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La via Segreta di San Michele - Itinerario per un cammino con il principe degli angeli
I BENEFICI DELL’ANGELO RAFFAELE PDF Stampa E-mail
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mercoledì 14 maggio 2025
I BENEFICI DELL’ANGELO RAFFAELE

I benefici dell’Angelo Raffaele nei riguardi di Tobia e di suo figlio sono una toccante raffigurazione dei benefici che l’Angelo custode non cessa di prodigare ad ognuno di noi.

L’Antico Testamento ci presenta la figura di che Tobia era un uomo giusto della tribù di Neftali, che, a scapito degli esempi di corruzione e di idolatria che davano disgraziatamente la maggior parte dei figli di Israele, aveva conservato il suo cuore puro e fedele al Signore. Fin dai tempi della sua giovinezza, anziché andare, come tanti altri, ad adorare i vitelli d’oro che Geroboamo aveva fatto innalzare, si recava a Gerusalemme per offrire al vero Dio le primizie di tutti i suoi beni; egli osservava anche tutte le prescrizioni della legge di Mosé.  ...

 

 

Giunto all’età d’uomo, Tobia sposò una figlia della sua tribù, di nome Anna, e ne ebbe un figlio, a cui fece portare il suo proprio nome. Fin dall’infanzia gli insegnò a temere Dio e ad astenersi da ogni peccato.

Quando gli Assiri portarono in cattività a Ninive una gran parte degli abitanti del regno d’Israele, Tobia si ritrovò nel numero dei prigionieri. La sua fedeltà al vero Dio non si smentì in mezzo agli idolatri, e benché i suoi concittadini non facessero nessuna difficoltà nel mangiare la carne offerta in sacrificio ai falsi dei, egli non commise mai questo abominevole sacrilegio. Così Dio, ricompensandolo per l’amore che gli custodiva nel suo cuore, lo mise nelle buone grazie del re Salmanassar, che gli diede la libertà di andare dove volesse e di agire secondo il suo buon piacere.

Tobia approfittò dei favori del re per moltiplicare le opere di misericordia. Si recava ovunque si trovassero i suoi compatrioti prigionieri, li consolava e li assisteva secondo il suo potere, nutrendo quelli che avevano fame, vestendo quelli che erano nudi, e dando a tutti pareri salutari. E’ in uno di questi viaggi di carità ch’egli prestò, senza nessuna altra garanzia che una semplice riconoscenza, dieci talenti d’argento (all’incirca 70.000 Euro) ad un uomo della sua tribù, Gabelo, che abitava a Rages, nel paese dei Medi.

Ma il re Salmanassar morì, e suo figlio Sennacherib, che gli successe, mostrò un grande odio contro i figli d’Israele. Ne fece mettere a morte un gran numero. Poiché Tobia aveva sepolto le vittime della sua crudeltà, ciò costituì per Sennacherib un pretesto per ordinare che lo si uccidesse e che ci si impadronisse di tutti i suoi beni. Ma siccome i benefici di Tobia lo avevano fatto amare, egli fu avvisato in tempo del pericolo che correva, e trovò mezzo per nascondersi con sua moglie e suo figlio.

Qualche tempo dopo, essendo Sennacherib morto nel frattempo, Tobia ritornò a casa sua, e gli si restituirono tutti i suoi beni. Ma, dopo gli uomini, fu Dio che s’incaricò di mettere il suo fedele servo alla prova delle avversità, affinché diventasse come Giobbe un esempio memorabile di pazienza. Tobia continuava a rendere gli onori della sepoltura ai suoi compatrioti. Temendo Dio più che gli uomini, egli portava via i corpi di coloro che erano stati uccisi, li nascondeva nella sua casa e li seppelliva nel corso della notte. Lo si vide anche, al momento di prendere il proprio pasto, privarsi del cibo per andare a compiere quel caritatevole ministero. Un giorno che, ritornando a casa sua, dopo essersi molto stancato nel prelevare i morti, si era coricato ai piedi di un muro, si addormentò. Ora, nel mentre che dormiva, dello sterco caldo cadde da un nido di rondini sui suoi occhi, e lo rese cieco.

Il timore di Dio, che aveva conservato, fin dalla sua infanzia, non abbandonò Tobia in questa dolorosa circostanza. Egli non si rattristò affatto; non mormorò contro la Provvidenza, che così l’affliggeva e, siccome i suoi parenti tenevano ragionamenti simili a quelli che avevano fatto già una volta gli amici di Giobbe, e dicevano: “A cosa sono servite le tue buone opere? Valeva ben la pena di seppellire i morti!”. Tobia li riprendeva dolcemente: “Noi parlate affatto in tal modo, poiché noi siamo i figli dei santi e la nostra speranza non è quaggiù: essa è in quella vita che Dio deve dare a quelli che non violano mai la fedeltà ch’essi gli hanno promessa”.

Comunque Tobia fece al Signore questa preghiera: “Signore, voi siete giusto, tutti i vostri giudizi sono pieni di equità, e tutte le vostre vie non sono che misericordia, verità e giustizia; Signore, ricordatevi ora di me: non prendete vendetta per i miei peccati, e non ricordate a vostra memoria le mie offese né quelle dei miei parenti… Comandate che la mia anima vada in pace, poiché mi è più vantaggioso morire che continuare a vivere”. Tobia, pensando che Dio avrebbe esaudito la sua preghiera, chiamò presso di sé suo figlio e gli diede pii ed ammirabili consigli da osservare per tutta la sua vita. Poi lo avvisò che una volta aveva prestato dieci talenti d’argento a Gabelo, abitante della città di Rages, nel paese dei Medi, e gli espresse il desiderio che andasse a riprendere quel danaro e rendere il biglietto che era stato sottoscritto. “Cercate, gli disse, per accompagnarvi in questo viaggio, un uomo sicuro, che si ricompenserà come giusto, e potrete allora recuperare quel danaro nel mentre che sono ancora in vita”. Il giovane Tobiolo, essendo uscito per obbedire al padre, vide comparire davanti a lui un bel giovane che aveva le reni cinte come un viaggiatore. Questo straniero non era altri che l’Angelo Raffaele, che aveva preso le sembianze di Azaria, figlio di Anania, notabile Israelita. Il giovane Tobiolo lo interrogò, e apprendendo che conosceva la strada che conduceva nel paese dei Medi così come la dimora di Gabello, nella città di Rages, si affrettò ad avvisarne il padre. Questi subito fece pregare il viaggiatore di entrare.

Lo straniero, avvicinando Tobia, lo salutò con queste parole: “La gioia sia sempre con voi!”. – “Quale gioia posso avere?”, rispose Tobia, “Io che sono incessantemente nelle tenebre e che non vedo affatto la luce del sole!”. – “Coraggio, riprese il viaggiatore, ben presto Dio vi guarirà”. Allora Tobia lo mise al corrente di ciò che si trattava e gli chiese se volesse ben, come ricompensa, condurre suo figlio presso Gabelo, nel paese dei Medi. “Lo condurrò volentieri e ve lo riporterò in buona salute”, disse il giovane. “Partite dunque, riprese Tobia, e che il vostro viaggio sia felice! Dio sia con voi nel vostro cammino e che il suo Angelo vi accompagni!”.

Si fecero i preparativi per la partenza, ed il giovane Tobiolo, avendo detto addio a suo padre ed a sua madre, si mise in viaggio col compagno che la Provvidenza gli aveva dato.

Come fu partito, sua madre cominciò a piangere ed a rimproverare Tobia per aver allontanato il loro figlio. “Che ne dobbiamo fare di questo denaro?, diceva lei. Senza dubbio ne abbiamo poco ma questo poco ci bastava. Non eravamo abbastanza ricchi possedendo nostro figlio?” – “Non piangere, rispose Tobia, nostro figlio giungerà fin laggiù sano e salvo, allo stesso modo ritornerà, e voi lo vedrete coi vostri occhi. Ho fiducia che l’Angelo di Dio lo accompagna e che ritornerà a noi pieno di gioia”. Allora la povera madre smise di piangere e tacque.

I due viaggiatori passarono la prima notte sulle rive del Tigri. Essendosi il giovane Tobiolo avvicinato al fiume per lavarvi i piedi, un enorme pesce si lanciò verso di lui per divorarlo. “Signore, mi prende!” gridò Tobia con spavento. “Prendetelo per le branchie, disse l’Angelo, e trascinatelo a riva”. E’ quello che fece Tobiolo e, una volta a terra, il pesce si dibatté e morì. Allora, su consiglio dell’Angelo, Tobiolo aprì quel pesce, mise da parte il cuore, il fiele ed il fegato, fece arrostire una parte delle carni e portò via il resto come provvigione per il viaggio.

Cammin facendo, il giovane Tobiolo disse al suo compagno: “Azaria, fratello mio, quali rimedi si estraggono dalle parti del pesce che mi avete fatto conservare?” – “Il cuore quando lo si brucia, serve per scacciare ogni tipo di demoni, rispose Azaria; ed il fiele, impiegato come unzione sugli occhi, guarisce la cecità”.

Avvicinandosi ad Ecbatane, l’Angelo disse a Tobiolo: “Andremo a chiedere ospitalità a Raguele, vostro parente; egli non ha che una figlia che vi consiglio di chiedere in matrimonio; egli non potrà rifiutarvela, secondo la legge, e voi diventerete l’erede di tutti i suoi beni”. Tobiolo rispose: “Io so che quella ragazza ha sposato già sette mariti, e che il demonio li ha fatto morire tutti. Temo una disgrazia similare; e, siccome sono figlio unico, la mia morte riempirebbe di tristezza i miei vecchi genitori e li condurrebbe alla tomba”. L’Angelo lo rassicurò dicendogli che per mettere in fuga il demonio, non avrebbe dovuto fare altro che pregare e far bruciare il cuore ed il fegato del pesce.

Si recarono dunque a casa di Raguele, che li ricevette con gioia. Vedendo Tobiolo, Raguele disse ad Anna, sua moglie: “Quanto rassomiglia a mio cugino questo giovane!”. Poi si rivolse ai viaggiatori: “Da dove venite, miei giovani fratelli?”. Essi gli risposero: “Noi siamo della tribù di Neftali, di quelli prigionieri a Ninive”. “Conoscete mio fratello Tobia?”. Alla loro affermativa risposta, Raguele fece l’elogio di Tobia, e l’Angelo aggiunse: “Tobia, di cui voi chiedete notizie, è il padre di questo giovane”. A quelle parole, Raguele si alzò, abbracciò con lacrime il giovane Tobiolo e gli disse: “Figlio mio, Dio vi benedica poiché siete il figlio di un uomo giusto, di un uomo molto virtuoso!”. Quando si servì il pranzo, il giovane Tobiolo chiese a Raguele la mano di sua figlia Sara. A questa richiesta, Raguele ne fu spaventato, sapendo quello che era accaduto ai sette mariti di Sara e temendo la stessa disgrazia per il giovane Tobiolo. Come esitava e non rispondeva nulla, l’Angelo lo rassicurò. Egli diede allora il suo consenso e prendendo la mano di sua figlia, la mise nella mano destra di Tobiolo dicendo: “Il Dio d’Abramo, il Dio d’Isacco ed il Dio di Giacobbe sia con voi; che Lui stesso vi unisca e che compia in voi la sua benedizione! Poi si scrisse l’atto di matrimonio.

Fedele alla raccomandazione dell’Angelo, Tobiolo prese il cuore ed il fegato del pesce, ne pose una parte su dei carboni ardenti, e l’Angelo Raffaele, bloccando il demonio, lo legò nel deserto dell’Alto Egitto. Poi Tobiolo e Sara pregarono con fervore. Tutti e due restarono sani e salvi. Raguele e Anna benedissero il Signore, poi prepararono un sontuoso festino per tutti i loro vicini ed i loro amici. Dopo di che, Raguele scongiurò Tobiolo di restare con lui per due settimane, gli diede la metà dei suoi beni e fece uno scritto che gli assicurava l’altra metà dopo la sua morte e la morte di sua moglie.

Allora Tobiolo disse all’Angelo, che prendeva sempre per Azaria: “Fratello mio, io non potrò mai riconoscere tutte le cure che avete avute per me. Ho nondimeno ancora un servizio da chiedervi, è che voi andiate voi stesso a trovare Gabelo. Riceverete da lui il danaro che ci deve, gli renderete la sua ricevuta, e lo pregherete di venire alle mie nozze. Raguele, in effetti, mi scongiura di soggiornare qui; e comunque io non posso differire di ritornare a casa di mio padre, poiché voi sapete che conta i giorni, e che se ritardo, la sua anima sarà accasciata dal dolore”.

L’Angelo Raffaele acconsentì a quel desiderio e partì per Rages dove trovò Gabelo. Ne ricevette il danaro dovuto a Tobia, gli rese la sua ricevuta, e narrandogli tutto quello che era accaduto al giovane Tobiolo, lo invitò a venire ad assistere alle sue nozze.

Gabelo venne dunque a casa di Raguele, e avendo abbracciato il giovane Tobiolo, gli disse: “Il Dio di Israele vi benedica poiché siete il figlio di un uomo giusto che teme Dio e che fa molte elemosine! La sua benedizione si effonda anche sulla vostra sposa, su vostro padre e su vostra madre! Possiate vedere i vostri figli ed i figli dei vostri figli fino alla terza ed alla quarta generazione! La vostra razza sia benedetta dal Dio d’Israele, che regna nei secoli dei secoli!”. Tutti risposero: Amen; poi ci si mise a tavola, ma nello stesso festino delle nozze, ognuno si teneva col timore del Signore.

Nel frattempo, il padre e la madre del giovane Tobiolo erano nell’inquietudine non vedendo ritornare il loro figlio nel tempo stabilito, e passavano i giorni nelle lacrime; soprattutto sua madre non poteva consolarsi: “Ah, ella diceva, figlio mio, figlio mio, perché vi abbiamo inviato così lontano, voi che eravate la luce dei nostri occhi, il bastone della nostra vecchiaia, la consolazione della nostra vita, la speranza della nostra posterità? Non dovevamo allontanarvi, poiché solo voi abbiamo”.

E non potendo restare in pace nella propria casa, ella andava per tutte le vie per guardare se suo figlio stesse per ritornare.

Il giovane Tobiolo, indovinando l’inquietudine dei suoi genitori insistette tanto presso Raguele affinché lo lasciasse partire finché non ottenne il permesso. Raguele gli rimise sua figlia Sara con la metà di tutto ciò che possedeva in servi e serve, in danaro e greggi. Poi lo lasciò andare pieno di salute e di gioia dicendogli: “Il santo Angelo del Signore sia con voi sulla via, che vi riporti a casa vostra senza che corriate nessun pericolo; possiate trovare vostro padre e vostra madre in perfetta salute, e possa io stesso, vedere i vostri figli prima di morire”. Allora, Raguele ed Anna abbracciarono la loro figlia raccomandandole di onorare suo suocero e sua suocera, di amare suo marito, di condurre la propria famiglia, di governare la sua casa e di conservarsi irreprensibile in ogni cosa.

Undici giorni dopo la loro partenza, i viaggiatori giunsero a Charan, città posta a metà strada, tra Ecbatane e Ninive. L’Angelo Raffaele disse a Tobiolo: “Fratello mio, voi sapete in quale stato avete lasciato vostro padre. Procediamo dunque per primi se lo volete; Sara seguirà lentamente coi servi e gli armenti. Portate con voi il fiele del pesce, di cui avrete bisogno”. Tobiolo apprezzò questo consiglio e partì con l’Angelo. Quando si avvicinarono a Ninive, Anna, secondo sua abitudine, era seduta sulla cima di una montagna da dove gli sguardi giungevano lontani. Scorgendo suo figlio, che riconobbe subito, ella corse ad annunciarlo a suo marito. Allora l’Angelo disse al giovane Tobiolo: “Come sarete giunti in casa, prostratevi per adorare il Signore e rendetegli grazie. Poi, abbracciate vostro padre, sfregategli gli occhi col fiele del pesce, ed egli riacquisterà la vista”. Allo stesso tempo, il cane che aveva seguito i viaggiatori, li sopravanzò, come per avvisare del loro arrivo, e si precipitò sul posto testimoniando la sua gioia col movimento della sua coda e con le sue carezze. Subito il vecchio Tobia si alzò, e per cieco che fosse, volle mettersi a correre, a rischio di cadere ad ogni passo. Un servo gli diede la mano; con quel soccorso, il tenero padre avanzò in tutta fretta incontro a suo figlio. Quando il padre e la madre di Tobiolo sentirono il loro figlio tra le braccia, versarono lacrime di gioia poi adorarono Dio, e avendogli reso grazie, si sedettero.

Allora Tobiolo prese il fiele del pesce e ne sfregò gli occhi a suo padre. In capo a mezz’ora, una pellicina bianca, simile a quella di un uovo, cominciò ad uscire dalle palpebre; il giovane Tobiolo la prese e la trasse, e suo padre recuperando la vista, gridò: “Vi benedico, Signore, Dio d’Israele, e per avermi castigato, e per avermi guarito; vi benedico per la grazia che mi fate di vedere ancora coi miei occhi mio figlio Tobiolo”.

Sette giorni dopo, Sara giungeva in perfetta salute, coi suoi servi e le sue greggi, il danaro della sua dote ed i dieci talenti resi da Gabelo.

Il giovane Tobiolo narrò a suo padre ed a sua madre tutti i benefici con cui Dio lo aveva colmato attraverso le mani del suo caro conduttore. Il padre ed il figlio scongiurarono questi di voler ben accettare, in riconoscenza, la metà della fortuna che il giovane Tobiolo aveva portata. Allora lo sconosciuto disse loro: “Benedite il Dio del Cielo e glorificatelo davanti a tutti per aver fatto scoccare su di voi la sua misericordia. Poiché è bene custodire il segreto del re, ma è onorevole rivelare e pubblicare le opere di Dio. E’ vantaggioso pregare e digiunare, e meglio ancora è fare l’elemosina anziché ammassare pezzi d’oro poiché l’elemosina libera dalla morte; è essa che cancella i peccati e procura all’uomo la misericordia e la vita eterna. Ma quelli che commettono il peccato e l’iniquità, sono i nemici della propria anima. Sto dunque per rivelarvi la verità e scoprirvi ciò che, finora, vi è stato nascosto. Quando pregavate con lacrime, seppellivate i morti, tanto da lasciare il vostro pasto per nascondere i morti nella vostra casa durante il giorno e seppellirli durante la notte, io ho presentato la vostra preghiera al Signore. E poiché eravate gradito a Dio, era necessario che foste provato con la tentazione. Ed ora il Signore mi ha inviato per guarirvi, e per liberare dal demonio Sara, la sposa di vostro figlio. Poiché io sono Raffaele, uno dei sette Angeli che stanno in presenza del Signore”. A queste parole, i due Tobia si turbarono, e, colti da spavento, si prostrarono, col volto contro la terra. “La pace sia con voi! disse loro l’Angelo, non temete affatto, poiché quando ero con voi, vi ero per volontà di Dio; benedirtelo e cantate le sue lodi. Io sembravo mangiare e bere; ma io mi nutro di un cibo e di una bevanda invisibili. E’ tempo che ritorni verso Colui che mi ha inviato; benedite Dio e pubblicate tutte le sue meraviglie”. Dopo queste parole, l’Angelo scomparve ai loro occhi.

Tobia e suo figlio restarono prosternati per tre ore, col volto a terra, benedicendo Dio; poi, rialzandosi, fecero pubbliche tutte le sue meraviglie.

In questo racconto biblico, l’affettuosa devozione dell’Angelo non si smentisce un istante, e la sua potenza è manifesta. Quest’Angelo offre a Dio le preghiere e le opere buone di Tobia. Scrupoloso degli interessi del suo giovane compagno, egli si occupa della sua anima, del suo futuro ed anche della sua fortuna. Gli dona preziosi insegnamenti per sfuggire al demonio e per santificarsi. Non è da parte sua che un seguito ininterrotto di buoni uffici e di benefici, e con una segnata protezione, egli scarta ogni pericolo e rende il viaggio costantemente felice. Attraverso di lui Satana è ridotto all’impotenza di nuocere, e suo tramite Tobia recupera la vista. Ovunque diffonde la pace e la gioia.

Come l’Angelo Raffaele, il nostro Angelo custode è pieno di carità, di bontà e d’amore. La sua potenza si esercita sul demonio e sui diversi elementi di questo mondo. Egli presenta a Dio le nostre preghiere e le nostre opere buone e s’incarica di tutti i nostri messaggi. Ci assiste negli assalti che ci dona Satana e ci ottiene la vittoria. Ci ispira, ci insegna a seguire la via che Dio ci traccia, a camminarvi con coraggio e fedeltà, ed a lavorare con ardore alla nostra perfezione. Tutto ciò che ha rapporto con la nostra anima lo trova sempre vigilante e devoto.

L’Angelo custode ci prodiga il suo aiuto e ci salva dal pericolo. Sempre attento, veglia su di noi in tutti i nostri bisogni e ci viene in aiuto nella malattia; si prende cura di tutti i nostri interessi, anche dei nostri interessi materiali. Facendosi umile servo durante il nostro pellegrinaggio quaggiù, il suo amore e la sua devozione non sono soddisfatti che quando ci vede in pieno possesso della perfetta ed inalterabile felicità del Cielo.



 
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