli amati studi biblici, ma anche dall’antica capitale delle religioni ha fatto sentire con forza la sua voce. Ritornato in Italia per ragioni di salute, anche nella malattia non rinunciò mai a scuotere le coscienze con lucidità e intelligenza. Alla sua morte oltre 150 mila persone gli hanno reso omaggio in due giorni alla camera ardente allestita nel Duomo di Milano. Molto abbondante è la sua omiletica natalizia, qui di seguito riporto un brano di una sua predica di Natale che tenne nel Duomo di Milano: “ La pagina del Vangelo secondo Luca che viene letta nelle chiese della diocesi di Milano il giorno di Natale è una contemplazione del presepe, è la descrizione della nascita di Gesù. Questa descrizione lascia però sorpresi. ...

... In essa, infatti, Gesù non appare mai in prima persona: non lo si descrive come si farebbe abitualmente di un bambino dicendo che è bello, che è amabile, che è grazioso oppure che piange, che è nato povero; non si fa alcun elogio di lui. Eppure è l’eroe del racconto, è colui di cui tutto il Vangelo parlerà a partire da questa pagina. Qualunque altro autore avrebbe parlato del suo eroe presentandolo fin dall’inizio in tutti i suoi aspetti, facendolo immaginare ai lettori. Invece, questo brano evangelico parla di altri personaggi: nella prima parte si vengono a sapere notizie nuove su Giuseppe, su Maria, sul loro viaggio; la seconda parte narra dei pastori, del loro stare nottetempo a guardia del gregge, di ciò che avviene loro. All’interno di queste due scene, da una parte Giuseppe e Maria e dall’altra i pastori, è contenuto, per così dire, Gesù. Gesù fatto bambino è in mezzo a tutto ciò che si muove intorno a Lui, silenzioso di tutta questa realtà. Nei giorni che precedono il Natale noi costruiamo presepi; i bambini li costruiscono con amore, con pochi o molti personaggi, in maniera modesta o più solenne; artistica; quando contempliamo il presepe possiamo notare che è composto da diversi personaggi, ma tutti o si dirigono verso Gesù, o sono relativi a Lui, o partono da Lui, o sono da Lui giudicati e da Lui prendono senso. Gesù è dunque al centro della sacra rappresentazione, silenzioso, non descritto, non lodato o ammirato, ma capace di dare significato a tutto ciò che intorno a Lui si manifesta. E’ Egli stesso il significato di tutto ciò che avviene: Giuseppe va a Betlemme dove Gesù verrà alla luce; Maria compie la sua opera mirabile che dà alla luce Gesù, lo avvolge nelle fasce, lo depone nella mangiatoia. Tutti i gesti di Maria sono rivolti a Gesù. I pastori vengono illuminati nella notte, camminano, si dirigono verso Gesù, fasciano Gesù con la loro tenerezza. Gesù tace, non può ancora dire parole, non cammina, non si muove e, tuttavia, tutti si ,muovono e parlano intorno a lui. Avviene, già fin dalla nascita, quello che avverrà nella scena della resurrezione per come è descritta dall’evangelista Giovanni al capitolo XX versetto 19 quando dice: “Venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a Voi!”. Così, fin dal momento della Sua nascita, Gesù viene, si pone in mezzo ai nostri avvenimenti, alla nostra vita, a tutti i movimenti delle persone, quelle che sanno di muoversi da Lui, per Lui e attorno a Lui, ma anche in mezzo a coloro che non lo sanno; Gesù dice a tutti: “Pace a voi!”. Il presepe che noi facciamo e che è un’immagine del nostro mondo (se ne vedono tanti di presepi costruiti come simbolo della nostra realtà presente) porta il riflesso delle guerre, della fame, delle sofferenze,m della solitudine, del lavoro umano., ma tutto questo è fatto per mettervi al centro Gesù, perché il Figlio di Dio non può essere collocato da parte, lontano da noi, ma sta dentro ogni piega della nostra esistenza. Ora, questo piccolo bambino che potrebbe sembrare qualcosa di marginale nel flusso dei grandi eventi del mondo è invece segno inconfondibile che con Lui, in Lui, tutto ciò che nel mondo è piccolo,m povero, debole, respinto è al centro. Il Vangelo mette al centro di tutto ciò che è piccolo, solitario, povero, debole, respinto, emarginato. Anche noi cristiani dobbiamo cercare di fare proprio questo: mettere al centro dell’attenzione della nostra Chiesa tutto ciò che siamo tentati di dimenticare perché troppo piccolo, troppo emarginato, troppo fragile per avere una voce, troppo oscuro per destare l’interesse. Proprio tutto questo, invece, con Gesù, in Gesù bambino, è al centro. Gesù fin dall’inizio attira a Sé, alla Sua semplicità, umiltà e povertà tutto il mondo, con una attrazione che si concluderà con la Croce, sulla Croce, dalla quale Egli attira tutto a Sé; una attrazione che si perpetua nell’umiltà dell’Eucarestia che noi celebriamo, dalla quale Gesù attira a Sé ancora oggi tutto il mondo. Noi siamo dunque come personaggi di questo presepe ideale che abbraccia l’universo, al cui centro sta Gesù. Noi siamo un po’ come i personaggi del presepe, siamo coloro che sono comparsi attorno al Signore per fare onore a Lui, ma in qualità di comparse attive, vive , responsabili. Come Maria e Giuseppe che Lo adorano, che Lo fasciano, che Lo nutrono con cura, come i pastori che corrono a salutarLo, siamo e vogliamo essere tra tutta quella schiera di persone di buona volontà che vanno verso il presepe, che riconoscono ufficialmente che Gesù è al centro. Vogliamo e dobbiamo essere i protagonisti di un’azione evangelica del farsi prossimo per la quale, assieme a Gesù, assumiamo come punto di riferimento ogni debolezza, ogni povertà, ogni fragilità. Il Natale è questa verifica della nostra verità cristiana, se davvero ci facciamo “prossimi” in tal modo. Questa nascita di Gesù, questo presepe regala quindi, anzitutto, delle lezioni inesauribili e anche un po’ inedite su Dio, perché si è abituati a pensare a Dio innanzitutto come a qualcuno di grande, di immenso, di infinito, di onnipotente, da cui aspettarsi dei benefici. Ora, questi aspetti di Dio l’uomo già li conosceva prima che venisse Gesù., ma Egli insegna di Dio non solo queste cose, bensì che queste cose sono congiunte con altre che da Dio o di Dio non ci si aspetta immediatamente. Per esempio, Gesù Bambino insegna che Dio non è solo grande, lontano, immenso, eterno, ma che si è fatto “prossimo” all’uomo e non semplicemente come chi porta dei doni ma anche come chi condivide i bisogni umani, le sofferenze umane della solitudine, dell’esilio, dello sfratto, i dolori, la povertà. Quindi dal bambino Gesù impariamo che Dio non è solo grandezza ma è anche misteriosamente, in un qualche modo, piccolezza, Egli si fa piccolo. Dio non è soltanto generosa elargizione di doni ma è anche simpatia, compassione, solidarietà con noi in tutto il nostro essere deboli. Il Bambino ci insegna che Dio non soltanto è grandioso, potente, straordinario, ma che c’è in Lui qualcosa che non sapremmo come definire e che in noi si chiama umiltà: accettare l’ultimo posto, la mangiatoia delle bestie dove non si metterebbe nessun uomo. L’umiltà assoluta di Gesù nel presepe rivela degli aspetti sconosciuti di Dio: la Sua capacità di dare Se stesso per noi senza riserve. Ecco alcune delle inesauribili lezioni di Dio che ci vengono dal bambino Gesù, perché in Lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza. Natale è dunque l’offerta della salvezza che ci viene fatta oggi e adesso nella misura in cui noi sappiamo riconoscere e accogliere l’intervento di Dio nel segno da lui scelto per salvarci: la piccolezza, l’insignificanza, la povertà della grotta di Betlemme. Dio ha scelto di realizzare il suo disegno di salvezza, di farci entrare nella comunione con Lui attraverso la piccolezza e la povertà. Egli è venuto a farsi carne, come dice il Vangelo di Giovanni, a farsi uomo in tutta la pregnanza storica del termine, cioè assumendo la nostra condizione anche di debolezza, di fragilità, di limite, di morte per riscattarci da tale condizione. Ecco il Natale che celebriamo: il mistero del Figlio di Dio, del Verbo di Dio che ha assunto la nostra condizione creaturale fragile, che è entrato nel mondo per darci l vita stessa di Dio; è l’evento mirabile della nostra salvezza, è una nuova creazione, è l’inizio della redenzione che si compirà poi sulla croce. Con il Natale la vita dell’uomo è realmente condivisa da Dio, dal Verbo fatto carne”.

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

 
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