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Giustizia: la resurrezione di “don Marcello” … benedetto dagli Angeli ? PDF Drucken E-Mail
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domenica, 17 febbraio 2019
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don MarcelloSALERNO – Con il senno di poi, soprattutto quando si parla di vicende giudiziarie accadute ad altri, è facile dire “Sono cose che capitano !!”.
E’ una frase che si sente molto spesso ed a pronunciarla è sempre gente che con le vicende giudiziarie non ha mai avuto niente a che fare e non sa che il tribunale è come l’ospedale: si sa come si entra e non si sa come , e soprattutto, quando si esce. ...
A volte i casi giudiziari, quando toccano persone molto rispettate e rispettabili, assumo contorni quasi parossistici nei quali un po’ tutti si divertono a disegnare ipotesi accusatorie inquietanti nonché stravaganti. In questo quadro provate, anche per un attimo, ad immaginare cosa può vivere di drammatico un sacerdote che per caso e d’improvviso viene scaraventato nel tritacarne giudiziario.
E’ accaduto a “don Marcello Stanzione”, parroco di Santa Maria La Nova al quadrivio di Campagna; una chiesa di provincia che il giovane sacerdote ha trasformato in pochi anni in un preciso punto di riferimento non solo del culto religioso in generale ma anche della conoscenza degli angeli nello specifico. Difatti don Marcello è uno degli “angelologi” più stimati e conosciuti al mondo per essere uno degli autori più prolifici vantando una produzione enorme di libri e di racconti, incentrati tutti sul fenomeno degli angeli e della percezione della loro presenza tra di noi.
Ebbene un bel giorno “don Marcello” viene accusato di aver violato, addirittura, il segreto confessionale, di aver ridotto quasi in schiavitù psicologica una coppia di coniugi (marito come autista e moglie come archivista in parrocchia), di averli costretti alla pratica del lavoro nero. Quasi cinque anni di inferno da quando nell’estate del 2014 alcuni quotidiani locali pubblicarono, pari pari, le denunce o meglio il lungo esposto che i due coniugi avevano inviato a S.E. Rev.ma Mons. Luigi Moretti, arcivescovo di Salerno. Poghe pagine autografe per mandare nello sconforto più assoluto un uomo di religione fino a quel momento molto rispettato, quasi venerato da un’enorme platea di fedeli.
I cingi addirittura affermano che “… è sempre stato solito rivelarci infatti, confidando sulla nostra omertà, i peccati dei penitenti che si rivolgevano a lui per il sacramento della riconciliazione, in particolare negli ultimi anni è rimasto come accecato dal denaro …”.
A ciò si aggiunge anche  l’avvocato della coppia che  scrive a don Marcello diffidandolo al “pagamento delle spettanze di lavoro e regolarizzazione contributiva in favore dei presunti dipendenti FD e MK” di cui all’esposto trasmesso in Curia.
Ma “don Marcello” è forte, e non solo fisicamente, regge l’urto micidiale che avrebbe abbattuto un toro e passa al contrattacco:  “… Mi si accusa ancora di violare sistematicamente il sigillo sacramentale. La qualcosa nego assolutamente. Non solo ciò non avviene sistematicamente, ma non è mai avvenuto. Commenti che posso occasionalmente fare su alcune persone si basano esclusivamente su quanto conosco in foro esterno e mai assolutamente su informazioni eventualmente ricevute in confessione. In Parrocchia in quasi 25 anni di ministero sacerdotale e in Sardegna in 14 anni che mi reco per postolato, mai nessuno mi ha accusato di ciò …”.
Il caso approda in tribunale dove, tra udienze drammatiche e rinvii mozzafiato che proiettano il prelato sulle prime pagine dei grandi giornali nazionali, si arriva ad una prima decisione assolutoria con il ribaltamento della situazione e con “don Marcello” che da accusato diventa accusatore; i due coniugi con provvedimento del giudice dr. Giovanni Paternioster vengono rinviati a giudizio unitamente al direttore responsabile di una nota testata giornalistica salernitana per sistematica e gravissima attività di denigrazione personale e religiosa in danno del parroco di Campagna.
Il caso finisce il 29 gennaio 2019: “”Il Tribunale di Salerno, in persona del giudice dott. Giocoli, ha condannato i sigg.ri Francioni Daniele e Mucciolo Katia alla pena di 2 mesi di reclusione ciascuno. Il Giudice salernitano ha, inoltre, condannato gli imputati, oltre che alle spese legali, al risarcimento dei danni (stabiliti in € 10.000) in favore di don Marcello Stanzione, che si era costituito parte civile nel processo ed era difeso dal penalista irpino avv. Almerigo Pantalone.
E don Marcello è ritornato, per buona pace di tutti, al suo ministero, ai suoi libri e, soprattutto, ai suoi angeli che sicuramente lo hanno protetto in questa lunga, incredibile e incresciosa vicenda.
 
 
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