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Gli Angeli nella Sacra Scrittura PDF Stampa E-mail

San Matteo e l'AngeloLa sola ragione umana non può provare con certezza l’esistenza degli angeli, ma, poiché sul pianeta Terra esistono esseri senza vita, piante, animali e uomini, è razionalmente conveniente e plausibile che Dio abbia creato anche esseri finiti senza corpo, intelligenti e liberi, come ulteriore gradino tra l’uomo e Dio. Oggi in tanti ambienti culturali non religiosi si ipotizza che ci siano esseri viventi extra-terrestri su altri pianeti, se potrebbero esistere gli Ufo perché non ci potrebbero essere anche gli angeli? L’esistenza di esseri intermedi che popolano con la loro presenza l’enorme distanza che separa l’onnipotenza divina dagli esseri umani è stata una credenza molto diffusa già nelle culture extra-bibliche e in particolare nelle antiche religioni dei popoli vicini a Israele, ma solo nelle religioni monoteistiche, le cosiddette “religioni del Libro”, questi esseri assumono le caratteristiche che noi attribuiamo agli angeli. Gli “spiriti” delle dottrine egiziane e ...

... delle credenze assiro-babilonesi hanno, in prevalenza, atteggiamenti ostili nei confronti dell’uomo, che è costretto a difendersi per mezzo dell’intervento di una divinità buona, e anche nella religione persiana, e più tardi in quella greca e in quella romana, che subì l’influsso dell’ellenismo, il rapporto tra gli esseri celesti e gli uomini si presenta più come una lotta che come un incontro positivo. Nel contrasto tra questi esseri negativi e addirittura paurosi e i “messaggeri di Dio” che incontriamo nella Sacra Scrittura, appare in tutta la sua importanza il contributo dato dalla Bibbia alla funzione e alla presenza degli angeli. Dalla prima pagina della Bibbia coi “cherubini dalla fiamma della spada folgorante”, posti a guardia dell’Eden (Gn 3, 24), fino alla folla angelica dell’Apocalisse, le Sacre Scritture sono animate dalla presenza di queste figure sovrumane ma non divine. Compito dell’angelo biblico è salvaguardare la trascendenza di Dio, ossia il suo essere misterioso e “altro” rispetto al mondo e alla storia; ma al tempo stesso di renderlo vicino a noi comunicando la sua parola e la sua azione.

GLI ANGELI NELL’ANTICO TESTAMENTO

Nell’Antico Testamento non esiste una vera e propria angelologia, ovvero un sistema dogmatico preciso sulla natura degli angeli ed il loro rapporto con Dio e gli uomini. Vi troviamo invece la consapevolezza che la divinità stabilisce un rapporto con gli uomini attraverso i suoi messaggeri: gli antichi Ebrei erano fermamente convinti che Dio si servisse degli angeli per guidare il mondo e la storia. A differenza degli apocrifi del tardo giudaismo, quanto mai immaginifici e fantasiosi sugli angeli, i testi canonici dell’Antico Testamento sono molto sobri.

All’inizio dell’umanità, nella Genesi, subito dopo il peccato originale, un Cherubino, con spada di fuoco, è posto a guardia dell’Eden (Gen 3, 24), da dove ne erano stati cacciati i nostri progenitori Adamo ed Eva. Poi, per migliaia di anni, non vi è nessun accenno agli Angeli, nell’Antico Testamento, fino al tempo di Abramo, capostipite del popolo eletto.

Di cherubini sentiamo ancora parlare dal profeta Ezechiele, nella visione del primo capitolo ed in quella narrata nel decimo, in cui il termine “cherubini” ricorre quasi ad ogni versetto. Gli angeli, nel mondo biblico, sono stati per l’uomo prima di tutto dei preziosi informatori. Tre angeli annunciano la nascita di Isacco ad Abramo ed a Sara (Gn 18, 1-5; 6, 11-14). Quest’ultima, infatti, non aveva figli per cui diede ad Abramo la sua serva Agar, come concubina, ed ella rimase incinta ma, quando, a sua volta, Sara aspettò Isacco, scacciò Agar dalla sua casa. Vicino ad una  sorgente, nel deserto, apparve ad un’Agar fuggitiva ed abbandonata, un “messaggero di YHWH” (Gn 16, 7-12). L’angelo consolò Agar e le profetizzò: “Tu partorirai un figlio e lo chiamerai Ismaele (Dio ascolta), ed io moltiplicherò la tua discendenza” (Gn16, 10-11).

Così l’angelo rimandò Agar da Abramo. Più tardi, l’angelo chiamò ancora Agar dal cielo e l’aiutò (Gn 21, 17). Messaggeri di Dio sono anche i due ospiti di Lot, a Sodoma. Essi lo proteggono, insieme a sua moglie ed alle loro due figlie. Ma gli angeli hanno anche il compito di eseguire il giudizio sugli empi abitanti di Sodoma (Gn 19, 1-25). La storia di Abramo narra anche della richiesta, fattagli dal Signore, di sacrificargli il suo unico figlio Isacco. Abramo prepara il sacrificio ma, nell’ora più attesa e temibile, l’angelo del Signore gli grida di non sacrificare più il figlio (Gn 22, 1-14), non solo, ma per la sua pronta obbedienza gli comunica la benedizione del cielo per suo figlio Isacco (Gn 22, 15-18). Nella storia di Abramo, l’angelo appare un’altra volta quando egli chiede, in sposa, Rebecca per suo figlio. In quella occasione Abramo aveva incaricato il suo servo più fidato – “che aveva potere su tutti i suoi beni” – della domanda di matrimonio. Davanti alle sue titubanze, egli lo rassicura, dicendogli: “Il Signore manderà davanti a te il suo angelo” (Gn 24, 2-40).

Giacobbe era uno dei figli di Isacco. In un misterioso sogno, che avvenne a Bethel, un luogo ritenuto sacro, egli vide gli Angeli di Dio salire e scendere da una scala la cui sommità raggiungeva il cielo, dipartendosi dalla terra. Davanti a sé egli trovò il Signore che gli disse: “Io sono il Signore, Dio tuo. La terra sulla quale tu sei coricato la darò a te ed alla tua discendenza” (Gn 28, 10). “Più tardi, mentre proseguiva il suo cammino, Giacobbe incontrò una schiera di angeli: “l’accampamento di Dio”. Così Giacobbe chiamò quel luogo “accampamento, casa” (Bethel).

Sempre a Giacobbe, rimasto da solo, apparve una notte un angelo, con le sembianze di uomo, che si rifiutò di dirgli il suo nome. Giacobbe lottò con lui fino all’aurora, poi accortosi che era un angelo del Signore non lo lasciò andare via finché questi non lo benedì. Come a dire che Giacobbe non ottenne con la forza la benedizione, ma solo in virtù della sua insistenza, nella preghiera. Fu allora che Giacobbe ricevette il nome di “Israele”, che significa “colui che lotta con Dio”.

La comparsa dell’angelo, nelle tradizioni dell’Esodo, è in riferimento allo sperimentato aiuto nella fuga dall’Egitto e nella guida verso la Terra Promessa: si tratta di un “angelo” o “del mio angelo”, inviato da YHWH, per dare sicurezza nella riuscita. L’angelo del Signore appare a Mosè nelle fiamme di un roveto ardente, la cui fiamma non si spegne. Dio chiama Mosè dal fuoco e lo invia dal Faraone, quale messaggero della liberazione del popolo di Israele (Es 3, 1-33). Sempre l’angelo del Signore protegge Israele nel passaggio del Mare dei giunchi e durante tutta la traversata dell’esodo (Es 23, 20). Quando, però, il popolo d’Israele pecca d’idolatria, con l’episodio del vitello d’oro, è solo dopo aver castigato gli idolatri che YHWH invierà un angelo per fare da guida davanti ad essi nel deserto (Es 32, 34; 33, 2): “IO mando davanti a te un angelo per custodirti sul cammino […], ascolta la sua voce, perché il mio Nome è in lui” (Es 23, 20-21). Traspare in ciò la funzione di rappresentanza dell’angelo: quando Dio parla lo fa attraverso l’angelo. L’angelo, in questo modo del tutto singolare annuncia ed opera la salvezza, fa uscire dall’Egitto e libera Gerusalemme dall’assedio dell’esercito di Sennacherib. “In quella notte, l’angelo del Signore scese e percosse nell’accampamento degli Assiri, centottantacinquemila uomini” (Nm 20, 16).Nel Deuteronomio non si parla mai apertamente di angeli di Dio. Al massimo, Dio promette di ispirare un profeta perché annunci la sua parola (cfr Dt 18, 14-17).

Nei cosiddetti Libri storici, gli angeli di Dio non solo vengono maggiormente citati, ma lo sono sia come singoli messaggeri sia come guide del popolo. Così è evidentemente un messaggero di Dio quello che appare a Giosué nelle sembianze di un uomo con la spada sguainata. Egli stesso si definisce “principe dell’esercito di YHWH” (Gs 5, 13-15). E l’esercito di YHWH non è certo un esercito terreno, ma l’esercito degli angeli (Gn 32, 2 ss.). in quell’apparizione, l’angelo promette, a Giosuè e ad Israele, il suo aiuto nella battaglia di Gerico. Un altro incontro politico è così narrato nella Genesi, preparando Giosuè all’annuncio della prossima caduta di Gerico. Il concetto e la dottrina sugli angeli hanno uno sviluppo molto significativo nel Libro dei Giudici (databile tra il XIII ed il XII secolo a. C.). L’angelo di YHWH si manifesta ad Israele nel periodo dei contrasti sorti con città straniere (in primis cananee) e parla a nome di Dio. Egli rammenta di essere stato colui che ha guidato il popolo fuori dall’Egitto e lo pone di fronte alle sue infedeltà. La pena, per questa, sarà la sua sottomissione, non solo politica ma anche religiosa: allora la gente, riconoscendo i propri errori, comincia a piangere (Gdc 2, 1-4). L’angelo di Dio appare, in sembianze umane, a Gedeone, sotto una quercia (Gdc 6, 11-24). Egli impersona YHWH stesso e consuma, miracolosamente, con un fuoco le offerte, per poi scomparire. Durante la notte YHWH appare in sogno a Gedeone e gli ordina di abbattere l’altare di Baal (Gdc 6, 25-32). Più tardi, sempre a Gedeone, dice di mettere alla prova il popolo d’Israele, in vista della battaglia contro Madian (Gdc 7, 2-9).

L’angelo appare ben due volte alla moglie di Manué, nonché a quest’ultimo, per annunciare loro la nascita del figlio Sansone (Gdc 13, 1-25). Tra l’angelo ed i due futuri genitori hanno luogo lunghe discussioni. Egli predice che il loro figlio salverà Israele dai Filistei, poi scompare dentro la fiamma del sacrificio. Nel Libri di Samuele, il futuro re Davide viene descritto buono e saggio come un angelo di Dio. YHWH è con Davide, lo protegge e lo aiuta a tal punto ch’egli decide sempre rettamente e con giustizia. L’angelo del Signore viene, per così dire, “umanizzato” tramite il re. Al tempo della comparsa del Libro delle Cronache, la fede in Dio si era sviluppata ed approfondita in Israele e, con essa, anche la concezione delle potenze spirituali. Nei due racconti paralleli di 1CR e di 2Sam, Davide vuole rendersi conto della sua potenza, attraverso un censimento. Ora, mentre in “Sam 24, 1 ss. È il Signore ad indurre Davide in errore, incitandolo a fare il censimento; in questo modo, più tardi il popolo d’Israele sarà punito per la sua colpa, quella cioè di aver seguito il re piuttosto che la volontà di YHWH. In 1Cr 21, 1, è Satana che fa insorgere Israele ed incita Davide al censimento. Davide, allora, riconosce la sua colpa e si affida alla clemenza di Dio: per punizione Dio farà scoppiare una peste in Israele: “Il Signore aveva mandato un angelo a Gerusalemme per distruggerla. Ma il Signore, poi, si pentì di aver provocato quella sciagura ed ordinò all’angelo: “Basta, ritira ora la mano” (2Sam 24, 16).

Gli angeli nell’Antico Testamento, tra i compiti più accetti, hanno soprattutto quello di essere dei messaggeri del confronto e del sostegno a coloro i quali si sentono abbandonati, perseguitati e condannati a morte ingiustamente (cfr. 1 Re 19, 2). Ed è quanto accade al profeta Elia. Minacciato di morte dalla regina Gezabele, moglie del re Acab, per il fatto di aver eliminato tutti i falsi profeti di Baal, Elia è spaventato e, temendo per la propria esistenza, si rifugia nel deserto. Ma il Signore ha ben altri progetti su di lui, che si augurava la morte, e, ripetutamente, gli invia un angelo per rifocillarlo affinché riprenda energia. Dopo di ciò, Elia si rifugia sul monte Oreb. Qui gli appare il Signore che lo rinvia indietro per portare a termine la missione affidatagli (1 Re 19, 8-18). La parola del Signore fu data altre volte ad Elia in questo modo. Alla fine della sua vita terrena, egli fu portato in cielo su di un carro di fuoco tirato da cavalli di fuoco (2Re 2, 11). Nei testi del II Libro dei Maccabei, della fine del II sec. a.C. gli angeli sono i messaggeri che Dio invia al suo popolo, generalmente per proteggerlo, ma talvolta anche per punirlo.

I Salmi elevano, a livello di legge generale, l’esperienza di aiuto riscontrato nei singoli casi. I testi qualificano gli angeli come degli esseri pronti all’ascolto ed all’esecuzione del volere del Signore.. riportiamo un versetto del Salmo 103, 20-21 per spiegarci meglio: “Benedite il Signore, voi suoi angeli, potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola… schiere, ministri…”. Nei Salmi, gli angeli sono spesso citati. Dio è il “Signore degli eserciti celesti”, il “Re della gloria”, “cavalca un cherubino e vola, librandosi sulle ali del vento”, “Fa delle nubi il suo carro, cammina sulle ali del vento; fa del vento i suoi messaggeri, delle fiamme guizzanti i suoi ministri”. Dio stesso appare come angelo protettore, quale scudo e corazza per la sua fedeltà. In questo clima di fiducia, l’angelo protettore è associato alla stessa fede. Gli angeli cantano le lodi di Dio e Davide non disdegna di esprimere, per ciò, il suo ringraziamento: “A te voglio cantare davanti agli angeli” (Sal 138, 1). Il Salmo 148 è tutto un canto di ringraziamento e, questi canti, risuonano tutt’oggi nel culto, sia della Sinagoga che della Chiesa.

I profeti portano avanti, attraverso azioni e rivelazioni, la fede d’Israele negli angeli. Così Michea annuncia la sua visione: “Io ho visto il Signore seduto sul trono; tutto l’esercito del cielo gli stava attorno, a destra e a sinistra” (1 Re 22, 19).Lo stesso tema del Dio e Signore in trono appare anche in Is 6, 1, in Dn 7, 10, in Gb 1 e 2, in Zc 6, 5 e nel Salmo 103, 20 ss. Il profeta Isaia ebbe la sublime visione nella quale vide la gloria di Dio, udì i Serafini osannare l’Altissimo (“Sabaoth”) e, da uno di essi, che gli mondò le labbra, toccandogliele con un carbone acceso, si sentì fatto “profeta” (Is 6, 1-4). La missione di Isaia consiste nel vedere ed udire la liturgia celeste, celebrata dal Signore e dagli angeli. Gli angeli sono dei serafini come “creature di fuoco”, essi hanno le ali che rappresentano la libertà della natura soprannaturale, la prontezza nel rispondere ai richiami divini, nonché esprimono e giustificano il potere di essere al di sopra della realtà circostante. Il canto “Santo, santo, santo” sta a significare che Dio è separato da tutta la creazione, Egli è il totalmente altro, colui che è incomparabilmente elevato al di là ed al di sopra di tutta la creazione. Il luogo descritto da Isaia è importantissimo anch’esso perché è il solo ed unico luogo delle Sacre Scritture in cui si parla dei Serafini.

Ora, nel mentre che ad Isaia apparvero dei Serafini (dall’ebraico seraph, che significa ardere, bruciare), per infondergli nell’animo il fuoco dello zelo e dell’eloquenza, ad illuminare Ezechiele vennero inviati i cherubini che, come dice il loro nome, sono spiriti sapienti e propagatori della sacra dottrina. Nella sua visione (Ez 1, 1-23), egli vide giungere un uragano ed una nube circondata da sfavillante splendore, con del fuoco inestinguibile e del metallo incandescente, al centro della quale vi sono quattro figure umane: ogni figura ha quattro facce e quattro ali. Le facce hanno le sembianze umane sul davanti e sembianze di leone, toro, uomo ed aquila sugli altri lati. Sopra la loro testa c’è un firmamento splendente come cristallo e, sopra di esso, un trono con una figura dalle sembianze umane. A posteriori, noi ora riconosciamo i quattro evangelisti ivi raffigurati ed il Cristo assiso sul trono della sua gloria, questo grazie anche all’interpretazione del Padre della Chiesa san Ireneo. I cherubini erano già comparsi in Gn 3, 24, dopo la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre e sulla reliquia più sacra ad Israele, l’Arca dell’Alleanza (Es 25, 19-25), nonché per aiutare Davide in una battaglia (2 Sam 22, 11; Sal 18, 11).

Il profeta Zaccaria riferisce le sue visioni, che un angelo di YHWH interpreta per lui, alla parola di Dio (Zc cap. 1-8). Esse esprimono la consolazione di Sion per la ricostruzione. L’angelo si occupa anche del demone Asmodeo (Gb 2, 1) e, alla fine rimane la promessa del Signore che tornerà con gli angeli santi (Zc 14, 5). In tutto questo tempo, prima della venuta del Redentore, l’angelo è colui che fa da mediazione tra Dio e gli uomini. Il Libro di Daniele contiene, in sintesi, tutta l’angelologia ebraica. Nei capitoli in lingua aramaica, esso eredita la figura dell’angelo del Signore mandato in aiuto dell’uomo in situazioni difficili. Presenta poi alcuni nomi propri nuovi come Gabriele e Michele che, assieme, svolgono funzione di incoraggiamento, d’interpretazione della storia e di protezione del popolo. Il Libro di Tobia presenta Raffaele. Etimologia legata alla sua azione guaritrice ed in cui egli guarisce gli occhi di Tobi, assiste Tobia nel suo viaggio e lo preserva da ogni pericolo, libera la bella Sara dai falsi timori del demonio Asmodeo. Raffaele è colui che presenta a Dio le preghiere e le buone azioni degli uomini ed è “uno dei sette angeli che stanno sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore” (Tb 12, 15). Gli angeli del Libro di Giobbe appartengono alla corte celeste ed il loro stesso nome indica l’intimo legame con Dio. Essi sono chiamati “figli di Dio”, “santi”, ma anche angeli; “servi di Dio” e testimoni della creazione, da loro salutata con gioia. Sono portavoci dell’uomo presso Dio, nel mentre che, presso i morenti, sono invocati quali “angeli della morte”, quali “membri della corte divina”.

In conclusione gli angeli nell’Antico Testamento compaiono fin dalle prime battute: essi chiudono il paradiso terrestre (Gn 3, 24); salvano Agar e suo figlio Ismaele (Gn 21, 17); un angelo trattiene la mano di Abramo mentre si appresta a sacrificare il proprio figlio Isacco (Gn 22, 11); essi accettano l’ospitalità di Lot e lo proteggono (Gn 19); appaiono a Giacobbe nel sonno lungo la scala (Gn 28, 12); annunciano nascite prodigiose (Gdc 13, 3-7) e custodiscono i passi dei giusti (Sal 91, 11); essi cantano le lodi del Signore (Is 6, 1-4) e presentano a Dio le preghiere dei santi (Tb 12, 12); altri angeli assistono Elia (1 Re 19, 5), Isaia (Is 6, 6), Ezechiele (Ez 40, 2), Daniele (Dn 7, 16), Azaria e i suoi compagni gettati nella fornace (Dn 3, 49-50) e lo stesso Daniele nella fossa dei leoni (Dn 6, 23). Infine nel Libro di Tobia, Raffaele si presenta come l’aiutante benefico degli amici di Dio.

GLI ANGELI NEL NUOVO TESTAMENTO

Come nei racconti dell’Antico Testamento, così anche il Nuovo parla di Angeli e di forze spirituali celesti. Essi vengono citati come “angeli”, “angeli di Dio”, “angeli del Signore”, “angeli del cielo”, “angeli santi”, “angeli forti”, oltre che come “forze”, “potenze”, “principati”. Vengono inoltre citati i nomi di Gabriele (Lc 1, 19-26) e di Michele. Il Nuovo Testamento, che contiene la Rivelazione di Gesù, che è accompagnato in modo evidente dalla presenza degli angeli, accoglie, prosegue e completa le storie dell’Antico. Come il patriarca Giacobbe aveva visto gli angeli salire e scendere tra il cielo e la terra, tra Dio e l’uomo (Gn 28, 12), così gli Apostoli vedono salire e scendere gli angeli al di sopra del Figlio dell’uomo (Gv 1, 31), completando così l’antica Alleanza.

Gli angeli sono al suo servizio, mostrando così che in Lui vi è ben più di un uomo di Dio; essi sono il raggio spirituale della gloria dell’Altissimo; sono la sua corte e, dunque, al servizio di Gesù stesso. Gli angeli intorno al Cristo evocano i Serafini del Tempio, intorno al tre volte Santo ma, siccome Gesù condivide la condizione umana, gli angeli si prestano a tutte le funzioni dove possono servirlo. Certo, gli angeli non intervengono nei miracoli di Gesù, in cui agisce per la sua sola potenza, ma evidenziano tutti i punti salienti della vita e della morte e resurrezione del Figlio di Dio.

San Gabriele (Lc 1, 2), con un segno incoraggiante e allo stesso tempo di sofferenza, annuncia la nascita del Precursore al padre Zaccaria. A Zaccaria che gli chiedeva, come nell’Antico Testamento, dei segni, ora Dio richiede una fede più spontanea, di cui l’angelo reclama la fiducia: Non temere. Di fronte alla sua mancanza di fede, egli lo punisce col mutismo fino alla nascita del figlio. La differenza dell’apparizione con Maria è proprio insita nella fiducia. Maria, a differenza di Zaccaria ha fede. L’unico suo pensiero è come coniugare l’accettazione del Figlio col suo voto di castità. La stessa cosa accade con san Giuseppe, ritenutosi indegno di ricevere sotto il suo tetto la Madre del Salvatore ed il Salvatore stesso. Ecco allora il compito delicato dell’Arcangelo Gabriele, quando gli dice: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di ricevere Maria, tua sposa, presso di te”, “Non temere” (Mt 1, 20), perché egli è un “singolare depositario del mistero” nascosto da secoli nella mente di Dio (cfr. Ef 3, 9), come lo era diventata Maria nel momento decisivo che, dall’Apostolo, è chiamato “la pienezza dei tempi”, allorché “Dio mando il suo Figlio, nato da donna, per riscattare coloro che erano sotto la legge” perché ricevessimo “l’adozione a figli”.

La gioia del cielo è comunicata alla Terra, a degli umili pastori, gente abituata a vegliare per custodire il proprio gregge, così come i sacerdoti dovrebbero custodire i loro fedeli, per cui un angelo del Signore appare per comunicare ed iniziare ad evangelizzare. Ad essi, che erano presi da grande timore, l’angelo dice: “Non temete, perché vi annuncio una grande gioia, destinata a tutto il popolo. Oggi è nato, nella città di Davide, un Salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2, 9). E subito dopo di lui, una numerosa rappresentanza del popolo celeste intona il “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace sulla terra agli uomini ch’Egli ama” (Lc 2, 13). E’ un messaggio rassicurante, un dono d’amore e di salvezza, la nascita di Colui che condivide la gloria di Yahvé.
Nella stessa venuta dei Magi, in rappresentanza di tutti i popoli della terra, si scorge l’azione angelica, anche se gli angeli non vi si mostrano: la stella che appare, si nasconde e riappare, nonché il messaggio dato in sogno di “ripartire per un altro cammino” (Mt 2, 9-12).

L’angelo di nuovo appare in sogno a Giuseppe e lo esorta: “Alzati, prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto” (Mt 2, 13); e qualche anno dopo, alla morte del perfido Erode, lo spirito celeste nuovamente lo esorta: “Alzati, prendi il bambino e sua madre e ritorna in Israele, perché sono morti, quelli che attentavano alla vita del bambino” (Mt 2, 20). Gesù, durante la sua vita pubblica, ha una chiara coscienza di non essere solo sulla Terra, Egli ha un rapporto continuo con gli angeli, dopo la vittoria sulla tentazione del demonio nel deserto, gli angeli “vengono a servirlo” (Mt 4, 11). Dove appare l’angelo cattivo, non possono esserci che anche gli angeli fedeli! A Natanaele che gli fa visita, Gesù fa una stupefacente promessa: “In verità, in verità, vi dico vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere al di sopra del Figlio dell’uomo” (Gv 1, 51). Questa espressione del Cristo significa evocare il Libro della Genesi ed il famoso sogno di Giacobbe a Bethel: “Una scala era piantata in terra ed il suo vertice raggiungeva il cielo, e gli angeli di Dio vi salivano e vi scendevano”. Ecco che Yahvé stava dinnanzi al patriarca e diceva: “Io sono Yahvé, il Dio di Abramo, tuo avo e il Dio di Isacco” (Gn 28, 12-13).

Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: “In verità, Yahvé è in questo luogo ed io non lo sapevo!”. Ebbe paura e disse: “Questo luogo è terribile! Questa è nientemeno che la Casa di Dio e la porta del cielo” (Gn 28, 16-17). Quindi, parlando con Natanaele, Gesù fa un’affermazione un po’ enigmatica per dire che la sua umanità è il luogo di una presenza tutta speciale di Yahvé, una Casa di Dio, una Porta del cielo. Ovunque vada, Gesù è invisibilmente scortato dagli Spiriti celesti. Molto volentieri Gesù cerca di far prendere coscienza ai suoi uditori della presenza di questi amici celesti invisibili: “Cercate di non scandalizzare uno solo di questi piccoli, perché Io vi dico che i loro angeli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Mt 10, 18). Riguardo poi al giudizio finale, Gesù rivela il ruolo di amministratori da parte degli angeli della giustizia divina: “Allora, il Figlio dell’uomo invierà i suoi angeli, ed essi toglieranno dal suo regno tutti gli operatori di scandali e quelli che commettono l’iniquità” (Mt 13, 41).

Anche il ritorno glorioso del Figlio di Dio avverrà sotto scorta degli angeli, alla fine dei tempi: “Perché il Figlio dell’uomo deve venire nella gloria del Padre coi suoi angeli, allora renderà a ciascuno secondo le sue opere” (Mt 16, 27). San Paolo, su questo ritorno di Gesù con gli angeli, è estremamente crudo: “Questo accadrà quando il Signore Gesù verrà dal cielo e apparirà con i suoi angeli potenti. Allora, con fuoco ardente punirà quelli che non conoscono Dio. Essi saranno condannati ad una rovina eterna, lontani dal Volto del Signore, lontani dalla sua gloriosa Potenza. In quel giorno egli verrà per essere accolto da tutti quelli che sono suoi, per essere riconosciuto e ammirato da tutti quelli che credono in Lui. E anche voi ci sarete, perché anche voi avrete creduto a ciò che vi ho annunziato” (2 Tess 1, 7-10). La presenza degli angeli, che sono sempre accanto a noi, in ogni istante della nostra vita e in tutti i momenti di lotta e di gioia ci aiuti a mantenere viva la nostra adesione al Signore Gesù, nella fiducia di essere partecipi con Lui della vita eterna, infatti “colui che avrà vergogna di me e delle mie parole, il Figlio dell’uomo avrà vergogna di lui quando verrà nella gloria del Padre con i suoi santi angeli” (Mc 8, 38).

Ma Gesù è venuto per soffrire e così redimere il peccato dell’umanità. Gli angeli stanno con Lui per autentificare la sua missione dinnanzi agli uomini e anche per portargli un conforto. Nel breve preludio all’agonia, il giorno delle Palme, una voce proclama dal cielo: “Io l’ho glorificato e lo glorificherò di nuovo” e la folla conclude: “E’ un angelo che gli ha parlato” (Gv 12, 28-29). Nella dolorosa agonia del Getsemani, proprio nel momento di maggiore sofferenza, di fronte all’immane peso dei peccati di tutto il genere umano, un angelo viene a consolare Gesù: “Allora gli apparve, venendo dal cielo, un angelo che lo confortava. In preda all’angoscia, pregava in modo più intenso, ed il suo sudore divenne come grosse gocce di sangue che cadevano a terra” (Lc 22, 43-44). E’ uno degli avvenimenti più misteriosi della storia della Passione del Signore. Del resto, Gesù stesso fa un chiaro richiamo agli angeli nel momento della sua cattura. Di fronte a coloro che, armati di spade e di bastoni, vengono ad arrestarlo come un malfattore, e alla reazione violenta di Pietro che vuole difenderlo con la spada, Gesù dichiara: “Cosa credi, non sai che io potrei chiedere aiuto al Padre mio e subito mi manderebbe più di dodici legioni di angeli? Ma così non si compirebbero le parole della Scrittura. Essa afferma che così deve accadere” (Mt 26, 53-54). Della vittoria della vita sulla morte, gli angeli sono i primi testimoni: “Avvenne un grande terremoto, l’angelo del Signore discese dal cielo e rovesciò la pietra dall’ingresso del sepolcro, alla sua vista le guardie, spaventate, svennero”. Alle pie donne che di buon mattino si recano al sepolcro per cospargere di unguenti il corpo di Gesù, l’apparizione angelica avviene in una forma più morbida: “Un giovane vestito con un abito bianco e seduto alla destra del sepolcro” (cfr Mt  28, 1; Mc 16, 1-8; Lc 24, 1-12; Gv 20, 1-10).

Ovviamente questo non impedisce alle donne di spaventarsi, ma l’angelo le rassicura: “Non temete, so che voi cercate Gesù, il crocifisso; egli non è più qui, perché è risuscitato come aveva predetto, venite a vedere il posto dove era deposto” (Mc 16, 6). Negli Atti degli Apostoli, gli angeli concorrono all’edificazione della Chiesa primitiva, liberando gli Apostoli dalla prigione e dando direttive precise su ciò che essi devono fare: “Andate – dice l’angelo spalancando la porta della prigione – e mettetevi a predicare al popolo nel tempio tutte queste parole di vita” (At 5, 20). San Pietro, dopo essere stato liberato dalle catene e condotto fuori dalla prigione, esclama: “Ora sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode” (At 12, 11). Gli Atti degli Apostoli narrano numerosi interventi straordinari e provvidenziali degli angeli a favore della Chiesa nascente. Singolari sono le apparizioni angeliche a coloro che non hanno ancora ricevuto il battesimo, come ad esempio al centurione Cornelio e al funzionario della regina d’Etiopia. Il centurione Cornelio vede un angelo presentarsi a casa sua e dirgli: “Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite dinnanzi a Dio. E ora manda degli uomini a Giaffa per far venire un certo Simone detto Pietro” (At 10, 4-5). Cornelio esegue prontamente l’istruzione dell’angelo e fa venire l’apostolo Pietro che lo evangelizza così, insieme a tutta la sua famiglia, si converte e riceve il battesimo (At 10, 48). Anche il funzionario della regina d’Etiopia, s’imbatte in Filippo, uno dei primi sette diaconi. Il messaggero celeste dice infatti a Filippo: “Alzati e va verso mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza” (At 8, 26). Filippo obbedisce all’invito dell’angelo e lungo la strada incontra l’Eunuco etiope, plenipotenziario della regina, gli spiega le Scritture e gli conferisce il battesimo (At 8, 39).

L’apostolo Paolo, in diversi punti delle sue Lettere: ai Romani (Rm 8, 38); ai Corinzi (1 Cor 4, 9; 11, 10; 13, 1); ai Galati (Gal 13, 19); ai Tessalonicesi (2 Tess 1, 17); e più ancora agli Ebrei (Eb 12, 22; 13, 2) professa apertamente la sua fede di fariseo e di cristiano negli angeli. In uno tra i primi Inni a Cristo, San Paolo, in modo molto poetico afferma: “Egli si manifestò nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli angeli, fu annunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria” (1 Tm 1, 16). La medesima Lettera a Timoteo ammonisce gravemente: “Ti scongiuro, davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli Eletti (cioè agli angeli) di osservare queste norme” (1 Tm 5, 21). Quando Paolo, afflitto da una grave malattia fisica, arrivò presso i Galati, i cristiani di quella comunità lo accolgono “come un angelo di Dio, come Gesù Cristo” (Gal 4, 14). Paolo stesso affermerà di sé: “Siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini” (1 Cor 4, 9). Nella 1 Cor 11, 2-16, Paolo descrive l’originale banchetto eucaristico nella comunità, in quest’occasione egli sottolinea: “La donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli” (1 Cor 11, 10), l’uso del velo sul capo delle donne era probabilmente un antico retaggio della Sinagoga dove, probabilmente, si risentivano gli influssi del Libro di Enoch dove era scritto che la bellezza delle donne aveva affascinato anche gli angeli che si erano uniti ad esse ed era nata la razza mostruosa dei giganti.

Paolo accoglie la Tradizione ebraica sugli angeli che consegnano la Legge a Mosè sul Monte Sinai (cfr Ef 19, 13-19; Eb 2, 8). San Paolo inoltre accoglie un’immagine tradizionale nel descrivere il ritorno di Cristo: “Il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’Arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo” (1 Tess 4, 16). La Lettera ai Colossesi, uno scritto di scuola paolina, parla in modo elevato degli angeli che furono creati in Cristo. Tutto ciò è espresso con l’antica immagine ebraica degli eserciti celesti: “[…] per mezzo di Lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui [….] perché piacque a Dio di fare abitare in Lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il Sangue della sua croce, cioè per mezzo di Lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Col 1, 16, 19-20). Ovviamente San Paolo combatte la smisurata venerazione per gli angeli, i cristiani, per l’apostolo delle Genti, certamente devono amare questi Spiriti celesti ma essi non devono prendere il posto di Gesù Cristo: “Nessuno vi impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione di angeli, seguendo le proprie pretese visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale” (Col 2, 18). Le Lettere paoline mettono l’accento anche sugli angeli del male. Il mondo di Dio è luce, quello di satana tenebre. Ma il demonio si traveste di luce, così come i falsi maestri si travestono da servitori della giustizia (cfr 2 Cor 11, 14 ss.).

Quando il Regno di Dio, alla fine dei tempi arriverà, i demoni che sono i dominatori di questo mondo e di questo tempo verranno definitivamente privati del loro potere (cfr 1 Cor 15, 24). Una, anzi, due volte, Paolo avrebbe voluto recarsi a visitare la comunità di Tessalonica: “Ma satana ce lo ha impedito” (1 Tess 2, 18). E nella seconda Lettera ai Corinzi scrive deciso che Satana è il “dio di questo mondo” (2 Cor 4, 4). Insistente è il doloroso lamento del combattimento dell’Apostolo contro le potenze delle tenebre: “Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed Egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12, 7-9). Sempre alla lotta contro gli spiriti maligni la Lettera agli Efesini afferma: “Attingerete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo” (Ef 6, 10 ss.). “Nell’ira non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira, e non date occasioni al diavolo” (Ef 4, 26 ss.).

Nella Lettera agli Ebrei, San Paolo scrive che gli angeli sono “spiriti ministri inviati per un servizio in favore di quelli che devono ereditare la salvezza”. Infine, l’Apocalisse, con le sue 67 citazioni sugli angeli è il Libro del Nuovo Testamento che mostra più interesse per gli Spiriti celesti. Gli angeli più importanti nella prima parte dell’Apocalisse sono quei sette, che ai tempi dell’Apostolo Giovanni presiedevano alle sette Chiese dell’Asia Minore, cioè alle Chiese di Efeso, di Smirne, di Pergamo, di Tiatira, di Sardi, di Filadelfia e di Laodicea. Ogni Chiesa è presieduta e guidata non solo dal proprio vescovo, ma anche da un proprio angelo o, come direbbe Origene, è vegliata da due vescovi, l’uno visibile e l’altro invisibile, da un essere umano e da un angelo. I vescovi, per San Giovanni sono angeli, infatti egli li chiama con questo nome, sia perché l’ufficio dei vescovi è pur quello degli angeli, di custodire i fedeli e le chiese, sia perché angelo vuol dire “nunzio”, e nunzi di Gesù Cristo presso i popoli sono appunto i vescovi, come afferma anche di sé l’Apostolo Paolo (cfr 2 Cor 20). Nella seconda parte dell’Apocalisse, Giovanni, rapito in spirito, vede il cielo aperto e uno seduto sul trono (Ap 4, 1-2), che tiene in mano un libro sigillato con sette sigilli (Ap 5, 1). In questa rivelazione profetica dell’Apocalisse, San Giovanni vede dappertutto angeli, che adempiono fedelmente i decreti della misericordia e della giustizia divina. E’ un angelo che col sigillo di Dio imprime sulla fronte degli eletti il segno, che dovrà salvarli nel giorno della vendetta (Ap 7, 2-3).

Nell’istante in cui gli angeli danno fiato alle prime sei trombe, sulla terra scendono dal cielo i castighi che, nella loro diversità, esprimono le punizioni che ci meritiamo in rapporto ai nostri peccati. Nello stesso tempo, al suono della tromba del settimo angelo, si elevano nel cielo voci che annunziano: “Ora comincia nel mondo il Regno di Dio nostro Signore e del suo Cristo. Un Regno per i secoli eterni” (Ap 11, 15). Gli angeli santi combattono contro il dragone infernale: “Da una parte Michele e i suoi angeli, dall’altra il drago con i suoi angeli” (Ap 12, 7-9). E’ interessante notare un parallelismo: come la Bibbia comincia con il racconto genesiaco della creazione, dove si narra del Cherubino terribile che caccia gli uomini dal paradiso terrestre (Gn 3, 24), così all’opposto l’ultimo angelo dell’Apocalisse è quello che con grande affetto introduce Giovanni nella Gerusalemme celeste (Ap 12, 8).

Giovanni, in questa sua visione, non parlò con nessuno dei cittadini beati che popolano la Città di Dio, nemmeno con quei dodici angeli, che vide posti alla guardia delle dodici porte della Città (Ap 21, 42), ma invece ascoltò sempre in silenzio, l’angelo che lo guidava, guardando attonito e stupefatto la Gerusalemme celeste. Ma ad un tratto, come riavutosi dallo stupore, Giovanni si getta ai piedi dell’angelo e vuole adorarlo: “Mi prostrai ai piedi dell’angelo che mi mostrava tali cose, per adorarlo. Ed egli mi disse: “Guardati dal fare questo, perché io sono servo come te, e come i tuoi fratelli, i profeti e quelli che osservano le parole di profezia di questo Libro: Tu adora solo Dio” (Ap 22, 8-9).

Perché l’angelo vieta a Giovanni di adorarlo? Forse che gli angeli nell’Antico Testamento non furono forse adorati da Abramo, da Lot, da Giosué e da altri? Né Giovanni indubbiamente voleva idolatrare quell’angelo, perché egli sapeva bene che non era Dio, ma un semplice angelo, essendone stato già avvertito in una visione precedente (Ap 19, 10). Nell’Apocalisse, Giovanni sapeva perfettamente bene quello che faceva, voleva solo rendere all’angelo quel tributo di onore e di venerazione dovuto ai cittadini del cielo, che nel linguaggio biblico può anche essere definito con il termine di adorazione. Ma l’angelo rifiuta di ricevere tale onore da un Apostolo quale era Giovanni e a lui, in quanto tale, afferma di non essergli superiore a causa del ministero giovanneo di essere profeta di Dio.

In conclusione gli angeli sono ovunque presenti nel Nuovo Testamento, a cominciare dall’apparizione dell’arcangelo Gabriele alla Vergine Maria (Lc 1, 26-30). Gli angeli rendono gloria a Dio nel più alto dei cieli e portano la pace sulla terra agli uomini di buona volontà (Lc 2, 14); annunciano la Buona Novella ai pastori (Lc 2, 18); l’angelo del Signore rassicura Giuseppe angosciato (Mt 1, 20) e protegge il Bambino Gesù, la cui vita è minacciata da Erode (Mt 2, 13-20); nel deserto, dopo la tentazione, gli angeli si avvicinano a Gesù per servirlo (Mt 4, 11); gioiscono per la conversione anche di un solo peccatore (Lc 15, 10) e s’indignano per coloro che causano scandalo ai piccoli (Mt 18, 10); confortano Gesù nella sua agonia, fanno rotolare la pietra della tomba e appaiono alle pie donne (Mt 28, 1-3; Mc 16, 5; Lc 23, 4-6); intervengono al momento dell’Ascensione per spiegare ai discepoli il vero significato di quell’evento (At 1, 11); liberano dalla prigione gli Apostoli (At 5, 18-19) e poi San Pietro (At 12, 6-7); saranno di nuovo presenti con le loro trombe nel giorno del giudizio (Ap 8, 6-10); per finire, nell’Apocalisse l’Arcangelo Michele con i suoi angeli combatte Lucifero e lo respinge nell’abisso (Ap 12, 7-12).

Don Marcello Stanzione (Ri-Fondatore della M.S.M.A.)

 
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